Il 26 giugno 2018 si è svolta, presso l’Emiciclo del Parlamento europeo, la conferenza dal titolo Cultural heritage in Europe: linking past and future che rappresenta una delle molteplici celebrazioni dell’Anno europeo del patrimonio culturale. I primi sei mesi del 2018, infatti, sono stati costellati da ben più di 2500 eventi in Europa, i quali dimostrano la necessità di sensibilizzare gli europei su un tema, quello della cultura, troppe volte sottostimato e messo da parte. Il discorso introduttivo è stato tenuto dal presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, il quale ha ribadito quanto sia fondamentale mantenere viva la memoria del passato sulla quale si fonda il nostro essere europei. L’identità europea affonda le sue radici in una storia antichissima che inizia ben più di 2000 anni fa, a riprova del fatto che la nostra cultura, dunque, non possa essere dimenticata e il nostro futuro non possa prescindere da essa. Basti pensare che la metà del patrimonio mondiale dell’UNESCO si trova in Europa ed è quindi un elemento viscerale della nostra cittadinanza europea.
Inoltre, è doveroso considerare lo scenario attuale in cui ci troviamo, essendo questo un momento cruciale per l’Unione europea, la quale sta affrontando l’ardua sfida dell’insorgere di nazionalismi e populismi che minano il concetto stesso di unione e cooperazione. Ed è proprio in questo contesto che la cultura può, e deve, rappresentare il baluardo contro le spinte disgregatrici e individualiste. C’è un elemento in particolare che costitusce la chiave di volta del nostro sistema europeo, come ha sostenuto il presidente della Commissione Juncker, ovvero la solidarietà. Essa, negli ultimi anni, si è spesso lacerata tra i Paesi membri dell’Unione europea, causando ferite che ci impiegano molto a rimarginarsi e dovute al fatto che ci conosciamo poco gli uni con gli altri. L’Ue è nata da un assioma fondamentale, ovvero che le guerre non dovessero più ripetersi, e su questo si sono basati più di sessant’anni di pace, ma adesso si deve andare oltre poiché si profilano nuove sfide che necessitano dell’azione sinergica di forze politiche diverse. Ed è in quest’ottica che la cultura acquista la sua funzione di collante, dal momento che l’Unione non è solo mercato interno, relazioni commerciali e valuta unica, ma anche un’unione quotidiana di giovani talenti diversi tra loro.
Ma perché è così importante investire nel nostro patrimonio culturale? Ce lo diceva già Jean Monnet, uno dei padri fondatori della Comunità europea del carbone e dell’acciaio, l’antenata dell’Unione europea. Il politico francese nel 1952 sapeva coscientemente, e profeticamente, che l’Europa era destinata ad andare ben oltre il mero prezzo del carbone e dell’acciaio, ed infatti qualche anno più tardi dichiarò: “Se oggi dovessi ricominciare, non ricomincerei da un mercato comune: partirei dalla cultura”. A nulla serve concentrarsi su problematiche di ordine economico, monetario e politico se prima di tutto non ci si sofferma sui valori che hanno plasmato l’Europa. Valori dettati dal confronto, dall’apertura verso gli altri, rinnegando questa sorta di claustrofobia esistenziale che ci ingabbia in rigidi schemi mentali che hanno il solo scopo di creare una roccaforte del pregiudizio. Ciò che si vuole perseguire non è l’omologazione della cultura, ma bensì l’unità nella diversità, tenendo bene a mente che l’aggettivo europeo integra, ma non cancella le altre nazionalità. Una maggiore consapevolezza del comune patrimonio culturale europeo ci permetterebbe di essere più pronti nell’affrontare le sfide attuali, una fra tante quella dell’immigrazione, poiché l’integrazione avviene prima di tutto fra noi europei. In tempi così difficili, in cui ci si interroga sulla ragion d’essere dell’Ue, la cultura dovrebbe costituire un agente di cambiamento sociale e colei che indica i valori fondamentali ai quali deve ispirarsi la convivenza dei popoli europei.
A cura di Valeria Candalino
Un bellissimo articolo! Complimenti!