Gli operatori del sesso compongono uno dei gruppi maggiormente vittime di emarginazione sociale al mondo. In molti paesi, sono sottoposti ad una lunga serie di abusi, come violenze sessuali, pestaggi, traffico umano, estorsione, in alcuni luoghi vengono anche esclusi dai servizi sanitari. Spesso non è loro garantita nessuna sorta di protezione legale ed anzi, a volte i perpetuatori di violenze nei loro confronti appartengono ai corpi di polizia. Il tema della legalizzazione della prostituzione è fonte di complicati dibattiti, ma vi è una differenza tra legalizzare e decriminalizzare ed è su questa distinzione che va vista la posizione di Amnesty International.
Il secondo concetto comporta che gli operatori del sesso non violino la legge nel praticare la prostituzione ed in questo modo non sarebbero costretti a vivere al di fuori della legalità: a ciò conseguirebbe una migliore condizione per la protezione dei loro diritti umani. La legalizzazione della prostituzione ha invece come conseguenza la creazione da parte dello Stato di leggi specifiche che la regolano formalmente, che dovrebbero essere seguite a pena di criminalizzazione delle condotte in esse non rientranti, non risolvendo dunque del tutto il problema.
Amnesty International ha consultato molti lavoratori del sesso, la maggior parte dei quali supporta la de-criminalizzazione in quanto migliorerebbe i loro diritti. Amnesty International non è in ogni modo contro la legalizzazione di per sé, ma sottolinea l’importanza che le leggi siano effettivamente idonee a tutelare i diritti umani degli operatori del sesso.
È importante sottolineare la completa condanna di Amnesty International nei confronti del traffico umano, in cui rientra quello a scopi sessuali, in quanto terribile abuso dei diritti umani che deve essere criminalizzato sotto il diritto internazionale. De-criminalizzare la prostituzione non vorrebbe certo dire rimuovere le pene per il traffico umano e niente sta ad indicare che la prima avrebbe come effetto un aumento del secondo. Avverrebbe il contrario, perché se non vengono trattati come criminali gli operatori del sesso hanno un miglior rapporto con le autorità e ciò è di sicuro aiuto per il contrasto al traffico di esseri umani. Lo stesso principio vale per coloro che sfruttano o abusano dei sex workers, che rimangono criminali.
La questione della prostituzione è connessa con quella dei diritti delle donne, in quanto la diseguaglianza di genere e la discriminazione sessuale possono avere una grande influenza sul loro ingresso nella prostituzione. Ma considerarle criminali per questa attività che spesso sono obbligate a praticare non è una soluzione al problema, anzi rende la loro vita più pericolosa e più difficile ottenere altre forme di impiego. È importante che gli Stati mettano in opera meccanismi che assicurino, alle donne e ad altri gruppi che soffrono di emarginazione, la libertà di scegliere di non dedicarsi alla prostituzione per sopravvivere: un sistema scolastico che ne permetta l’istruzione, forme di preparazione professionale, benefici di stato e via dicendo. Amnesty International ovviamente non si fa promotrice della prostituzione ma, a seguito di un’approfondita ricerca sul campo e di consultazioni con un grande numero di persone ed enti (World Health Organisation, UN AIDS, Global Alliace in Trafficking of Women e molti altri), ha elaborato la propria policy considerando che spesso essa è il risultato di una costrizione, fisica o in quanto unico mezzo per la sopravvivenza. In ogni caso gli abusi reiterati e l’emarginazione dei sex workers sono una realtà che non si può accettare: i loro diritti umani devono essere oggetto di una maggiore protezione. A questo fine Amnesty International opera in molti modi e in molti Paesi.
Un pensiero va a Leila Alaoui, inviata di Amnesty International per un report sui diritti delle donne, e al collaboratore Mahamadi Ouédraogo, uccisi nel recente attentato terroristico in Burkina Faso.