Così e cosà. Il primato della politica

Così e cosà. Il primato della politica

Affezionatissimi lettori, dal primo numero cartaceo di questa rivista molte cose sono cambiate. Lo ammetto, pensavo fosse più semplice star dietro alle scorribande caotiche della politica moderna. Senonché, mio malgrado, mi sono reso conto con il passare dei giorni, che i tempi della cronaca non coincidono assolutamente con i tempi di uno studente universitario alle prese con esami e lezioni. Poco male, è uno sporco lavoro ma qualcuno lo deve pur fare.

L’Italia sta ripartendo: al di là delle dichiarazioni di Renzi e i suoi, gli ultimi rapporti lo dicono inequivocabilmente. Che sia merito suo o altro sarà il tempo a chiarircelo. Che sia tutto effimero, anche. Per adesso ce li godiamo e un po’ ricominciamo ad avere una speranza. Immaginiamo un futuro più bello davanti a noi e la cosa non è esattamente trascurabile, soprattutto per la nostra generazione. Non basta?  Sicuramente. Forse sono solo indici percentuali? Tant’è. La statistica, come noto, supera la realtà soprattutto per noi, cittadini del mezzogiorno, ma la matematica non è un’opinione e io non sono ancora pronto per metterla in discussione.

Veniamo alle cattive sensazioni con una premessa necessaria. Chi scrive è uno di quelli convinti del primato della politica sulle altre scienze che mirano ad occuparsi della cosa pubblica. Politica intesa come arte di pensiero, di compromesso, di immaginazione, di programmazione, di elevazione collettiva di valori condivisi. Di rappresentanza. Apparirà fuori moda, vecchio, ma tutto ciò oggi, viene messo in discussione. Non da un’entità astratta, ma dalla politica stessa. Sull’altare del conformismo, del contingente, della vanità si sacrifica lo sforzo di trovare soluzioni condivise, lo sforzo di formare la classe dirigente di domani. Tutto l’arco dei partiti è caduto nel tranello della modernità. Sì, è una grande truffa, ne sono convinto. La competenza non può sostituire la capacità di rappresentanza. Deve accompagnarla certo, ma non può assolutamente sostituirla. Il risultato è il caos. Ognuno è competente a modo suo, ognuno è meritocratico secondo certi parametri o tabelle. Basta esserlo? No. Roma è l’esempio lampante di come una città subisca la vanità incrociata di schieramenti opposti all’interno dello stesso partito. Di come la politica diventa il surrogato di se stessa. Di come non si fa politica.
Pensare che lo sviluppo possa essere slegato dalla rappresentanza politica è cosa difficile da immaginare, soprattutto con uno sguardo a lungo termine. Commissariare o semplicemente comunicare vanifica Il compito della politica: cambiare il mondo. Il mondo non lo cambi da solo soltanto perché qualcuno ti ha detto che sei competente, oppure perché lo sei diventato dopo un dura lotta di potere. E’ meglio ricordarselo, per il bene dell’Italia.

 

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