Cari lettori,
Vi parlo dal cuore, dal mio cuore d’inchiostro che è ormai secco da tempo. Dovete prima di tutto sapere che sono una penna che ne ha viste tante e tante altre mi sono state raccontate dai miei antenati.
Voglio condividere con voi la nostra storia: inizia in Egitto nel X secolo a.C., quando eravamo al servizio dei sacerdoti e niente di più che penne d’oca con un serbatoio di inchiostro. Da quel momento abbiamo continuato a servire solo i migliori, i più colti ed i più ricchi. Siamo state utilizzate da Leonardo Da Vinci per i bozzetti delle sue macchinose invenzioni, dagli amanuensi per le loro bellissime opere, dai padri fondatori nello stendere la costituzione americana, da Shakespeare e Dante per dare origine ai loro capolavori. I nostri modelli più efficienti e prodotti su larga scala iniziarono ad essere messi in commercio solamente più tardi, e io mi fregio d’essere uno di loro, classe 1886. Ah certo, quello fu il periodo più interessante della nostra storia, il vero momento della svolta… A ben vedere già con la nascita della stampa a caratteri mobili, all’incirca nel 1450 tutto aveva iniziato a cambiare e, da strumenti per pochi “alfabetizzati” usati per comunicazioni formali ed ufficiali, eravamo divenute un mezzo principale per molti, strumento per le loro comunicazioni private ai cari lontani. E in tutti in questi anni di servizio, mentre passavo di padre in figlio svolgevo il mio lavoro preferito: scrivere lettere d’amore. Perché sapete, volevo più di ogni altra cosa provare l’amore, e anche se solitamente queste cose non sono concesse alle penne stilografiche, m’innamorai… M’innamorai degli uomini e della loro continua ricerca della felicità, delle passioni e della rabbia…
Ebbi la fortuna di scrivere per mano di un soldato a sua moglie, di essere testimone della sua incrollabile speranza e vitalità, per poi diventare testimonianza della sua morte quando mi versai in una lettera di addio. Non riuscirò mai ad esprimere quanto fosse bello essere partecipe di quell’attesa spasmodica della risposta della donna, della gioia con cui la mano dell’uomo mi faceva scorrere sul foglio con le sue dita sporche di terra e sangue. Potei assistere all’amore con cui la moglie mi conservò per poi consegnarmi a sua figlia, che si servì di me ogni tanto, per parlare dei suoi amori e dei suoi problemi, piena della voglia di vivere che contraddistingue voi esseri umani.
Già a quel tempo però iniziavano a ripormi sempre più spesso nel cassetto, le penne a sfera avevano preso piede e il fatto che non durassero tutta una vita non dispiaceva affatto, anzi elettrizzava le persone. In quel tempo dicevano che il consumismo avrebbe cambiato la società, che il futuro sarebbe stato più radioso che mai.
La ragazza adesso ha dei figli, ed io ho visto crescere anche loro, anche se questa volta dal portapenne sulla scrivania. Molte cose sono cambiate. Ora c’è la televisione, gli SMS, internet e con lui tutti i social network. Ora tutto è così immediato…. I giornali, che nel 1600 avevano iniziato a vedersi per le strade, sfogliati da milioni di persone, oggi sono quasi sempre letti online e non sono più gli stessi: i titoli devono essere accattivanti e le immagini attirare l’occhio dei navigatori, perché nessuno leggerà tutti gli articoli presenti nel numero come si faceva in passato, non essendoci né un ordine né una prima pagina.
Ai tempi delle mie lettere d’amore invece ci si guadagnava una conversazione e si temeva ogni volta che la nostra risposta andasse perduta. Si pesava ogni parola, perché sarebbe stata la nostra ultima fino alla prossima lettera scritta, forse dunque per settimane, mesi.
La parola scritta su carta oggi si usa sempre meno, non la usano i religiosi o i giuristi per i loro documenti ufficiali, né la usano i mercanti nel registrare le loro merci, e neppure la usano gli innamorati. Qualche volta la penna si usa per prendere appunti, ma non sempre è così.
I computer e i cellulari rendono tutto più piatto, relegando le emozioni a due dimensioni. Sugli schermi non si leggono le cancellature, le lacrime e le parole calcate sul foglio quasi a trapassarlo. Ci si arrabbia se una risposta non arriva entro poche ore, se magari “manca” il campo e un messaggio non viene recapitato immediatamente al destinatario, se questo “visualizza e non risponde”, o se il messaggio è troppo lungo e non si legge nemmeno.
Potete dirmi che la velocità dei nuovi mezzi è un vantaggio e non avrò il coraggio di smentire le vostre convinzioni: la comunicazione è più efficiente ed accessibile a tutti, apre infinite possibilità e non è certo totalmente da buttare, ma ogni tanto scrivete una lettera. L’uomo oggi è sempre di corsa, quindi oggi vi invito a fermarvi per una volta, a leggere un giornale e a scrivere una lettera, proprio come una volta.
Buona fortuna,
Una penna stilografica.
A cura di Francesca Cresta