Pasta al pomodoro e Silicon Valley: quando la Valle della Morte sazia.

Pasta al pomodoro e Silicon Valley: quando la Valle della Morte sazia.

Poco tempo fa mi sono imbattuto in un libro (The Rainforest) che spiegava perché tutti sanno quali sono gli ingredienti dello strepitoso successo della Silicon Valley ma nessuno riesce a replicarlo altrove. In parole spicce, per fare una pasta al pomodoro non basta prendere una pentola e svuotarci dentro un pacco di pasta, della passata di pomodoro, un po’ di aglio, un filo di olio, una fogliolina di basilico e per finire un pizzico di sale. C’è una ricetta dietro questo semplice piatto, che va seguita attentamente. Ecco, per replicare la Silicon Valley non basta costruire incubatori, acceleratori, fondi di VC e spazi di coworking, solo per citare alcuni degli ingredienti. Bisogna utilizzare la giusta ricetta, che sta alla base dell’ecosistema imprenditoriale che tanto cerchiamo di imitare.

La Valle è permeata da due valori che risalgono all’età della corsa all’oro e che costituiscono la famosa ricetta: cooperazione e fiducia. La corsa all’oro fu caratterizzata da grandi carovane che dalla sponda Est degli States migravano ad Ovest. In un tale contesto se non ci si fidava  e non si cooperava con individui perfettamente sconosciuti,  probabilmente ci si sarebbe trovati anzitempo sul battello di Caronte passando a miglior vita.

Oggi i due suddetti valori permeano il panorama imprenditoriale circostante Palo Alto. Gli startuppers che non cooperano e che non si fidano gli uni degli altri, sono destinati al fallimento quando tenteranno di attraversare la chimerica Valle della Morte. Il principio base è: Go Big Together or Die Alone. Per questo quando penso alla Death Valley, tendo ad immaginarmi scenari diversi a seconda dell’ecosistema che prendiamo in considerazione.

Pianura desertica e assolata. Sole ustionante,sporadici cactus e mancanza d’acqua. Possibilità di sopravvivenza minime. Così immagino la Valley italiana. Alla base manca una cultura cooperativa e disinteressata che fa si che lo startupper si trovi nel deserto da solo e senza viveri. Viveri che ideologicamente sono rappresentati dagli aiuti finanziari dell’ecosistema. In Italia infatti, troviamo un altissimo tasso di investimenti Seed fatti da membri facenti parte di una delle categorie delle tre F (Family, Friends and Fools) o investitori istituzionali. Questi “viveri” sono sufficienti per arrivare all’ingresso della Death Valley dopodiché, a causa dell’alto rischio di fallimento, molti investitori fanno dietrofront proprio nel momento del bisogno esenza rimpinguare la sacca dei viveri. In altre parole si finanziano molte iniziative ma si spende poco su ognuna di esse. Aggiungiamo tutto ciò al fatto che l’ecosistema è di tipo non collaborativo ed ecco che i nostri startuppers “muoiono” soli e affamati sotto il sole cocente.

Al contrario, la Death Valley americana me la immagino come una sorta di Jungla. Da una parte ricca di acqua e viveri (ingenti investimenti di VCs e Angels), dall’altra piena di animali pericolosi ed insidie mortali. In questo caso, vale il concetto de “l’unione fa la forza” e l’unico modo per attraversare la Valle è farlo in gruppo in modo da proteggersi e trasmettersi conoscenze preziose. Nella Silicon, ci si aiuta senza voler niente in cambio e i vari imprenditori si scambiano favori sapendo già che qualcuno in futuro li aiuterà. Aiuta quando puoi e sarai aiutato quando ne avrai bisogno. Questo è il comandamento numero uno alla base della collaborazione disinteressata Made in USA. La ricetta segreta della Silicon Valley dunque, é più di tipo culturale che strutturale e gli startuppers, se destinati a morire, per lo meno lo faranno a stomaco pieno perché gli chef americani almeno la pasta al pomodoro hanno imparato a farla.

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