La carta Mosul e la Siria

La carta Mosul e la Siria

È di quattro giorni fa la notizia dell’ulteriore avanzamento delle truppe dell’esercito Iracheno a Mosul, con la liberazione di 6 quartieri in totale e l’ingresso nel quartiere di al-Intisar, nella parte orientale della città. Frattanto, le forze curde dei Peshmerga, a cui è stato formalmente vietato l’accesso alla città, stanno continuando la messa in sicurezza di villaggi e centri abitati per permettere all’esercito iracheno di avanzare verso sud.

Sembra dunque che le cose stiano volgendo per il meglio sul fronte della lotta allo stato Islamico, che da più da due anni è in controllo di Mosul, grazie anche al fondamentale supporto aereo della Coalizione Internazionale a guida Statunitense. E mentre i peshmerga e le forze regolari Irachene a Mosul combattono strada per strada contro i miliziani jihadisti, è intensissima l’attività sul fronte diplomatico Siriano, quanto mai delicato. Secondo il Wall Street Journal, infatti, il Pentagono starebbe avendo molteplici contatti con le forze anti-Isis curde e del fronte ribelle per chiudere le vie di rifornimento dello Stato Islamico in Siria e sferrare l’attacco finale a Raqqa, sua capitale. Obiettivo non facile tuttavia, per via della grande tensione presente tra alcuni gruppi ribelli e le forze Curde. Non bisogna dimenticare poi che tutto questo avviene mentre la Russia e il regime di Bashar al-Assad hanno proclamato una tregua umanitaria di 19 ore per permettere l’arrivo di aiuti attraverso Aleppo Est.

Mentre quindi la lotta sul fronte Iracheno procede rapidamente, lasciando presagire che il Califfo perderà il suo secondo asse portante territoriale, diverse sono le prospettive su ciò che accadrà dopo, sul fronte dell’integrazione tra forze curde, milizie sciite, che partecipano anch’esse alla liberazione di Mosul, e la maggioranza Sunnita Irachena. Ma non è tutto. Ancora più complesso sarà il teatro dell’operazione finale, contro Raqqa: perché qui gli Americani navigano in un territorio molto più insicuro, un territorio dove operano tanti attori contrapposti, ma che allo stesso tempo sono anch’essi pedine politiche dietro cui si celano due vecchi contendenti mai sopiti. Perché il fronte Siriano è uno dei più caldi e nevralgici, e se l’America, auspicabilmente anche con la prossima amministrazione, è consapevole di non potersi permettere un indebolimento nella “palude”, dove ha una posizione già instabile, anche Putin sa bene che qui deve giocare tutte le sue carte migliori. Non è un caso infatti che una flotta navale Russa sia stata appena schierata davanti alle coste Siriane.

Dunque, se da un lato la liberazione di Raqqa prefigura per tanti che hanno subito le atrocità e le follie del Califfo la fine insperata di un “bad dream”, dall’altro essa potrebbe fortemente rappresentare l’ultimo punto di fragile raccordo nel vasto teatro Siriano, ceduto il quale si anniderebbero incognite determinanti.

Perché dal crollo di Raqqa potrebbe dipendere il futuro del regime Siriano, e assieme ad esso anche quello del continuo ed infinito braccio di ferro tra USA e Russia. Molto, moltissimo dipenderà anche dal futuro inquilino della Casa Bianca, in un momento dove i sondaggi tra i due candidati appaiono in bilico e i mercati Internazionali cominciano a temere l’effetto “Trump”.

 

 

A cura di Pasquale Candela

 

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