La situazione del Venezuela, per mesi, è stata seguita con una certa attenzione da parte dei principali media – sia giornalistici che televisivi – di tutto il mondo. In particolare, il focus era rivolto sullo scontro tra il Presidente Nicolas Maduro e il leader dell’Assemblea Generale Juan Guaidò, autoproclamatosi Presidente ad interim del Paese.
Quest’ultimo aveva agito appellandosi all’articolo 233 della Costituzione, secondo il quale il leader dell’Assemblea Generale sia eleggibile come Presidente ad interim nel caso in cui ci sia un vuoto di potere. La sua decisione, dunque, sottintendeva la convinzione che le elezioni del 2018 non fossero valide e che, quindi, Maduro non fosse il Presidente legittimo del paese. Come è noto, questi eventi hanno scatenato una vera e propria crisi politica e istituzionale in un paese che stava vivendo già una situazione molto complessa.
Nei mesi successivi, la situazione si è sviluppata come ampiamente raccontato: il 28 Marzo 2019, il governo Maduro decreta la decadenza di Guaidò dal suo ruolo e lo interdice dai pubblici uffici per un periodo di 15 anni. Quest’ultimo, a sua volta, rifiuta la decisione e continua a comportarsi, soprattutto sul piano internazionale, come il vero leader del Venezuela, forte dell’appoggio di Stati Uniti e molti paesi dell’Europa occidentale e dell’America Latina. Successivamente, dopo un fallito tentativo di insurrezione svoltosi verso la fine di Aprile e un presunto tentativo di colpo di stato denunciato da Maduro in estate, verso la fine del 2019 sembrava che il supporto di Guaidò stesse scemando in modo considerevole.
Attualmente, la situazione è ancora molto complessa, perché Juan Guaidò non ha ancora rinunciato al suo proposito e, in questi primi mesi del 2020, sta cercando di catalizzare il maggior supporto internazionale possibile. In particolare, va sottolineata la sua partecipazione – a sorpresa – al discorso sullo Stato dell’Unione pronunciato da Donald Trump il 4 Febbraio. Quell’evento è significativo anche perché l’annuncio della sua presenza ha rappresentato uno dei pochi momenti bipartisan della serata, dato che anche molti membri del Partito Democratico – con in testa la Speaker Nancy Pelosi – si sono alzati in piedi per applaudirlo. Inoltre, in queste settimane Guaidò ha anche incontrato personalità di spicco come Emmanuel Macron, Boris Johnson e Josep Borrell.
Se lo scontro politico è ancora incerto e aperto ad ogni soluzione, la situazione vissuta ogni giorno dalla popolazione è purtroppo molto più definita. Le statistiche, da questo punto di vista, sono chiare, e delineano un quadro fatto di considerevole povertà e di un alto livello di criminalità. Inoltre, continuano le denunce riguardanti sparizioni di persone che sarebbero motivate da ragioni politiche. Una delle conseguenze più significative di tutta questa serie di problematiche è rappresentata dall’elevata – e sempre crescente – emigrazione.
Secondo lo IOM (International Organization for Migration),sono tre milioni i venezuelani che hanno lasciato il paese, diretti soprattuto in Colombia, Argentina e, in misura minore, Ecuador, Perù, Cile, Panama e Costa Rica. In tutta l’America meridionale sono oltre mezzo milione i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini venezuelani. Pochi sono riusciti a raggiungere gli Stati Uniti prima della stretta del governo Trump, mentre è in crescita l’ammontare degli ingressi in europa: stando ai numeri dello IOM, si sono avuti quasi 49mila ingressi nel 2015 e quasi 50mila nel 2017.
I paesi limitrofi dell’America Latina, però, stanno implementando regole sempre più severe per limitare l’ingresso delle persone in fuga dal Venezuela. La ragione di questa stretta va ricercata nell’alto numero di persone accolte negli ultimi anni da stati che – come Colombia, Ecuador e Perù – devono già affrontare situazioni politiche ed economiche complesse e, per di più, non dispongono delle risorse sufficienti al sostentamento di un’immigrazione di tal portata. Inoltre, all’interno di questi paesi non va sottovalutata la tensione che si sta creando, in alcuni casi, tra i migranti venezuelani e la popolazione locale.
Quella che emerge da quest’analisi, dunque, è una situazione complessa sotto molteplici punti di vista, da quello politico a quello sociale. Di fronte a questo scenario, è difficile ipotizzare una rapida soluzione di queste problematiche, con il rischio – dunque – di peggiorare ulteriormente le condizioni di vita della popolazione e, per di più, di creare un effetto a catena in grado di destabilizzare l’intera regione.
Articolo a cura di Chiara Micheli