In origine, i deputati erano ambasciatori delle collettività in cui si articolava la società dell’antico regime, soggetti pertanto al vincolo di mandato: les cahiers des doléances degli Stati Generali francesi non erano altro che istruzioni dei rappresentati ai rappresentanti. Allo stesso modo, anche le città italiane e tedesche assoggettavano ad istruzioni i loro delegati alla Dieta del Sacro Romano Impero. Furono le rivoluzioni liberali ad imporre il principio che i deputati dovessero rappresentare la Nazione intera, divenendo pertanto liberi di votare secondo la loro coscienza: l’assemblea divenne l’unica interprete degli interessi della Nazione, riunendo gli uomini ritenuti più saggi e virtuosi, prescindendo dagli interessi individuali e di classe. Un modello elitista in cui molti hanno visto la negazione del principio di sovranità popolare.
È questa la posizione del Movimento 5 Stelle, secondo cui il programma deve essere inteso come una promessa vincolante fatta al proprio elettorato. Non a caso l’idea originaria del Movimento 5 Stelle è che il popolo possa, almeno in prospettiva, autogovernarsi, senza più élites. E che nel frattempo occorra accorciare la distanza tra elettori ed eletti, ristabilendo il controllo dei primi sui secondi. Una promessa, secondo altri, impossibile da mantenere, poiché il vincolo di mandato toglierebbe ai rappresentanti flessibilità di risposta al mutamento delle condizioni né sarebbe compatibile con i tempi di decisione, specie in caso di questioni non contemplate dal programma.
Tuttavia, con la consultazione degli iscritti grazie alle nuove piattaforme informatiche il mandato imperativo risulterebbe praticabile. Sarebbe anche auspicabile? Forse, se i partiti fossero realmente sotto il controllo dei loro elettori. Se così non fosse, il vincolo mandato finirebbe infatti per rafforzare il potere delle segreterie di partito, non soggette, in Italia, alle regole democratiche cui invece rimangono comunque soggetti i rappresentati eletti. Forse per questo, i costituenti preferirono mantenere il divieto di mandato imperativo. Del resto, gli elettori, al termine del mandato elettorale, sono sempre liberi di eleggere un altro rappresentante. Ma tale libertà è realizzata da una legge elettorale che permetta riconoscibilità e scelta tra candidati. Per questo la Corte Costituzionale si è più volte pronunciata in materia di legge elettorale per rendere effettiva la sovranità popolare.
A cura di Antonio Fabrizi