Corre poco più di un secolo fra la corrente crisi pandemica legata al corona virus, Covid-19, e la tristemente nota influenza spagnola.
Le similitudini fra ieri ed oggi si sprecano e non mancano di sorprendere chi, armato di curiosità, scopre nel passato politiche sanitarie, procedimenti, timori e paure del presente. Molte nazioni imposero limiti allo scambio di merci come al movimento di esseri umani e disposero chiusure di servizi non essenziali, scuole, mostre d’arte e chiusura anticipata per quelle che si direbbero oggi attività commerciali.
Come oggi, il virus correva veloce – “sembra volare col vento” commenta un anonimo – anche perché le occasioni di “assembramento” non mancavano ed erano forse ben più massicce.
Pur essendo la ratio sottostante radicalmente opposta v’è una differenza quantitativa notevole fra una discoteca e una trincea, dove il morbo flagellava fisici già indeboliti e provati.
La Spagnola si chiama così perché la stampa spagnola, non sottoposta a censura come le altre potenze europee in guerra, poté parlarne e scriverne, legando accidentalmente la malattia, la cui reale origine resta sconosciuta, alla penisola iberica.
Ospedali da campo, mascherine di stoffa, panno e sciarpe e quarantena… la Spagnola rischiò di far saltare anche il Natale del 1918. I calcoli, di nuovo, sono estremamente familiari: lasciar celebrare la festività natalizie e rischiare un’impennata di contagi o lasciare la possibilità alla popolazione di riunirsi in un momento cruciale per la vita sociale di molte comunità.
Una precisazione geografica è tuttavia necessaria, la Spagnola ebbe effetti molto diversi nelle diverse nazioni europee e del mondo. Il caso a cui si fa riferimento è quello americano, particolarmente ben documentato rispetto alle controparti del vecchio mondo, dove spesso la malattia veniva fraintesa come tifo o, come già ricordato, nascosta dalla propaganda di guerra.
Il panorama degli Stati Uniti, colpiti duramente nel 1918 come nel 2020, offre una storia dal retrogusto quasi disneyano, dato che in alcune comunità del Mid-West, soggette a restrizioni sanitarie da diverse settimane, le autorità locali permisero la celebrazione del Natale senza che questo portasse ad aumenti sensibili nei contagi nelle comunità interessate.
Questo avvenimento, connesso probabilmente al miglioramento del trattamento della polmonite legata alla Spagnola o ad un possibile mutamento del virus verso forme più miti, si colorò prevedibilmente di tonalità miracolose.
Questo chiaramente non può essere di ispirazione per le decisioni del presente, ma solo un piacevole aneddoto storico, una curiosità su come, anche in tempi recentissimi, il mondo abbia assistito a Natali strani, diversi dal solito ed abbia saputo resistere e recuperare.
Il “miracolo” delle contee interessate non impedì alla Spagnola di infuriare per altri due anni e continuare a mietere vittime.
Qui si apre, però, una grande, grandissima differenza, sulla cui nota positiva è bene concludere. Il mondo del 1918 poteva solo immaginare l’avanzamento tecnologico odierno che promette un vaccino in tempi da record, una possibilità che non ha precedenti nella storia del genere umano.
I tempi sono scuri, è innegabile che questo Natale sarà un momento arduo per famiglie divise e persone emarginate. La prospettiva, la proverbiale luce in fondo alla galleria, è tuttavia, pur se ancora lontana, in vista.
Articolo a cura di Francesco Montone