Obsession of perfection

Obsession of perfection

“Perception of perfection  (percezione della perfezione), questo è il titolo della recente ricerca condotta da una catena britannica di prodotti cosmetici e farmaceutici, la Superdrug. L’intento, a detta dellazienda, era quello di  capire meglio gli standard irrealistici di bellezza nel mondo, per vedere a quali pressioni sono sottoposte le donne nelle società dei diversi Paesi. Il progetto iniziale era formare un team tutto al femminile di designer, allo scopo di modificare una foto-base,con le piattaforme Shutterstock  e Photoshop, secondo il proprio modo di vedere la perfezione fisica femminile e i rispettivi standard di bellezza nazionali. Purtroppo in alcuni paesi non è stato possibile trovare donne designer, mentre addirittura in altri professionisti non hanno preso parte allo studio per via della quantità di pelle in vista della modella ritratta nella foto. 

Spicca subito, guardando le immagini una dopo l’altra, l’eterogeneità delle modifiche apportate. Impressionante è, soprattutto, la differenza tra i paesi che hanno aggiunto chili alla modella e quelli che ne hanno sottratti fino al limite dell’anoressia (tra cui sfortunatamente anche l’Italia), ma oltre al peso le varianti sono state moltissime: si passa dai capelli mori e mossi a quelli lisci e rossi, da labbra carnose a sottili, da seni più voluminosi ad altri più contenuti e così via.Le immagini parlano chiaro, non esiste una idea platonica di bellezza valida allo stesso modo per ogni contesto geografico e storico. Il “bello” è un concetto destinato a mutare, non negli anni e non attraverso i chilometri: basta il battito di ciglia di chi, guardando qualcuno, percepisce la sua figura differentemente da tutti gli altri. Ma quello della Superdrug non è l’unico progetto mette in luce i concetti della relatività estetica associati all’uso della tecnologia informatica. Già più di un anno fa una giovane giornalista statunitense, Esther Hoing,  aveva prodotto un lavoro simile,  focalizzato più che altro sul dibattito circa l’utilizzo eccessivo di Photoshop. La donna ha mandato una  sua foto che la ritraeva al naturale a 40 grafici in 25 nazioni diverse,  con l’unica richiesta di renderla bella ed ha poi pubblicato le immagini ritoccate sul suo sito. Il progetto, denominato “Before/After (“Prima/Dopo”), è divenuto in breve tempo virale ed è stato riportato in più di 30 Paesi da testate come Time , The Atlantic Vice Magazine e Elle Magazine . La giornalista stessa ha ammesso di essere stata colpita dalle modifiche effettuate sulla sua foto, dichiarando «ho urlato dopo aver visto i primi risultati … mentre altre volte, come il caso del Marocco, sono rimasta davvero sbalordita perché le modifiche erano decisamente diverse da ciò che mi aspettavo». Il risultato? La bellezza naturale non sempre è ciò che ama la gente.

L’aumento delle patologie riguardanti l’aspetto fisico, iniziando dall’anoressia e finendo a disturbi di più recente riconoscimento come la  vigoressia (ossessione per i muscoli), non è altro che il risultato di una irrazionale e dilagante ansia della perfezione, che ossessiona tutti, sia donne che uominiIl quesito che alla luce di ciò dovremmo porci è: perfetto rispetto a chi? Il prodotto degli studi appena citati mette in risalto un paradosso che si ripete da secoli, ossia l’ossessione di rendere oggettivo ciò che inevitabilmente non potrà mai esserlo. La cura del proprio corpo è salutare e fa bene anche alla mente, ma decidere, in piena coscienza e autonomia, cosa ci piace e imparare ad amare le parti di noi che ci distinguono da tutti gli altri, probabilmente, ci renderebbe tutti più belli, almeno ai nostri occhi. 

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