La “Phillip C. Jessup International Law Moot court competition” è la più prestigiosa competizione universitaria di simulazione di un processo di diritto pubblico internazionale, intitolata allo storico membro della corte internazionale di giustizia Phillip C. Jessup. La Luiss, alla sua terza partecipazione, si aggiudica la fase nazionale e il titolo di “best new team” dell’edizione 2016. I vincitori sono gli studenti Anna Chiara Amato, Claudia Cardelli, Sara Castegini (premiata come “best oralist” nella finale), Carolina Nalli e Giulio Filippo Piozzi, coordinati dal prof. Pietro Pustorino e dalla prof. Angela del Vecchio, coordinatrice generale del progetto, e guidati dall’avv. Domenico Pauciulo, la dott.ssa Giulia Nicchia, il dott. Salvatore Custureri e la dott.ssa Ana Protic. Il team rappresenterà le università italiane nella finale mondiale di Washington, dal 27 marzo al 2 aprile. Abbiamo incontrato Anna Chiara Amato e Carolina Nalli per farci raccontare questa vincente esperienza.
Cosa è significato per voi partecipare a JESSUP?
ANNA: Jessup significa intensa attività di ricerca e studio dei casi, imparare a redigere le memorie sia dell’accusa sia della difesa, saper instaurare uno speech in lingua giuridica inglese, tutto come fossimo dei veri avvocati internazionalisti. Ci siamo messi in gioco da vera squadra, lavorando sempre insieme e sostenendoci nelle difficoltà: tutti hanno collaborato attivamente nel lavoro di ciascuno.
Quali sono le difficoltà che avete incontrato?
CAROLINA: Jessup simula un processo vero e proprio, con i giudici, interpretati da professori internazionali, che interrompevano il tuo discorso con varie domande, come nella realtà. Il problema è che ogni speech dei due rappresentanti dei team è di durata predeterminata e il tempo scorre nonostante gli interventi dei giudici: serve un carattere forte per ribattere e non perdere lucidità. Inoltre è stata dura studiare sempre sia la posizione dell’attore sia del convenuto: siccome conoscevamo l’avversario solo il giorno prima della sfida, avevamo a disposizione meno di ventiquattro ore per studiare i loro scritti e in albergo si facevano le ore piccole. Tutto ciò però è servito a rafforzare il nostro spirito di gruppo.
Raccontaci la finale.
A: Dopo aver vinto la semifinale contro il team dell’università “Roma Tre”, abbiamo saputo che avremmo disputato la finale solo quattro ore prima del match, in più contro la squadra rappresentante l’università di Torino, campione uscente e città ospitante della manifestazione. Insomma, tifo e pronostici erano tutti per loro. I tre giudici, però, hanno votato all’unanimità per noi: penso che siamo stati migliori nello sfruttare le loro domande a sostegno della nostra posizione. In più credo che siano stati decisivi i nostri “rebuttal” (domande per criticare le argomentazioni avversarie).
Avete qualche ricordo divertente di questa esperienza? A: Certo! E’ accaduto alla proclamazione dei vincitori: ogni squadra è identificata con un numero a quattro cifre e il team Luiss iniziava col numero 4, come il team di Torino. Quando uno dei giudici ha iniziato a leggere il numero del vincitore, non appena ha detto: “quattro”, noi tutte abbiamo iniziato a urlare di gioia, senza ricordarci che poteva riferirsi al gruppo torinese. Pensa che figura avremmo fatto se avessero vinto gli altri.
Cosa ti aspetti dalla finale di Washington?
C: sarà una sfida difficilissima, parteciperanno 132 prestigiose università di tutto il mondo. La preparazione continua tuttora: siamo i vincitori nazionali, ma questo non ci fa stare tranquilli: lavoriamo sui nostri punti deboli e continuiamo ad aggiornarci anche sui casi di stretta attualità. Il confronto tra continenti e diverse scuole di pensiero sul diritto internazionale ci farà crescere culturalmente e professionalmente.
A cura di Riccardo Finili