SFRUTTAMENTO MINORILE IN GUERRA

SFRUTTAMENTO MINORILE IN GUERRA

I cosiddetti “bambini soldato” sono quei fanciulli che vengono impiegati in operazioni militari o illegali in tutto il mondo. Questo si è sempre avuto nel corso della storia, e nonostante siano state firmate convenzioni internazionali negli anni settanta, il problema non è venuto meno ma anzi ha subito un lieve aumento. Infatti, Lo Statuto della Corte Penale Internazionale include, fra i crimini di guerra nei conflitti armati, l’arruolamento di fanciulli minori di 18 anni. La partecipazione minorile è vietata anche dalla Convenzione ILO sull’immediata eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile (giugno 1999). Tale divieto è presente anche nella Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, documento che sancisce i diritti per minori e si fonda su quattro principi fondamentali che sono: il principio di non discriminazione; il principio del superiore interesse del minore; il diritto alla vita, alla sopravvivenza, a sviluppo e protezione; il principio di ascolto delle opinioni del minore. In particolare l’art 38 e 39 recitano : “Nessun ragazzo può prendere parte alla guerra se non ha almeno 15 anni. I ragazzi e le ragazze vittime della guerra o di sfruttamento hanno diritto ad aiuti e attenzioni particolari.”

Attualmente i minori impiegati in guerra sono circa duecento cinquanta mila (secondo una stima delle Nazioni Unite del 2015) di età compresa tra i quindici e i diciotto anni per lo più ma anche di età inferiore alcuni tra i dieci e i dodici anni. Questo avviene in quasi tutte le guerre che ora si combattono in Medio Oriente e Africa. Il coinvolgimento di questi giovani si ha per lo più nei paesi come Uganda, Etiopia, Ruanda, Burundi, Somalia, Sudan, Liberia, Congo, Sierra Leone. Alcuni minori sono soldati a tutti gli effetti: prendono parte attiva alle azioni dei guerriglieri, aventi come obbiettivo principale la distruzione dei villaggi, dei raccolti, delle mandrie. Altri sono usati come portatori di munizioni e vettovaglie. Alcuni vengono reclutati dall’esercito del loro Paese, altri fanno parte di gruppi armati che si oppongono ai governi in carica ma in entrambi i casi sono trattati brutalmente, puniti anche in modo molto severo e il loro parere non è minimamente ascoltato. Pensiamo per esempio all’Uganda , in cui vi è l’Esercito di resistenza del Signore”, che agisce nel nord, nell’ambito della guerriglia che da dieci anni circa vi imperversa. Questo esercito rapisce i bambini dai villaggi, li inquadra nei suoi ranghi sotto minaccia di morte diventando così responsabile di rapimento e sfruttamento di minori. Inoltre a questi piccoli soldati vengono quasi sempre somministrate droghe ed è grazie a queste che riescono a superare i loro blocchi psicologici.

Questo fenomeno, sempre più crescente, si verifica a causa del fatto che la natura della guerra è cambiata rispetto al passato, ora le guerre sono quasi tutte di natura etnico-religiosa e sono combattute senza il minimo rispetto delle regole della Convenzione di Ginevra, come invece accadeva in passato e questo crea sempre più abusi , soprattutto verso i minori. L’Unicef ha rilevato che nei conflitti oggi combattuti il 90% delle vittime sono civili mentre in passato i civili erano colpiti solo per una percentuale del 5%. Inoltre proprio il fatto che ora vengano utilizzate armi automatiche e leggere rende più facile l’arruolamento dei minori che possono maneggiare senza problemi mitra e fucili, esattamente come gli adulti . Un’altra ragione determinante è anche la durata dei conflitti che spesso durano per anni e determinano quindi la necessità di nuove reclute per rimpiazzare le perdite. Bisogna dire che molti ragazzi che entrano nelle forze armate volontariamente lo fanno più che altro per necessità, per sopperire alla fame, alla miseria. Secondo una ricerca condotta dalle Nazioni Unite relativamente ai bambini soldato la maggior parte dei bambini soldato sono orfani, vagabondi, quindi senza una famiglia alle spalle che li possa sostenere pienamente. Qualora questi riescano a sopravvivere ai conflitti rischiano delle gravi malattie come l’AIDS, oppure sono soggetti a malnutrizione, infezioni respiratorie, cutanee, alimentari. Soprattutto restano segnati e traumatizzati a vita, con grandi difficoltà a reinserirsi nella società. A quanto riportato da fonti di Amnesty International il 30% dei bambini soldato sono ragazze, bambine spesso orfane o che sono state rapite da gruppi armati irregolari e, una volta arruolate, sono ridotte in schiavitù e costrette a soddisfare i desideri sessuali dei combattenti. Casi rilevanti di rapimenti di bambine (oltre che di bambini) si sono verificati nella Repubblica Democratica del Congo secondo quanto affermano ricerche delle Nazioni Unite. Secondo l’art 6 del Protocollo Opzionale alla Convenzione sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza sul coinvolgimento dei minori nei conflitti armati (maggio 2000) sono previsti programmi di “Disarmo, Smilitarizzazione e Reintegrazione” (DDR) per aiutare i bambini e le bambine soldato a superare i traumi fisici, ma soprattutto psicologici causati dell’arruolamento. Le ragazze, sebbene siano quelle con maggior bisogno di cura, spesso vengono escluse da questi programmi DDR perché considerate mogli dei combattenti. Inoltre la maternità è un ulteriore problema per il reinserimento nella società perché la comunità potrebbe non volere accogliere un figlio illegittimo concepito a seguito di uno stupro.

Diverse sono le testimonianze di bambini soldato raccolte da Organizzazioni non governative: in Mali, ad esempio, nel 2013 Amnesty International ha incontrato due bambini, uno dei quali mostrava segni di disturbi mentali. Uno prese a raccontare, riferendo che studiava presso la scuola coranica e che un giorno, insieme ad altri suoi compagni, era stato venduto agli islamisti, inserito in un gruppo con armi da fuoco. Inizialmente gli era stato assegnato il compito di lavorare nelle cucine e veniva spesso frustato e torturato per la sua iniziale incapacità di pronunciare bene i nomi in arabo secondo i ribelli. Successivamente è iniziato il suo periodo in guerra, di combattimento in senso vero e proprio, ed è durante questo che ogni giorno lui ed i suoi compagni dovevano mangiare riso mescolato a strane polveri, e spesso venivano fatte loro delle iniezioni. Si trattava di droga e questo permetteva loro di abbattere i freni inibitori e diventare a tutti gli effetti delle “macchine da guerra”, esattamente come li volevano i ribelli. Infine va ricordata la sempre crescente partecipazione di bambini soldato tra le file dello Stato Islamico, che si caratterizza sempre più per follia e perversione: recentemente, infatti, era stato diffuso un filmato che ritraeva venticinque ragazzini a Palmira, in Siria, che sfilavano davanti alla folla per avvicinarsi ai prigionieri in ginocchio e dopo poco estraevano la rivoltella per sparare nelle cervella dei condannati a morte.

Secondo John Horgan, esperto di terrorismo e professore della Georgia State University in relazioni internazionali e psicologia, i bambini soldato in Siria sono circa 700 e nel delirio di indottrinamento non viene permesso loro di andare a scuola (l’educazione tradizionale viene considerata blasfema). Piuttosto vengono obbligati a frequentare i corsi di Isis, dove viene fatto loro il lavaggio del cervello. «Insegniamo loro il Corano» afferma un miliziano in un filmato pubblicato sei mesi fa. In realtà non si tratta di educazione religiosa e le donne hanno il compito di raccontare ai figli solo favole che stimolino la propensione al combattimento. Inoltre i piccoli vengono sin dall’inizio obbligati ad assistere alle decapitazioni e solo una volta assuefatti dall’orrore e convintisi che sia la cosa giusta da fare, vengono loro assegnate le armi. Se per ragioni fisiche non possono essere impiegati come combattenti, i bambini o le bambine reclutate vengono impiegati come spie. Questi racconti possono sembrare assurdi e lontani, tuttavia va presa coscienza del fatto che esistono e che purtroppo finché esisteranno le guerre, questi fatti continueranno a verificarsi, in parte per ragioni di povertà , per mancanza di istruzione ma soprattutto per impossibilità di ottenere anche la minima forma di tutela giuridica contro questi abusi, che sono all’ordine del giorno, sebbene esistano Convenzioni internazionali che gli Stati firmano e ratificano per combattere questi mali, Convenzioni non rispettate e del rispetto delle quali nessuno si cura davvero.

 

A cura di Elena Cianfanelli

 

 

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