Quello che è stato
Il 9 marzo 2020, anche se forse molti di noi non se ne sono resi pienamente conto, è una data che sarà ricordata negli anni a venire e nei manuali scolastici. Il motivo è, peraltro, abbastanza semplice: quel giorno, il Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte ha annunciato l’emanazione del decreto contenente le misure più restrittive nella storia della Repubblica. Cercando di analizzare gli eventi recenti con mente lucida e razionale, il primo elemento che emerge è la rapidità con la quale questa situazione si è evoluta. D’altronde, era poco più di due settimane fa che i giornali hanno riportato le prime notizie su un focolaio di Coronavirus in Lombardia, nella zona di Lodi (in particolare nella oramai nota Codogno). Per di più, sono passati ancora meno giorni da quando i giornali e gli attori istituzionali – dopo un’iniziale narrazione molto allarmata e spaventata – avevano cercato di abbassare i toni, con la speranza che la situazione tornasse alla normalità. La distanza temporale tra gli hashtag #MilanoNonSiFerma e #RestiamoACasa è molto ridotta, eppure sembra che siano stati concepiti in due momenti sostanzialmente agli antipodi.
La situazione, dunque, si è aggravata considerevolmente negli ultimi giorni. Questo ha spinto il governo (e il consiglio dei tecnici che fornisce assistenza alle nostre istituzioni) a prendere una misura drastica, che alcuni definirebbero quasi draconiana: tutta l’Italia è diventata zona rossa. Le regole che erano state fissate per le province più colpite dal contagio sono ora valide in tutta la nostra Penisola.
In questa sede non troverete valutazioni sull’operato del governo, in primo luogo perché la nostra redazione non è composta da specialisti nell’analisi delle public policies e, tantomeno, da affermati virologi. Certo, ognuno ha le proprie idee e, se ben pensate e ragionate, è giusto che le esprima, anche se contengono giudizi negativi sull’operato istituzionale. Semplicemente, riteniamo che questa non sia la sede adatta per un’operazione di questo tipo.
L’articolo, dunque, si divide sostanzialmente in due parti: la prima, che quella che state leggendo ora, è una piccola riflessione sugli eventi e il contesto che hanno portato alla conferenza stampa svoltasi, in data 9 marzo, alle ore 21.30. La seconda parte, invece, si concentra sul periodo successivo all’annuncio e sul ruolo che noi cittadini dobbiamo esercitare in un periodo così complesso.
Tornando alla conferenza stampa, le disposizioni sono oramai note alla maggior parte del pubblico: divieto di ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico; sospensione delle attività sportive; possibilità di uscire di casa soltanto nei casi previsti, vale a dire urgenze lavorative, motivi di salute, rientro nel proprio domicilio, acquisto di beni alimentari e altre questioni di una certa rilevanza. A partire dal 10 marzo, su tutto il territorio nazionale le forze dell’ordine effettueranno dei controlli per verificare che le persone abbiano una ragione valida per essere in giro. A questo proposito, sarà bene abituarsi – nelle prossime settimane – ai moduli dell’autocertificazione, tramite i quali è possibile spiegare il motivo per cui non si è in casa. In ogni caso, anche se non si dispone del modulo, esso potrà essere direttamente fornito dalle forze dell’ordine. È bene ricordare che, naturalmente, non si controlleranno tutte le autocertificazioni, ma dei controlli a campione verranno eseguiti, e dichiarare il falso in quei moduli costituisce fattispecie di reato.
È innegabile che, leggendo queste e le altre disposizioni dei decreti, il cittadino possa provare un senso di straniamento: del resto, come già ricordato, delle restrizioni di questo tipo – e, soprattutto, estese su tutto il territorio nazionale – non hanno precedenti nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale. Soprattutto, lo straniamento può essere causato dal fatto che, dopo i giorni d’iniziale preoccupazione, giornali di tutti i colori politici – per non parlare dei vari partiti – abbiano in vario modo fatto appelli affinché si ritornasse a fare aperitivo, a produrre, a consumare, a rimettere in moto la macchina produttiva del paese. Del resto, se solo qualche giorno fa si discuteva della possibilità di giocare Juve-Inter a porte aperte, è anche fisiologico che la popolazione sia colta alla sprovvista di fronte a misure così dure.
In queste righe, dunque, noi vorremmo lanciare due spunti di riflessione: il primo riguarda la comunicazione giornalistica e istituzionale, perché in momenti così seri sarebbe auspicale un registro comunicativo stabile, senza eccessi da una parte e dall’altre, e una certa coerenza narrativa. Leggere notizie contrastanti tra loro, ovviamente, crea confusione, ossia l’ultima delle cose che servirebbero in questi giorni.
Il secondo spunto, invece, è per noi cittadini. Queste vicende, infatti, devono insegnarci che non ci si può fermare a una lettura superficiale di un paio di notizie, ma bisogna seguire le vicende con serietà e attenzione, in modo da ponderare bene ogni nostra scelta. Che il Coronavirus non fosse solo un’influenza era ben chiaro già dalla fine di gennaio, come dimostrava la drammatica situazione cinese. Forse, se lo avessimo compreso già a quel tempo, e non un paio di giorni fa, avremmo avuto meno problemi a conformarci alle nuove direttive, perché le avremmo trovate logiche e normali.
Infine, l’ultima riflessione sarà dedicata alle scene che abbiamo visto nelle stazioni e nei supermercati: se siete tornati a casa dall’ex zona rossa, seguite le indicazioni dei vostri governatori, rispettate le regole, evitate di peggiorare ulteriormente il problema. Se, invece, siete tra quelli che ritengono sia una buona idea assaltare il Carrefour in piena notte, non fatelo. Non fatelo. Il supermercato sarà lì anche domani e avrà cibo e bevande sugli scaffali. Lo hanno detto i responsabili delle varie catene e lo hanno ribadito anche le istituzioni: i supermercati restano aperti e non avranno problemi a garantire l’approvvigionamento necessario. Comportiamoci bene, rispettiamo le regole, e insieme riusciremo a uscirne.
E quel che sarà
Siamo studenti, figli, fratelli, cittadini.
Parliamo in quanto italiani, in quanto connazionali, e per i più pragmatici, in quanto membri della stessa comunità.
Oggi la nostra Italia è in ginocchio, la quarantena è stata estesa a tutto il territorio nazionale.
Oggi siamo costretti a rinunciare ad un po’ della nostra libertà individuale, a sacrificarla in nome dell’utilità collettiva.
Dobbiamo accettare tutte le restrizioni e le limitazioni che il Covid-2019 ci impone, dobbiamo rimanere a casa; questo è l’appello lanciato dalla classe dirigente politica, scientifica e culturale alla società civile. Sta a noi agire di conseguenza. I nuovi diktat governativi scalfiscono la nostra libertà individuale, attraverso sanzioni e limitazioni, non la calpestano: l’esecutivo si affida al buonsenso della popolazione. Ed io sono fiero di vivere in una grande democrazia occidentale, dove il cittadino sviluppa un punto di vista critico, ha la possibilità di recepire un comando e valutarlo autonomamente. E oggi c’è solo una cosa da fare, esiste solo una reazione ragionevole alle richieste del governo. Lo chiediamo in quanto membri di una generazione che non è ancora autosufficiente, che deve essere tutelata e protetta, servono solidarietà nazionale e senso civico. Noi siamo innamorati della libertà, ma dobbiamo ignorare i nostri sentimenti, dobbiamo andare avanti. In Cina, il governo impone ai cittadini collaborazione e rispetto delle regole, attraverso la violenza e la sopraffazione militare; in Italia, il governo CHIEDE ai suoi cittadini collaborazione e rispetto delle regole (con le dovute imposizioni). Noi prenderemo questa decisione liberamente, il che mi rende fiero di essere italiano. Dobbiamo rimanere a casa, dobbiamo accogliere l’appello lanciato dal Presidente Conte, in quanto studenti, figli, fratelli e cittadini responsabili. Per travolgere gli ostacoli che si frappongono fra noi e la libertà.
Di Stefano Pasquali e Michelangelo Mecchia