IL FUTURO DELLA PENALIZZAZIONE DEL “NEGAZIONISMO” IN EUROPA

IL FUTURO DELLA PENALIZZAZIONE DEL “NEGAZIONISMO” IN EUROPA

Le camere legislative in Italia discutono da mesi la modifica all’articolo 3 della legge 654/1975, in materia di contrasto e repressione dei crimini di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello Statuto della Corte Penale Internazionale. Tale modifica prevede la reclusione fino a 3 anni e la multa fino a 10.000 euro “per chiunque ponga in essere attività di apologia, negazione, minimizzazione dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra”. L’affermazione che ha spinto i legislatori italiani verso una tale misura era, secondo i travaux della modifica, la decisione quadro 2008/913 GAI del Consiglio Europeo, la quale identificava la nozione del “negazionismo” come “una forma di razzismo”. Ciò era una mossa sicuramente più coraggiosa della Loi Gayssot francese che, prima della suddetta decisione quadro, era “l’esempio da seguire” nel combattere il “negazionismo” e limitava il suo scopo a reprimere solo la negazione dell’Olocausto.

Tuttavia, anche una legge con uno scopo ristretto come la Loi Gayssot aveva dato vita a controversie e dibattiti molto radicali sia nell’ambito giuridico che politico. Noti intellettuali come il linguista statunitense Noam Chomsky e professore di fisica teorica belga Jean Bricmont avevano espresso la loro solidarietà agli storici imprigionati sulla base di tale legge (come Vincent Reynouard) affermando che la Loi Gayssot non era di carattere “meramente simbolico” ma era effettivamente “contrario ai principi fondamentali della società democratica, in quanto essi sono percepiti sin dall’epoca dell’Illuminismo”. Questa posizione è rimasta invariata nonostante le sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che, in numerose occasioni, ha sottolineato l’adeguatezza di tali misure nei paesi che hanno subito l’oppressione nazista.

In questo contesto, erano ben prevedibili le controversie sul concetto più generale del “genocidio” e sulla “negazione” di esso. Infatti a questo punto sorgono due domande: cosa si intende per “genocidio” e cosa si intende per “negare il genocidio”?

Riguardo alla prima domanda, oltre le definizioni oggettive fornite nella Convenzione del 1948 e nello Statuto della Corte Penale Internazionale, si arriva sempre alla questione del riconoscimento di un certo evento storico come un “genocidio” da parte degli Stati e delle organizzazioni internazionali. Detto ciò, finora soltanto l’Olocausto ha ottenuto quel “consenso universale” che, secondo la Risoluzione A/RES/60/7 dell’Assemblea Generale dell’ONU, deriva anche dal documento che ha definito per la prima volta il crimine del genocidio, cioè dalla Convenzione del 1948. In altre parole, l’Olocausto è il genocidio “par excellence”mentre gli altri eventi storici sono “genocidi” in quanto assomigliano all’Olocausto. Per rispondere alla seconda domanda, è più rilevante l’animus del soggetto che “nega il genocidio”, il quale si deduce soprattutto dalla retorica della persona accusata di “negazionismo”. Certo, quando si parla dell’Olocausto, secondo la CEDU, qualsiasi affermazione che nega o minimizza la sua esistenza “è antisemitica e antidemocratica di per sè” – ma è stato recentemente affermato che ciò non vale nei confronti di altri eventi storici. Invero, nei casi “Fatullayev c. Azerbaigian” e “Perinçek c. Svizzera”, la CEDU ha introdotto un approccio più tollerante verso il non riconoscimento degli eventi storici definiti da certi Stati come un “genocidio” o “crimini contro l’umanità”. La Corte – sia in “Fatullayev c. Azerbaigian” in cui è stato espressamente indicato che gli eventi in questione non erano “fatti storici chiaramente stabiliti”, che in “Perinçek c. Svizzera” in cui il rifiuto di definire gli eventi del 1915 come un “genocidio”è stato ritenuto legittimo nell’assenza di un chiaro incitamento all’odio – ha affermato che tali restrizioni “non sono necessarie in una società democratica”.

E la CEDU non è stata la prima corte ad affermarlo. Infatti, già nel 2007 il Tribunal Constitucional spagnolo aveva dichiarato incostituzionale la formulazione di una norma penale che, nella forma anteriore, prevedeva la penalizzazione del “negazionismo”e nel 2012, il Conseil Constitutionnel francese aveva bocciato una proposta di legge che penalizzazione la negazione del c.d. “Genocidio Armeno” sottolineando sempre l’importanza della libertà di espressione e la mancanza di un bisogno urgente per reprimere tali atti.

In questo quadro, dunque, la strada più sicura per i legislatori italiani sarà abbandonare la modifica prevista, oppure configurarla limitando lo scopo all’Olocausto. Ciò non soltanto sarà adeguato alla giurisprudenza attuale, ma allo stesso tempo contribuirà al dialogo tra le persone che interpretano la storia diversamente.

 

A cura di Aytekin Kaan Kurtul

 

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