Le Ragioni del No, Speciale Referendum

Le Ragioni del No, Speciale Referendum

Per il referendum sul taglio dei parlamentari GlobeTrotter pubblicherà una serie di articoli: l’obiettivo è esporre le ragioni del si e del no, coinvolgendo i membri della nostra redazione. Attraverso il nostro giornale, interamente gestito da studenti e diretto da Paola Nardella, vogliamo sviluppare e alimentare un dibattito, su questo tema così delicato, all’insegna del pluralismo ideologico, che da sempre caratterizza le nostre pubblicazioni, e della libertà individuale di ogni singolo redattore di esprimersi su tematiche cruciali per la vita sociale e politica del Paese. Vi lascio all’editoriale firmato da Lucia Lazzarini, membro della nostra redazione, che difende e sostiene le Ragioni del No. Buona lettura!

Michelangelo Mecchia, membro del Direttivo

LE RAGIONI DEL NO, DI LUCIA LAZZARINI

La riforma costituzionale che prevede il taglio di 345 parlamentari, è l’argomento più dibattuto in questi giorni, essendo una questione di fondamentale importanza. Il 20 e il 21 settembre siamo chiamati alle urne per decidere la sorte del numero dei nostri rappresentanti politici alle due camere. Questo referendum costituzionale, quarto nella storia della repubblica, ha origine dalla modifica degli articoli 56, 57 e 59 che il governo giallo-rosso ha approvato l’anno scorso. Dopo una trattativa parlamentare lunga ed estremamente complessa il progetto è giunto in Senato e, considerando l’importanza della riforma, 64 senatori hanno legittimamente richiesto di indire un referendum popolare. Una prima data era stata fissata per il 29 Marzo 2020, ma l’epidemia da covid19 ha chiaramente forzato il rinvio.

Con la volontà di spiegare le ragioni delle proprie posizioni e di influenzare così l’elettorato, esponenti di diversi partiti hanno rilasciato svariate dichiarazioni: ad un estremo dello spettro si collocano leader come Di Maio, che difendono con forza il “sì”. “Votare sì è un’opera di modernizzazione del Paese, un primo passo. Portiamo l’Italia a livello europeo e risparmiamo anche 300mila euro al giorno.” La Bonino, fondatrice di +Europa (l’unico partito che si è schierato apertamente e sin da subito a favore del No) dichiara che “Il mio No è contro una legge fondata sul disprezzo del Parlamento e della funzione parlamentare: la mutilazione della rappresentanza democratica non è una riforma.”. A prescindere però dall’appartenenza politica di ognuno, la questione si dimostra apartitica quando diventa chiaro che l’esito del referendum lascerebbe un segno indelebile nel futuro della Repubblica e, quindi, nel nostro.

Emma Bonino, fondatrice di +Europa

Il primo dato significativo da considerare prima di decidere cosa votare è in che misura la nostra rappresentanza in Parlamento sarà tagliata. Con il dimezzamento dei numeri, si corre il rischio di rappresentare in modo poco adeguato le minoranze, termine da interpretare con un duplice significato :

– minoranze linguistiche. Alle regioni con una forte eterogeneità culturale verrebbe preclusa la possibilità di eleggere anche un solo portavoce dei gruppi etnici minori, violando, quindi, la tutela riconosciuta loro dalla stessa Costituzione (art 6);

– minoranze di pensiero. Ai partiti considerati minori non sarebbe consentito l’accesso alle Camere, erodendo quindi il principio stesso della democrazie rappresentativa. Adottando il linguaggio di chi sostiene la riforma, è vero che la “casta dei politici corrotti” subirà il taglio, ma così facendo si rafforzerà quell’ “attaccamento alle poltrone” che, nel corso degli anni, ha generato nei cittadini un clima di assoluta sfiducia nelle Istituzioni.

Il secondo dato da tenere presente è il peso che il nostro voto, il voto di ogni singolo cittadino, avrà nel Parlamento. Con meno persone a prendere decisioni è evidente che il potere legislativo sarà gestito da meno mani, aumentando ancora di più la difficoltà a entrare a far parte, ed eventualmente cambiare, un sistema che non piace.

Alcuni si chiederanno come vanno le cose nel resto d’Europa e a tal proposito il grafico preso da Money.it ci aiuta.

Questo infatti rende in maniera chiara le dimensioni dei vari parlamenti, dove il nostro troneggia al terzo posto. Tutto ciò non è un caso se consideriamo che l’Italia è uno dei paesi più popolosi d’Europa (www.travel365.it). Però dire che, se il sì dovesse vincere, avremmo comunque una posizione ‘alta’ come numero di deputati rispetto agli paesi Europei è fuorviante. Quello di cui davvero si deve tenere conto è la proporzione tra politici e abitanti. Facendo quel calcolo, emerge come il taglio ci farebbe slittare a uno degli ultimi posti. (Il Sole 24 Ore ha, a tal proposito un grafico chiaro e diretto(https://www.ilsole24ore.com/art/con-taglio-parlamentari-italia-quinta-nell-ue-deputati-e-quarta-senatori-ACl4jDq?refresh_ce=1)

Il fronte del sì annovera comunque una serie di ragioni e motivazioni che spingono molte persone a propendere per barrare quella casella il 20 settembre.

Luigi Di Maio, ex capo politico del M5S

In primis sventola la bandiera del risparmio, stimato a circa 81,6milioni di euro annui (stima di Pagella Politica), in altri termini un irrisorio 0,007% della spesa pubblica annua dello Stato. Volendo però quantificare tale numero come un dato a noi più accessibile, si può pensare che il risparmio dovuto al taglio di ben 230 deputati (da 630 a 400) e 115 senatori (da 315 a 200) è 1€ a cittadino. Appare evidente, quindi, che non sarà di certo il denaro risparmiato da questa manovra a rimpinguare le tasche dello Stato e dei cittadini italiani, potendo invece operare dei tagli su altre spese superflue.

Successivamente, si sostiene a gran voce che la riforma avrà come conseguenza uno snellimento dei tempi decisionali, poiché, con meno persone da mettere d’accordo, ci si illude che ci possa essere una riduzione dei tempi nell’approvazione di una legge. Pura utopia se si considera il bicameralismo perfetto del nostro sistema, che vanificherebbe l’eventuale accelerazione dei tempi legislativi proposta dal taglio. Un iter più rapido è sicuramente ottenibile, ma dipende dalle procedure che regolano il Parlamento e non dal numero dei parlamentari.

L’ultimo cavallo di battaglia, ma non per importanza, sarebbe accontentare il desiderio dell’elettore medio che vede il taglio dei parlamentari come giusta punizione per chi scalda la poltrona. Soffermandosi un attimo, si giungerebbe alla conclusione ovvia che tagliare alla cieca il numero dei parlamentari non garantisce un’epurazione, di nuovo, “dei politici corrotti” e che, in fin dei conti, è il nostro voto che influenza la composizione delle camere. Il peso del voto, poi, dipende dal sistema elettorale, ma non è questo l’oggetto del referendum.

‘La casta. Così i politici italiani sono diventati intoccabili’ è un libro-inchiesta uscito il 2 maggio 2007 e scritto da Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, due giornalisti del Corriere della Sera. Vendute circa 1,2 milioni di copie

Alla fine dei giochi, sapremo tra poco cosa pensano gli italiani. Probabilmente neanche tutti, dato che l’affluenza alle urne è calata drasticamente con l’incedere degli anni. In ogni caso, la voglia di cambiamento che spinge molti a propendere per il “sì” è una potente arma a doppio taglio. Il lato emotivo reso prorompente da una situazione di instabilità può spingere così a prendere decisioni istintive che non corrispondono alla soluzione dei nostri problemi. Quando invece la volontà di cambiamento è fonte di motivazione trasforma parole in azioni, idee in realtà. Per questo l’ideale sarebbe non lasciarsi abbindolare da riforme sensazionalistiche che, come specchietti per le allodole, colpiscono le pance più che le menti.

Se il sistema è sbagliato, va cambiato. Cambiato però coi giusti strumenti e nei punti opportuni. Comprendendo le storture e conoscendo le soluzioni si può chiedere di adottare dei rimedi specifici, senza essere presi in giro. Qual è il modo migliore per farlo? Votare.

Articolo a cura di Lucia Lazzarini

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