Rigths up for the Earth

Rigths up for the Earth

La sera del 27 novembre il Gruppo Giovani 100, di Roma, è stato lieta di invitare amiche e amici a una serata di musica e arte. L’iniziativa è stata lanciata per promuovere il rispetto dei diritti umani legati al rapporto tra l’uomo e la natura. Durante la serata, oltre ad esibirsi gruppi musicali famosi nella capitale, si è svolta la finale del contest fotografico lanciato alcuni giorni prima sulla nostra pagina Facebook (Amnesty International -Gruppo giovani 100).

I nostri ospiti hanno decretato il vincitore, scegliendo tra le dieci foto che avevano ricevuto un numero maggiore di “mi piace” nella fase online.

La foto “Al contrario”, di Fabrizio Ciampaglia, è stata ritenuta la migliore e il fotografo nel presentare il suo lavoro ha riportato un verso di una celebre canzone de “Lo Stato Sociale”; “a volte sogno al contrario, spesso ho nostalgia. Un bel giorno che piove, vieni e portami via.”

L’interesse del Gruppo verso  il tema ambientale è sorto a fronte della forte attenzione internazionale   manifestata quest’anno verso l’argomento.  Il  4 Novembre 2016 è entrato ufficialmente in vigore l’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico, che nell’ultimo anno è stato ratificato da 197 Paesi. L’accordo si basa su “the United Nations Framework Convention on Climate Change” e ha l’ambizioso obiettivo di fortificare la risposta globale alla minaccia di un cambiamento di clima al fine di mantenere l’aumento di temperatura globale sotto i 2 gradi Celsius per questo secolo, e non solo. Inoltre, l’Accordo punta a fortificare l’abilità dei paesi di gestire i cambiamenti climatici che hanno avuto come “primo banco di prova” la “Conferenza mondiale sul clima” (COP22), tenutasi a Marrakech in cui i “leaders” mondiali hanno elaborato un piano per sviluppare i propositi puntualizzati nel suddetto Accordo.

 Amnesty International è da sempre attenta a valutare l’impatto dei cambiamenti climatici sui diritti umani. C’è un collegamento diretto tra il cambiamento climatico e l’abilità di individui e delle comunità di poter vedere realizzati i propri diritti. Gli effetti avversi sembrerebbero essere sperimentati in maniera sproporzionata da chi vive in povertà, da donne e ragazze, dai popoli nativi e da altre persone che hanno probabilmente sperimentato gli effetti sproporzionati della discriminazione dovuta al cambiamento climatico”, queste sono le parole riportate nel rapporto “Q&A on Climate Change” di Amnesty International dello scorso anno.

L’opinione dell’ONG è quella per cui i problemi climatici posso incrementare le diseguaglianze tra gli individui, come avviene per le popolazioni native a rischio per il loro stretto legame con la natura. Un cambiamento del loro ecosistema potrebbe comportare una minaccia alla loro identità oltre che alla loro sopravvivenza. Un chiaro esempio è la protesta in Nord Dakota da parte della maggioranza dei villaggi di nativi posizionati nello Stato.  Negli ultimi mesi Amnesty International USA  ha inviato quattro delegazioni di osservatori per controllare il comportamento sempre più aggressivo delle forze di polizia nei confronti delle proteste e ha chiesto la sospensione dei lavori dell’oleodotto, il cui tracciato sarebbe passato sotto il fiume Missouri e nei pressi della riserva sioux di Standing Rock. Qualche giorno fa è stata accolta con grande entusiasmo, da protestanti e osservatori, la notizia del blocco della costruzione dell’oleodotto; “Questa è una grande vittoria per le popolazioni native che lottano per proteggere le acque e i loro diritti. Celebriamo questa vittoria e chiediamo al Congresso di assicurare che in futuro le comunità native siano sempre coinvolte in decisioni del genere” – ha dichiarato Eric Ferrero di Amnesty International USA.

 

A cura di Flavia Fusconi

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