CETA, l’Europa è brava a sfornare trattati?

CETA, l’Europa è brava a sfornare trattati?

All’Europa si possono rimproverare tante cose, dall’incapacità di superare la crisi economica e quella dei migranti alla cronica mancanza di unità politica ma una cosa la sa fare davvero bene. Lo fa praticamente dalla nascita: sforna trattati. Domenica 30 ottobre il premier canadese Justin Trudeau, i presidenti del Consiglio e della Commissione UE, Donald Tusk e Jean Claude Juncker, ed il premier slovacco Robert Fico, alla presidenza del Consiglio europeo, hanno firmato il CETA. Il trattato commerciale tra UE e Canada, è il primo tra l’UE e una delle grandi economie mondiali ed è il più vasto accordo commerciale bilaterale che sia mai stato negoziato fino ad oggi. Si prevede, infatti, che abbatterà il 98% delle barriere doganali esistenti tra i due partner.

Il CETA (comprehensive economic and trade agreement) è in pratica un documento lungo 1598 pagine volto a favorire il libero scambio tra le due macroregioni attraverso l’abbattimento delle barriere doganali e amministrative, la standardizzazione dei certificati necessari a garantire la qualità dei prodotti, la tutela del marchio di alcuni prodotti agricoli e alimentari tipici (il prosciutto di Parma, il prosciutto della Foresta nera, il formaggio Roquefor). Ma contiene anche altre disposizioni: la possibilità per le aziende europee di partecipare ad appalti pubblici in Canada e viceversa, il reciproco riconoscimento di titoli professionali e nuove regole per proteggere il diritto d’autore e i brevetti industriali. Nonostante tali ingenti misure, secondo le stime, la creazione di ricchezza sarà modesta. Si attende una crescita intorno allo 0,02% del Pil europeo mentre sarà il Canada a beneficiarne maggiormente con un aumento atteso del Pil dello 0,36%.

L’UE in virtù del suo grado di sviluppo economico e culturale ha da sempre adottato standard qualitativi particolarmente elevati rispetto a quelli dei suoi partner commerciali di conseguenza accordi cosi incisivi e ampi rischiano di trasformarsi in un gioco al ribasso sulla qualità dei prodotti ammessi nella comunità europea. Inoltre i critici di tale accordo denunciano che attraverso il CETA le multinazionali made in USA aggirano un accordo di libero scambio tra USA e UE, il TTIP, ancora in fase di negoziazione. L’economista americano Joseph Stiglitz contesta duramente il TTIP affermando che l’accordo lascia eccesiva libertà di azione alle corporations statunitensi poiché limita fortemente l’intervento normativo degli stati nazionali sui diritti dei lavoratori, sulla sicurezza e sul rispetto dell’ambiente.

Il meccanismo che mette in pericolo la sovranità degli stati coinvolti in questo tipo di accordi è l’ISDS (investors-state dispute settlement), inserito nelle clausole stabilisce che, in caso di controversie tra investitori stranieri e stato, entrambi i soggetti possano ricorrere ad un tribunale internazionale per risolverle, il CETA prevede l’ISDS e crea un tribunale ad hoc in tal senso. Vediamo come agisce l’ISDS: una volta entrato in vigore il CETA lo stato Italiano decide di modificare la normativa riguardante le emissioni consentite, azzerando la redditività di alcuni investimenti effettuati da un’azienda canadese in Italia. L’azienda in questione reagisce citando in giudizio lo stato Italiano che, se condannato, sarebbe costretto al risarcimento degli utili. Gli ISDS potrebbero, quindi, diventare uno strumento particolarmente efficace per difendere i profitti delle multinazionali a spese della collettività. Ma è anche vero che in assenza di un tribunale per redimere le controversie gli accordi si trasformerebbero in meri auspici: per creare valore economico è necessario ridurre il più possibile l’incertezza e un tribunale a cui poter ricorrere è sicuramente fonte di tutela e di sicurezza a vantaggio di entrambe le parti. Il nodo fondamentale sta negli accordi presi ma i negoziati sia del CETA che del TTIP sono segreti.

Il CETA non è ancora operativo, per entrare in vigore avrà bisogno della ratifica delle assemblee elettive di ogni stato membro. E’ comunque prevista l’applicazione provvisoria del trattato dopo l’approvazione del consiglio e del parlamento europeo in seduta plenaria. Il presidente della commissione, Jean Claude Juncker, si dice “cauto ma ottimista” in quanto il CETA è “l’accordo meno controverso che ci sia”. D’altro canto non sono mancate manifestazioni di protesta davanti la sede del consiglio europeo da parte di chi condanna il CETA e teme che l’accordo andrà a favorire le multinazionali e non i cittadini.

Le zone grigie sono molte e nessuno è, ad oggi, in grado di valutare in modo oggettivo questo trattato che anzi si inserisce in una cornice ancora più complessa e controversa, quella della globalizzazione. Di certo i precedenti non sono incoraggianti se si pensa, ad esempio, al Nafta (accordo di libero scambio tra USA, Canada e Messico) causa della desertificazione industriale di diverse zone prima produttive, del conseguente aumento della disoccupazione e dell’inesorabile deterioramento delle condizioni di lavoro in molte regioni degli USA.

A cura di Domenico Francesco Alessandria

 

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