L’alba dell’araba  fenice o il tramonto di un campione?

L’alba dell’araba fenice o il tramonto di un campione?

Colui che sta calcando oggi i campi dei più importanti palcoscenici del tennis mondiale, sembra l’ombra del campione che nell’ormai sempre più lontano 2013  era riuscito, dopo un lungo e travagliato infortunio, a conquistare la  prima  piazza del ranking atp assieme a due tornei dello slam e ben cinque  Master mille uscendo vincitore contro il dominatore assoluto del tennis attuale .

Stiamo  parlando ovviamente di Rafael Nadal.  Secondo i detrattori del campione maiorchino, stiamo assistendo al suo rapido e tante volte augurato declino. Al contrario i suoi fan più ottimisti ne  auspicano  il ritorno ma la verità non è così semplice:  per conoscerla bisogna analizzare l’andamento dello spagnolo sotto i tre profili che hanno caratterizzato  fino ad ora le sue vittorie, ossia  quello fisico, quello  tattico e quello mentale.  Per quanto riguarda il primo dei tre, una  cosa è  ben nota: in questi anni la carriera di Rafa è stata indissolubilmente  legata alla  propria condizione  fisica, condizione sempre più difficile  da  trovare con l’incontrastabile avanzare dell’età e  dopo  quattordici anni di attività, di cui ben dieci giocati ad alti livelli . Nonostante  tutto,  in ogni sua recente  dichiarazione  lo spagnolo  ha  affermato di sentirsi fisicamente  in  forma e di non soffrire di alcun tipo di infortunio, e lo stesso problema  alle ginocchia ( che ne ha condizionato gran parte della carriera) sembra essersi attenuato.

Bisogna ammettere, infatti, che le lacune mostrate dal campione di Manacor in questi mesi sembrano tutt’altro che  fisiche, ed è proprio analizzando il profilo tattico che  iniziamo ad intravedere  le  prime discrepanze nel gioco di Nadal, tra cui diritti arrotati e carichi che  di norma non riescono a superare il rettangolo della  battuta e un servizio  fiacco .

Emblematica è stata, poi,  la domanda posta da Adriano Panatta sul perché  Rafa non fosse più in grado di  tirare  ace, un rovescio senza spinta , ma soprattutto poca lucidità nel prendere in mano lo scambio, prediligendo un ruolo di rimessa accompagnato  dalla  costante  paura di sbagliare.  Lo stesso zio  Toni (coach e mentore del campione spagnolo)aveva  dichiarato  in  un’intervista  precedente  al torneo di Wimbledon,  di aver scelto per  il nipote  una racchetta con una tensione di corde più  alta in modo da permettergli di imprimere maggiore rotazione al gioco .

Ora , senza  nulla  togliere  alle  capacità  tattiche di Toni Nadal , ma siamo sicuri che un  giocatore come Rafa  abbia  bisogno di imprimere ancora più  rotazione alla  palla?  O  forse una soluzione  più  lucida sarebbe colpire  la  palla  in modo piatto e cercare il punto, cosa che ha caratterizzato le annate 2010 e 2013 in cui lo stesso  Rafa  ammise che un rischio maggiore unito a scambi più brevi avrebbero certamente allungato la propria carriera ?

Quanto detto  fino  ad ora ci porta al terzo punto,  la condizione mentale, forse il punto  focale su cui si fonda il gioco di Nadal.  Oggi Rafa, per le ragioni esposte precedentemente,  manca di certezze in campo. La nadalite che prima colpiva gli altri giocatori  convincendoli di aver perso la partita ancor prima di scendere in campo , oggi sembra essersi dissolta e lo si è visto soprattutto nel match contro Novak Djokovic al Roland Garros( nei campi in terra rossa dove lo spagnolo era il campione incontrastato sino a qualche anno fa.), partita in cui lo spagnolo dopo aver rimontato nel primo set da quattro giochi a zero a quattro pari ,spingendo al massimo e tirando vincenti da ogni parte del campo , è tornato a d essere passivo ed a subire il gioco del serbo, sperando inutilmente in un suo errore.

Alla luce di quanto appare, il giocatore spagnolo è attualmente in  difficoltà ma se sarà in grado di trovare una chiave  tattica  più aggressiva e nuovi stimoli per continuare a vincere riuscirà senza dubbio, ma non senza  difficoltà  a  tornare ai massimi livelli del tennis  mondiale e si sa che per Rafa non è cosa nuova risorgere  dalle  proprie  ceneri.

di Emilio Zerella

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