“Io speriamo che me la cavo”

“Io speriamo che me la cavo”

“L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”. Questo recita il primo articolo della nostra Costituzione; purtroppo, nonostante ciò, nel nostro Paese, tale principio risulta orfano di qualunque tipo di tutela e rappresenta la causa madre della frequente e tragica emigrazione dei nostri giovani italiani, spinti a fuggire per cercare fortuna lontano da qui, dalle loro radici; questo fenomeno, che  ormai è divenuto un serio problema, ricorda lontanamente “la grande migrazione” che gli uccelli sono costretti a compiere quando sta per giungere l’inverno in cerca di un luogo più sicuro e prosperoso, dimenticando qui i loro nidi tanto amati e costruiti col sudore di una vita ma che adesso rappresentano soltanto una magrissima consolazione. I ragazzi ridotti ad espatriare negli ultimi tempi sono arrivati al 28,4% alla ricerca di uno stipendio che da noi risulta essere quasi un sogno; i nostri compagni sono disposti a tutto, lavorano in pizzerie, bar, pub, magari dopo tre, quattro anni di università ma capitati (ahi loro!) in uno Stato che non è più in grado di trattenere i propri gioielli; sono tre volte superiori le retribuzioni percepite in Paesi come Germania, Francia e Inghilterra e alla luce di questo se non il cuore, fatico a trovare un motivo che possa porre freno al problema. E poi c’è anche chi ha deciso di restare, lottare, andare avanti inesorabile nella ricerca di una soluzione , fino a quando la speranza riuscirà a non distoglierli da questa grande illusione che si chiama “Italia”, lontana parente del “bel paese” della “Dolce Vita” di Fellini. Nonostante tutto restiamo sempre maestri nel riporre nel cassetto le nostre virtù, ci riduciamo a distruggerle come se potessimo permettercelo, ingigantendo le nostre nefandezze ormai oggetto di discussione e derisione in tutto il mondo. Cosa ne sarà di noi? Saremo costretti a fuggire abbandonando la barca che affonda? Personalmente ritengo si debba cercare di lottare, finche ne valga la pena e finche ci saranno le possibilità per sperare ancora in qualcosa di bello, con tutta la forza che abbiamo, con tutta la grinta, con tutto il cuore fino alla fine; e se un giorno ci ritroveremo sempre qui allo stesso punto, ci guarderemo negli occhi e capiremo se ne sarà valsa la pena. Mentre scrivo queste parole penso a mia nonna che ha novantatre anni e trascorre metà della sua giornata seduta sopra la sua amata poltrona , che quando la vado a trovare, ogni tanto vedendomi cosi fresco e pieno di energia mi osserva, e con i suoi occhi pieni di vita vissuta e malinconia mi guarda e mi dice: “Sia lodata gioventù, una volta che passa, non torna più”.

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