Il materialismo culturale ha un effetto contingente anche sulla percezione soggettiva e personale dell’altro. Secondo quello che ho già precedentemente definito come il processo di cosatività, vale a dire la scelta della non realizzazione in favore della finitudine, l’individuo contemporaneo attribuisce la centralità del pensiero alla sua apparenza, piuttosto che alla sua essenza. Di conseguenza, questa mis-percezione sociale finisce per danneggiare anche la marea di corpi attorno al quale l’essere – in quanto tale e immanente – si ritrova coinvolto e diventa attivo, inverandosi e iniziando a creare legami interculturali specifici. Tuttavia, ciò che permette che questi legami rimangano saldamente allineati in un’immaginaria catena di legami, è la percezione dell’individuo centrale alla rete, rispetto alle arterie secondarie. Nessun individuo può realmente instaurare una serie di connessioni stabili senza affievolire la sua centralità. Indi per cui, esso è costretto ad attraversare una fase di sdoppiamento sociale e personale che ben riflette l’idea di Erving Goffman, secondo cui esiste un momento on-stage ed uno back-stage. Nel primo caso, l’individuo adotterà una maschera sociale a seconda della convenienza specifica di interloquire e successivamente stabilizzare il rapporto, con un nuovo anello della catena di legami. Indubbiamente però, questo sarà a discapito degli altri elementi posizionati sulla stessa. Maggiore è la quantità di individui a cui il centro è connesso, in modo più o meno diretto, e maggiore sarà l’affievolimento della concretezza relazionale tra il centro e il periferico.
Anche Ronald Burt ha approfondito la questione del network conoscitivo, difendendo l’idea dell’importanza della centralità ed enfatizzandone la strategica posizione rispetto all’esterno del cerchio. Tuttavia, ciò che Burt ha sottostimato è l’apporto che un individuo centrale, possa realmente far ricadere in ognuna delle posizioni esterne. Di fatti, dovendo mantenere la stessa caratura dimensionale e sociale in ognuna delle ramificazioni, risulta altamente più rischioso e controproducente dover occupare una posizione mediana rispetto ad una laterale. Come può, dunque, la rete dei rapporti crescere, senza che questa diventi la rete della superficialità? Nuovamente, sarebbe bene limitare, al numero minimo, del massimo spazio disponibile nella catena di legami in possesso di ogni individuo sin dalla nascita, la rete di conoscenze e relazioni intersoggettive sviluppate nel corso di un’esistenza. Questo consentirebbe ad ognuno dei singoli elementi di godere di un tasso più elevato di attenzione e di rimanere equidistanti dal centro. Allo stesso tempo, il centro, potrebbe spezzare i legami sociali ogniqualvolta sentisse il bisogno di introdurne di nuovi; potendosi concentrare solo su quelli che ha tempo di coltivare piuttosto che su tutti quelli non coltivabili. In particolare, la questione della catena di legami è orientata verso il dominio socio-culturale. Se la figura centrale gode di potere sconfinato verso gli elementi periferici, esso potrà accrescere il suo potere senza dovere garantire una qualunque soglia di accettabilità dei rapporti sociali. Questo perché il centro è il fulcro del potere, mentre il periferico indica la sottomissione al potere.
In realtà, nella difficile catena di relazioni sociali, nel momento in cui entriamo in contatto con un parlante, siamo obbligati a seguire delle regole per far fluire la conversazione (così studiato da Schegloff and Sacks). Altresì, queste regole impattano sulla rete relazionale qualora vi sia una attrazione di potere dal centro. Ecco, dunque, che una conversazione tra capo e dipendente, pur seguendo le regole di legame, avrà un potere simbolico più forte rispetto alla conversazione tra il capo e la moglie. Questo simbolismo sociale, trasforma le catene di legami in centri di dimensione sociale, in cui non è più rilevante il numero di relazioni costruite, ma quanto il potere simbolico di queste sia mantenuto in maniera eccellente dal giocatore che occupa il centro. Se questo, nell’alternarsi tra i vari ruoli attributi, riesce a rendere questo potere non evidente, mantenendo intatto il legame individuale, allo stesso tempo l’effetto distruttivo della sovra numerazione di conoscenze, sarà dilatato.
Tornando a Burt, quindi, la centralità, nel legame, diventa sinonimo di fatica e dispendio, piuttosto che di valore e aspirazione. Ad ogni modo, il punto chiave della dissertazione di legame, proposta in questo articolo, e di far capire come, con la solidificazione del potere, socio-simbolico, esercitato dalle relazioni, e facilmente intercambiabile da un cerchio all’altro della catena, abbia come risultato la materializzazione del soggetto e del suo network conoscitivo. Se da un lato, socialmente parlando, l’individuo che gode di maggiore centralità e di maggiori legami, acquisisce anche maggiore potere, d’altra parte, la sua potenza simbolica diminuisce dovendo ridurre la disponibilità per ognuno dei suoi conoscenti, e dovendo aumentare il distacco emotivo con cui interfacciarsi ad essi.
L’idea che la nostra mente, divida e raggruppi vari contenuti semantici è stata portata avanti dalla sociologia della Rutgers’ School. Personalmente, tendo ad estendere questa divisione anche alla catena di legami. L’individuo centrale, pur dovendo mantenere una distanza variabile da ognuno dei punti ad esso collegati, avrà la capacità di creare dei sottogruppi relazionali che contengano varianti simili ed elementi ricorrenti, in modo da poter esercitare in egual misura sempre la stessa potenza simbolica. Per risolvere questo problema, sarebbe sufficiente ritornare al principio della catena e capire, da quali legami si sono evoluti i successivi, in modo da poter, intellettualmente, ma soprattutto concretamente, interrompere l’afflusso di socio-simbolismo e da poter congiuntamente rafforzare gli anelli periferici, una volta adiacenti al centro. Al fine di raggiungere questo scopo, è però indiscutibile la necessità di abbandonare la materialità di legame, per riscoprire l’autenticità del legame, che impendendo il compimento del processo di cosatività, realizza scientemente anche la necessità di una catena di relazioni che garantisca stabilità all’individuo che la governa.
A cura di Nicola Ragazzi