Non consumo quindi sono

Non consumo quindi sono

Caro lettore, 

chiunque tu sia. Mi presento: sono un consumatore pentito. E vorrei raccontarti la mia storia. Cominciamo dal principio. Sono sempre stato un amante del Natale. Fin da bambino aspettavo con ansia che la città si riempisse di luci ed addobbi e che nei negozi si iniziassero a sentire quelle canzoni stucchevoli che a me piacevano tanto. Sarà che per me il Natale ha sempre significato riunione, appuntamento, ritrovarsi tutti insieme in uno stesso luogo, allo stesso momento. La mia famiglia allargata e sgangherata viveva sparsa per tutta Italia ed il Natale era l’unica occasione per far tornare tutti a casa. E c’erano proprio tutti, e quanto mi piaceva. Da bambino entusiasta del Natale sono diventato un adulto organizzato ed amante dalle festività natalizie. Sono sempre stato preciso, costante, attento. Ho trasformato la gioia di avere tutta la famiglia presente nell’ossessione di pianificare il Natale in ogni dettaglio. La casa, il cenone, i regali, i giochi, la musica. Tutto organizzato mesi prima. Ma l’anno scorso è successo qualcosa di diverso.

È il 15 novembre e io noto con eccitazione che alcuni negozi hanno iniziato ad illuminarsi e i supermercati si sono già riempiti di prodotti tipici natalizi. “Che la festa abbia inizio”, penso tra me e me. Mi dirigo subito nel centro commerciale più grande della città. Sto camminando lungo le vetrine quando un senso di confusione mi assale. Ad un tratto mi sento spaesato, angosciato. Perché sono qui? Giro tra gli scaffali come in un sogno ad occhi aperti. Non ricordo più cosa devo fare, o, meglio, acquistare. Mi spavento, torno indietro. Entro in macchina e corro a casa, scosso ed incapace di comprendere cosa mi stesse succedendo. Il giorno dopo ci riprovo. Preparo la mia lista degli acquisti, riempio il portafoglio. Sono carico e pronto ad affrontare la giornata, dimenticando il brutto momento del giorno prima. Entro nel mio supermercato preferito. Non faccio nemmeno in tempo ad arrivare in fondo alla corsia che la sensazione si ripresenta. Vuoto, angoscia, spaesamento. Osservo la mia lista degli acquisti e mi sento soffocare. Ho bisogno d’aria: esco fuori e mi siedo sulla prima panchina che trovo. Accanto a me un cane mi osserva con uno sguardo triste e malinconico, aspettando che i padroni tornino a recuperarlo. Mi guardo intorno. Mi sento confuso. Che mi succede? Dov’è finito il mio entusiasmo? Non capisco, non capisco davvero. Mi sento solo incredibilmente perso.

Nei giorni successivi, mi sono dovuto fermare. Dovevo a me stesso almeno la possibilità di capire cosa mi fosse successo. Ho ascoltato il mio corpo e ho lottato contro quel senso di vuoto. Lo sentivo presente dentro di me, e non desideravo altro che sconfiggerlo, allontanarlo, metterlo a tacere. Ma poi ho capito. Non era il vuoto il problema, ero io. Il problema era il mio tentativo disperato di riempire quel vuoto con tutto ciò che potessi comprare. Era il mio non ascoltarmi più, ma andare in automatico, senza pensare al perché di quello che stavo facendo, senza pensare a me, senza pensare agli altri. Senza pensare. Ero diventato un consumatore. Ero uno di quelli che compra senza scegliere di farlo. Comprare come obbligo interiore, come rito individuale e collettivo che vuole esorcizzare il vuoto ma il vuoto, si sa, rimane lì. Ho ripensato spesso a quel giorno al centro commerciale. Ricordo che le persone mi sembravano degli zombie che si muovevano con passo mesto verso gli scaffali. Ed il Natale una finta recita di cui non volevo più fare parte. O perlomeno: non così.

Caro lettore, se mai se arrivato a leggere fin qui, adesso ti chiederai: perché scrivi queste cose? Vuoi forse farmi la morale? Ecco, ti assicuro che non è questo il mio obiettivo. Il motivo per cui ti racconto queste cose è per condividere la mia esperienza, nell’ingenua convinzione che questa storia possa essere utile a qualcuno che, come me, si è perso. Perché io mi ero perso, e avevo perso il senso, qualunque esso sia. Lo avevo perso tra gli scaffali del supermercato e nelle file senza fine, nelle folle senza volto e nei regali senza nome. Lo avevo perso negli obblighi sociali ed interiori, nelle convenzioni aride e vuote, nell’ipocrisia di alcuni gesti. Mi piace pensare di averlo ritrovato da qualche parte, lontano dal consumismo e vicino a quello che desidero veramente fare. Mi piace pensare di poter fare amicizia con quel vuoto e guardarlo più da vicino, senza paura, come fanno i cani quando ti osservano intensamente. Caro lettore, ti faccio i miei sinceri auguri di Buon Natale. Dal profondo del mio cuore: è tutto ciò che posso offrirti.

Con affetto,
Un consumatore pentito

Articolo a cura di Marianna Marzano

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