UN DIALOGO SULLE STARTUP

UN DIALOGO SULLE STARTUP

Le startup sono una realtà importante nella nostra società. Le imprese innovative svolgono un ruolo fondamentale sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista sociale. Quest’ultime infatti contribuiscono al progresso dei prodotti, dei servizi e della società. Alcune di queste hanno aperto nuovi orizzonti, altre hanno migliorato un settore tradizionale, altre ancora hanno introdotto un prodotto innovativo. Qualsiasi sia la natura di una startup, quest’ultima genera nuovi posti di lavoro e migliora concretamente il tessuto economico della società. Attualmente ci sono più di 7000 nuove startup in Italia che danno occupazione a quasi quarantamila persone. Tuttavia, essere un imprenditore è un mestiere difficile e non tutti gli startupper riescono a dare seguito alle proprie idee imprenditoriali.

Start Up Grind è una community pensata per ispirare e mettere in contatto tutti coloro che vogliono cimentarsi nel mondo dell’imprenditoria e dell’innovazione. Luisa Marotta e Giovanni Russo, ex colonne portanti del nostro giornale, sono oggi membri di Start Up Grind e ci hanno invitato ad un loro evento.

Lunedi 10 aprile si è tenuto un Q&A con Marco Gay, Presidente di Confindustria Giovani, presso l’università La Sapienza. L’imprenditore, fondatore di diverse startup, è attualmente vice-presidente di Digital Magics, una società quotata in Borsa Italiana, che si occupa di finanziare e aiutare nuove imprese innovative. Durante la conferenza, egli ha fornito un quadro dettagliato sulle problematiche e sulle prospettive dell’ecosistema delle startup italiane.

Secondo lei qual è quella serie di fattori che possa incrementare lo sviluppo e il mercato delle startup?

“In primo luogo sono necessari dei capitali di rischio, perché questo mondo lo fai crescere se ci metti del denaro. Questo non vuol dire sprecarlo, ma vuol dire essere consapevoli che, se investi su 10 startup, soltanto due o tre faranno qualcosa di importante. Per capitali di rischio intendo anche che il primo che si deve impegnare economicamente è l’imprenditore. È lui il primo che deve esporsi e mettere la faccia. Se fate una startup per avere uno stipendio fisso alla fine del mese, allora è meglio che trovate un’altra strada, perché è un percorso che comporta sacrifici e dedizione. Tuttavia chi avvia un’impresa deve essere agevolato, perciò occorre una semplificazione e anche una certa pulizia del mercato.”

Qual è il ruolo degli incubatori nello sviluppo delle startup? Sono così importanti queste strutture?

“Secondo me gli incubatori sono essenziali, però serve che essi facciano il vero mestiere dell’incubatore. Quest’ultimo non può limitarsi a dare una stanza dove lavorare, ma deve affiancarti nello sviluppo della tua azienda. Bisogna che il mercato e il pubblico sostengano gli incubatori con denaro e competenze. Il nostro ruolo, come società di venture capital, è di rafforzare questo ecosistema ancora debole, ma non è possibile senza capitali che vadano direttamente alle startup.”

Quindi mancano investitori importanti che possano finanziare nuove startup?

“Molti investitori preferiscono puntare su settori tradizionali che garantiscono un ritorno finanziario sicuro. Il capitale di rischio destinato alle nuove startup in Italia nel 2016 corrispondeva a 280 milioni di euro, mentre in Francia era di 600 milioni, in Germania di 800 milioni e in Gran Bretagna arrivava a 3 miliardi. Questa situazione scaturisce da un’avversione al rischio da parte del mercato. A ciò contribuiscono la burocrazia e la mancanza di infrastrutture adeguate, che non aiutano la fiducia degli investitori. Non è un caso se le nostre imprese fanno molto bene all’estero, dove incontrano condizioni favorevoli, ma sono scarse in Italia dove non ci sono le condizioni ideali per poter crescere”.

Quando una startup non decolla, è giusto fare il write-off e non finanziarla più? Qual è il vostro atteggiamento in merito?

“Nell’ultimo anno abbiamo concluso la partecipazione in 10 startup, passando da 80 a 70 startup. Quando un’azienda non si sviluppa più e non riesce a vendere, bisogna essere onesti e dover constatare che quel progetto non funziona. Se tenessimo tutte le startup, anche quelle che non servono, non ci sarebbero i posti per le nuove. Se nessuno fa il write-off, che fine faranno queste start-up? In questo caso è meglio sia per l’imprenditore sia per il finanziatore che si chiuda un’esperienza per poi magari aprirne un’altra in seguito.”

 

A cura di Eugenio Baldo

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