LA CALABRIA CHE CI PIACE!   

LA CALABRIA CHE CI PIACE!  

Oggi voglio introdurvi un argomento che abbatte le barriere del pregiudizio relative alla poca voglia di fare dei giovani calabresi. Oggi, voglio parlarvi un progetto nobile, come CalabriaXidomeni, che fa del senso di solidarietà anzi, mi verrebbe da scrivere del senso di responsabilità nei confronti di chi non è fortunato quanto noi, il suo punto di forza. Oggi non voglio parlarvi di politica, di guerra, di moda, di università. Oggi vi parlo di REALTA’ e lo faccio con un’esperta di cooperazione internazionale e sviluppo sostenibile, Josephine Cacciaguerra.

 

Quando si parla di Calabria inevitabilmente si associano, purtroppo, stereotipi negativi: ‘Ndrangheta, arretratezza culturale e pigrizia lavorativa. Oggi vogliamo sfatare questi pregiudizi parlando di una cosa assolutamente positiva. “CalabriaXidomeni”: che cos’è e di cosa si occupa?

CalabriaXidomeni è un bisogno assordante. Uno di quelli che ti costringe a non dormirci la notte per trovare una soluzione o ti fa alzare presto al mattino quando hai passato la nottata a guardare immagini, ricevere messaggi degli amici che hai nei campi e confrontarti con quelle due anime che quel bisogno lo vivono costantemente insieme a te. Avevamo scritto che CalabriaXidomeni è un nuovo approccio alla solidarietà: credo che sia un nuovo approccio al fare solidarietà.

Questo gruppo autonomo di anime che si sono riconosciute, è nata spontaneamente a Marzo del 2016 quando quel bisogno incessante ha trovato sfogo dell’idea del fare e di avviare quindi una campagna di raccolta aiuti nel territorio di Morano Calabro per poi divenire un viaggio “umanitario”. E cosi quasi come le anime che davvero si cercano e si riconoscono a me e mio marito ( di ritorno da quasi sei anni in America Latina dove svolgiamo il lavoro di cooperanti internazionali) si è unito Nicola, anche lui un giramondo spinto dalla ricerca della felicità che trasforma in bene nei vari orfanotrofi dell’Asia.

E’ bastato un post sul famoso social network per creare una rete fatta di persone, territori, aziende ed associazioni (che ad oggi contano ben 18 città della Calabria) che sono unite sotto l’unica bandiera della solidarietà calabrese.

Non esiste uno statuto, un consiglio direttivo, un dirigente. Esistono vari gruppi whatsapp che si sono dati dei compiti, delle azioni da svolgere e che con dedizione stringono sempre più legami tra loro per poter dare sempre maggiore aiuto al progetto OLTRECONFINE e dargli sostenibilità. E’ questa la vera svolta e la forza di questa “idea”, l’essere libera da qualsiasi costrutto ed il voler restare insieme e fare semplicemente perché si crede nell’ obiettivo.

Le attività svolte

Diversi gli intenti e le attività di cui CalabriaXidomeni si sta occupando da mesi: l’adozione a distanza di 4 nuclei familiari provvedendo alle spese di sostentamento per la loro permanenza in Grecia e alla loro assistenza legale; monitoraggio delle condizioni igienico sanitarie dei campi militari in collaborazione con altre realtà locali ed internazionali che operano sul territorio greco nonché la distribuzione di viveri, indumenti, materiale didattico e kit igienici nei campi militarizzati.

All’ indomani della creazione del campo profughi di Idomeni in Calabria si è creata una fitta rete di mobilitazione che ha visto la collaborazione del gruppo CalabriaXidomeni, l’associazione MEET Project di Catanzaro e l’onlus ‘Viva la Vida’ di Mormanno che, insieme, sono riusciti a mettere in piedi una macchina di volontari forse senza paragoni per la nostra regione. I calabresi hanno dimostrato ancora una volta la loro grande generosità: da aprile a settembre sono stati raccolti, infatti, oltre 10 mila euro che si sommano alle tonnellate di beni di prima necessità raccolti.

 

Occuparsi del sociale e dei relativi problemi, richiede, indubbiamente, tanto impegno quanto coraggio. Relativamente alla tua esperienza, ti chiedo: cosa ti ha spinto a lasciare l’ Italia e a metterti in gioco pur sapendo che avresti riversato,inevitabilmente, le conseguenze, positive e negative che siano, di questa scelta anche sulla tua famiglia?

Quando avevo 14 anni  lessi per la prima volta “Le vene aperte dell’America Latina” di Galeano e fu come ricevere uno schiaffo in pieno viso. Da li iniziai a nutrire ancora di più quel bisogno incessante che sentivo di dover fare del bene, di meritarla questa vita e di cercare di lasciare un’orma. Credo di aver sempre saputo di voler fare questo lavoro – diventare una cooperante internazionale – e rendersi conto di avere 32 anni e farlo già da dieci anni credo sia la migliore risposta a quel bisogno di fare. Ecco avrei fatto questo o la crocerossina, senza dubbio meglio la prima scelta!

L’andar via dall’ Italia è stato il passo “obbligato” per poter diventare ciò che avevo scelto di essere. Non puoi volerti occupare di cooperazione internazionale stando seduta nella tua poltrona a casa, almeno non subito. Devi conoscere l’altro, scontrarti ed incontrarti con le altre culture, devi imparare che l’etnocentrismo che pensiamo di possedere è una grande banalità, devi aver bisogno di farcela con le tue gambe in un paese dove tutto ti è estraneo, devi imparare ad ascoltare l’altro e provare empatia. Solo andando via si può ritornare, anche se ad oggi non mi immagino ancora ferma in un posto. Non è ancora tempo per questo. Tornando alla domanda che ho cercato di evitare! Credo fortemente che per divenire ciò che si è sempre voluto essere bisogna avere due cose fondamentali: ali per spiccare il volo ed uno scoglio a cui tornare per rifugiarsi quando il mondo è in tempesta. La mia famiglia è stata entrambe le cose, ed oggi con un figlio peruviano ed un altro in arrivo malgascio credo che la più grande eredità che potrei mai lasciargli è l’averci provato a costruirgli un futuro migliore.

 

Infine, quanto è importante oggi sensibilizzare chi ha la fortuna di vivere in Paesi del c.d. “Primo Mondo” a temi delicati come quelli che intersecano l’immigrazione, l’assistenza sociale e la solidarietà?

L’educazione allo sviluppo è uno dei settori che mi ha sempre più affascinato e non appena mi prendo delle pause dal mondo della cooperazione ne approfitto per ritornare a questo mio grande “amore” facendo laboratori con i giovani proprio su questi temi. E’ su di loro che bisogna investire, su di loro che bisogna seminare per poter poi raccogliere. Anche solo innescare il dubbio può essere la miccia che accende un fuoco capace di scatenare il fatidico mondo migliore che in molti vorremmo.

Sugli adulti invece spesso mi arrendo. Riguardo proprio alla solidarietà sono totalmente contraria all’ andare a bussare porta per porta, implorare, chiedere e richiedere. Il bene lo si fa in primis per noi e poi per gli altri. Se ti danno la possibilità di fare del bene, di essere quella goccia che rende il mare un posto più “sicuro o degno” allora sta a te scegliere di esserlo o meno.

 

 

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