L’aria che respiriamo non è condizionata soltanto da correnti fredde e calde, da venti di terra e di mare, da aspettative speranzose o previsioni ambiziose. C’è qualcosa di più. Scavando a fondo, è possibile percepire un clima universale, al di sopra del quale si instaurano i rapporti interpersonali, ancor prima di quelli civili,istituzionali, economici. Mi riferisco al clima di fiducia.
Il foedus è stata la prima trave della passerella che tutt’ora congiunge il cammino umanitario verso l’intesa collettiva. Il suo raggiungimento è tutt’altro che assicurato, ma la propulsione alla ricerca di una conformità ideologica fra soggetto pensante e realtà circostante, è un tratto tanto recondito quanto diffuso. Qual è il fondamento del rapporto con l’alterità?
Prescindendo dalle singole inquadrature di risposta al seguente quesito, è arduo mancare all’appuntamento con la decifrazione delle altrui intenzioni. Sì, faccio esattamente riferimento a quel meccanismo di reazione-azione che evoca in noi un disperato anelito di reciprocità, oltre ad aizzare una barriera di aspettative. Starei forse insinuando che non ci muoveremmo neanche di un passo in avanti, senza la certezza di essere venuti incontro dall’altra direzione? In maniera più assoluta non è così ma, senza dubbio, credere mutuamente di intendersi, ancor più che manifestarlo in via esplicita, incentiva l’istaurazione di un legame pressoché stabile.
Dipingere una sensazione, è di per sé una sfida a coglierne l’evoluzione; a maggior ragione, se taluna è considerata il caposaldo dell’interconnessione personale. Per intenderci meglio, diamo spazio e tempo a ciò che sto dicendo… La fiducia si interfaccia in svariati contesti, il più macchinoso dei quali appare quello unidimensionale, nel quale si struttura la percezione che l’individuo ha di sé stesso, nonché delle sue capacità distintive, che potenzia in funzione dell’utilità sociale. Il che ci riporta nella seconda dimensione della fiducia: la bidimensionalità, tangibile nel costante bisogno di avvicinamento e approvazione da parte dell’altro, di creazione di vincoli emotivi, oltre che meramente utilitaristici. Ampliando su larga scala quest’ultima visione, giungiamo nella “giungla delle autostime”: la famigerata pluridimensionalità, in cui l’io fiducioso si scontra con l’altro timoroso, in un contesto istituzionale mediato da enti finalizzati alla promozione generalizzata di garanzie. Fra questi, la fattispecie per antonomasia è incarnata dalle società fiduciarie, attraverso le quali un soggetto giuridico può conferire l’amministrazione di propri beni e servizi ad un fiduciario, che ne assume la tutela e la promozione redditizia- mostrando di avere paradossalmente più fiducia nei confronti del fiduciario che in sé!
Ecco apparire l’altra faccia della medaglia: quella più strumentalizzata, appetitosa, che tramuta i rapporti fiduciari in scarni risultati di calcolo costi/opportunità. Convenienza tante volte generata da condizioni di partenza inique, di cui le parti fiducianti sono per giunta a conoscenza! Allora perché stringere ugualmente patti? Cosa ci ispira fiducia oggi? O meglio, chi ci ispira fiducia – ammesso che vi sia? A questi interrogativi corrisponde la costruzione del clima di fiducia, il quale condiziona le scelte di ogni campo d’azione quotidiana: a partire dall’amica con cui siamo soliti confidarci, per finire ai soliti prodotti da cucina, che da anni è possibile trovare nelle nostre abitazioni. Tutto ci rimanda all’innata vulnerabilità dell’essere umano alle oscillazioni, positive o avverse che siano, di cui siamo in grado di percepire la prossimità. A sua volta, il clima di fiducia è condizionato dallefluttuazioni di tante altre variabili: storiche, paesaggistiche, economiche, interazionali, tecnologiche, che possono osservarsi attraverso il monitoraggio di modelli comportamentali e psicoattitudinali, concentrati o diffusi che siano.
A tal proposito, l’indagine campionaria svolta dall’ISTAT su alcuni individui over14, circa il grado di fiducia interpersonale, per ciascuna regione, nel biennio 2018-2019, ha registrato un leggero incremento nazionale nel numero di coloro che concedono la fiducia al prossimo. Tuttavia, l’ammontare (in base 100) di individui rigorosamente sull’attenti rimane attorno a quota 74, con elevata concentrazione di sfiducia nelle isole, in particolare in Sicilia. La categoria secondo cui gran parte della gente sarebbe, invece, degna di fiducia ha trovato i suoi maggiori sostenitori nelle regioni del nord-ovest. Dunque, se poco più del 30% dei valdostani intervistati s’è detto disposto a concedere fiducia al prossimo, è un caso di pura filantropia o di localizzazione geografica interessata da frequenti sbuffi di vento alpino, che spazzano via la dubbiosità dei rapporti umani? Dalla dicotomica questione, sottoposta agli intervistati, aventi tutte le stesse caratteristiche, è evidente la singolarità che contraddistingue i rapporti di fiducia odierni, primo tassello del grande puzzle ideologico-culturale che figura l’assetto sociale in tutte le sue stratificazioni. Facendo riferimento alla sfera bidimensionale in cui operano i rapporti di fiducia, va evidenziato il carattere condizionale che rallenta, se non blocca, il processo decisionale di trasmissione/acquisizione di fiducia.
In altri termini, gli individui-come abbiamo già ricordato- sono intrinsecamente alla ricerca di reciprocità, la cui assenza innesca l’adozione di strategie difensive volte all’autotutela. “Occhio per occhio, dente per dente” è l’enunciato che meglio riassume lo schema ipergarantista che sorregge gli odierni rapporti interpersonali, minati non solo dall’impetuoso stravolgimento tecnologico-valoriale in atto nell’ultimo ventennio, ma da una sempre più marcata freddezza nei rapporti con l’altro, dal quale si scappa piuttosto che cercare un’intesa, di cui eccessivamente si teme l’inganno, si invidia il sacco, si augura l’affanno. Fiducia potrai, tu, tenere uniti i corpi che tale rivoluzione fisico-materiale distanzia sempre di più? Fiducia (perché no) reinventata, stringici ancora!
Articolo a cura di Alessia Iervolino
” Io mi fido di te
Ehi mi fido ti te
Cosa sei disposto a perdere”.
Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti e Riccardo Onori