Chiedete scusa all’Italia!

Chiedete scusa all’Italia!

Comincia la Fase 2.

 Nel D.P.C.M si da il via libera alla riapertura dei cantieri e alla ripartenza delle industrie manifatturiere. Si possono visitare i propri congiunti (una delle parole più cercate su Google Italia nelle ultime ore), è permessa l’attività fisica oltre i 400 metri dal proprio domicilio, fra le Regioni i spostamenti restano vietati. Viene introdotto un calmiere sui prezzi delle mascherine, per evitare ulteriori speculazioni. Dal 1 giugno riapriranno le attività principali, per le scuole bisognerà attendere settembre.

 L’interesse dell’opinione pubblica verte su queste disposizioni;  pertanto a molti è sfuggito un passaggio fondamentale del discorso di Conte:

“Alcuni attendono ancora, ci sono ritardi e di questi ritardi personalmente mi scuso. Ma stiamo parlando di 11 milioni di prestazioni assistenziali – compresa la cassa integrazione”

Il Presidente del Consiglio chiede scusa. Molti criticano il suo governo per questi ritardi. Credo sia opportuno evitare polemiche di natura politica o speculazioni giornalistiche; bisogna attendere la fine della crisi, poi si vedrà, probabilmente tutti i nodi verranno al pettine. Ma per questioni di merito, legate alla gestione dell’emergenza Covid-2019, la critica diventa un dovere civico. Fastidioso, a mio giudizio, l’utilizzo di parole come ‘Bazooka’ per descrivere una manovra di 400 miliardi che le banche, e non lo Stato, “presteranno” alle imprese. Oppure quel: ‘se tornassi indietro agirei allo stesso modo’, pronunciato da Conte durante un intervista di qualche tempo fa. Ci sono stati degli errori, è innegabile! Perché non ammetterlo?  Che bella figura avrebbe fatto, se avesse chiesto scusa, pensai all’epoca. “Avremmo dovuto agire prima, con maggiore prontezza, abbiamo sottovalutato la questione. Ma ora siamo pronti, comincia la battaglia!” Mi aspettavo una frase del genere! Quando ho condiviso questa osservazione con dei cari amici, loro, giustamente, hanno obiettato che una dichiarazione simile avrebbe lasciato trasparire debolezza;  fragilità che non era opportuno manifestare durante un’emergenza di questo tipo. Un antitesi condivisibile e ragionevole, dal momento che pochi, sostenevano loro, avrebbero colto l’essenza di un gesto simile; la nobiltà di un uomo che chiede scusa, che si dichiara pronto a rimediare ai propri errori. Riconoscere di aver sbagliato è elegante e dignitoso. Giuseppe Conte, durante la conferenza di ieri, ha finalmente chiesto scusa. Ha ammesso, implicitamente, che da noi c’è un problema che in molti altri paesi non sussiste; non riguarda i governi, la destra, la sinistra, i sovranisti, gli europeisti, i fascisti, i comunisti. Riguarda lo Stato! Quello bisogna criticare! Quello non funziona! Ecco perché non arrivano gli aiuti per le imprese, e se arrivano sono insufficienti (guardate in Germania invece). La quarta carica dello Stato, a reti unificate, ammette che lo Stato non funziona, che i bonus non arrivano perché le richieste sono 11 milioni. Finalmente!

Oggi le istituzioni cadono a pezzi e chi lo nega o è cieco, o in malafede. È ovvio che, come dicevo prima, la critica è un dovere civico, ma imputare a questo governo la colpa dei vari ritardi è privo di senso. Sarebbe stato così con Berlusconi, con Prodi, con Renzi, con Salvini (dio ci aiuti), con Draghi, è così con Conte. Il problema non è il governo, il problema è lo Stato. Uno Stato marcio, malfunzionante, immerso nella corruzione e nella burocrazia spasmodica, che non funziona, che opprime la creatività e il genio italiano, che massacra a suon di balzelli la classe media. Quest’emergenza lo dimostra in maniera inequivocabile, basta un paragone: i nostri medici, gli infermieri, sono ammirati in tutto il mondo, sono un orgoglio per la nostra nazione! E il Sistema Sanitario Nazionale, è malfunzionante, decrepito, decadente! Il risultato? Oggi al fronte si battono soldati d’élite, con fucili giocattolo e pistole d’acqua. E questi benedetti ritardi? Stesso principio. Le strutture burocratiche non riescono a sopportare il peso delle richieste (11 milioni) e collassano. Negli altri paesi questo non accade; certamente, anche lì è complesso gestire una situazione simile, ma le istituzioni hanno reagito con maggiore prontezza, non appena è arrivato il via libera dei vari governi europei (che invece si sono mossi in ritardo rispetto a noi). Questo Stato va smantellato e ricostruito, è evidente: lo era già dopo Tangentopoli, la trattativa Stato-Mafia,  le leggi ad personam, l’affermazione del populismo spiccio e tristanzuolo. Lo spirito dei padri costituenti è stato tradito. Lo Stato cade a pezzi, frana su se stesso. Ma gli italiani no, e lo dimostrano ogni giorno: nelle corsie degli ospedali, al fronte, con addosso un camice, nelle strade deserte, dove regna il silenzio, con addosso una divisa, nelle case, oramai divenute prigioni, con addosso il pigiama. C’è ancora speranza. Bisogna riprogettare il sistema Paese, concentrarci sulla Fase 3, la ricostruzione, il dopoguerra. Non sarà un nuovo governo a cambiare le cose. È necessario un rinnovamento profondo di tutta la struttura istituzionale, che va purificata e riplasmata. Tutto questo va fatto nello spirito dei padri costituenti, attraverso un meraviglioso connubio fra presente e passato. Piero Calamandrei, in un discorso memorabile del 1955 (disponibile su Youtube) spronava in questo modo gli studenti di Milano: Quindi voi, o giovani, alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come cosa vostra, metterci dentro il senso civico, la coscienza civica, rendervi conto che ognuno di noi non è solo; che siamo in più, che siamo parte di un tutto, un tutto nei limiti dell’Italia e del mondo.  

Questo è lo spirito giusto! Il mondo può cambiare, deve cambiare, perciò cambierà!

Post scriptum: Calamandrei  voleva una repubblica presidenziale, poi nell’Assemblea Costituente ha prevalso un’altra tesi; chissà, magari dovremmo ripartire proprio da lì. 

Di Michelangelo Mecchia

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