“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”
Art.1 – Dichiarazione universale dei diritti umani
La Dichiarazione universale dei diritti umani (DUDU) è la principale fonte di ispirazione di Amnesty International nonostante il tempo trascorso dalla sua nascita. Leggendo il primo articolo, è immediato comprendere come i principi di non discriminazione ed uguaglianza, in esso affermati, siano una delle pietre su cui si fonda la lotta, necessaria nel mondo, per far valere nella loro pienezza i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate (LGBTI).
Tuttavia solo pochi governi, e purtroppo fra questi non c’è quello italiano, rispettano la DUDU in quanto strumento vivente e non meramente retorico. I diritti LGBTI sono a tutti gli effetti “diritti umani” ma spesso soffrono di interpretazioni restrittive di norme internazionali o sono oggetto di tutele solo sulla carta, senza un’effettiva ed efficace applicazione.
In 78 paesi del mondo l’omosessualità è un reato. In setti casi (in Arabia Saudita, in Mauritania, in Sudan, in Iran, in Yemen e negli stati della federazione della Nigeria che applicano la sharia e in parte della Somalia), il rapporto omosessuale è punito con la pena di morte. Amnesty International ha denunciato inosservanze di diritti umani, aggressioni, intimidazioni e discriminazioni nei confronti di persone LGBTI in oltre 40 paesi: Albania, Armenia, Bahamas, Bielorussia, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Camerun, Cile, Croazia, Danimarca, Fiji, Gambia, Georgia, Ghana, Grecia, Guyana, Iran, Iraq, Italia, Giamaica, Lettonia, Libano, Liberia, Lituania, Macedonia, Malawi, Moldova, Montenegro, Nigeria, Russia, Serbia, Sudafrica, Taiwan, Trinidad e Tobago, Tunisia, Turchia, Ucraina, Uganda, Ungheria, Uruguay, Zimbabwe.
Stiamo parlando anche di stati europei. In Bielorussia, Georgia, Lituania, Macedonia, Moldova, Russia, Serbia e Ucraina alle persone LGBTI viene negato il diritto alla libertà di espressione, riunione e manifestazione in pubblico. Autorità statali tollerano e a volte persino appoggiano intolleranza e paure della popolazione contro le comunità LGBTI, siano esse discriminate su carta o nella prassi. Quante volte sono stati vietati i Pride? Quante volte manifestazioni pacifiche sono state attaccate con violenza da persone omofobe? Le autorità non intervengono anzi, in molte professionalità l’omosessualità rimane un tabù. Nel 2013 la Russia ha approvato la legge contro “la propaganda dell’omosessualità tra minori”, con multe altissime. È preoccupazione di Amnesty International che l’effetto di questa legge sia di punire comportamenti omosessuali legittimi, di contribuire alla stigmatizzazione delle persone LGBTI, impedire loro di esprimere se stessi e le loro opinioni. In certe regioni dello stesso paese, sono state adottate altre leggi discriminatorie nei confronti delle persone LGBTI.
L’adozione della direttiva europea antidiscriminazione, che ha lo scopo di tutelare le persone LGBTI, è stata ostacolata da vari governi europei. Senza dubbio in molti paesi ci sono stati miglioramenti per quanto concerne i diritti LGBTI, ma pregiudizi, discriminazioni e violenze persistono così come l’odio omofobico e non è facile calcolare quante persone abbiano subito atti di violenza solo a causa del loro orientamento sessuale e/o identità di genere.
Non è una sfida legata solo alle norme, alle regole scritte, ma è anche culturale. Per vincere bisogna comprendere che i diritti LGBTI sono diritti umani, quindi diritti che spettano a tutti, nessuno escluso: ed è per questo che Amnesty International Italia è entrata in campo per chiedere di introdurre il matrimonio egualitario per le coppie formate da persone dello stesso sesso.
Amnesty International Italia considera inoltre fondamentale la possibilità di adottare i figli del partner ed è con delusione che si è espresso il presidente Antonio Marchesi a seguito delle modifiche introdotte nel disegno di legge adottato dal Senato giovedì 25 febbraio: “L’esclusione della possibilità di adottare i figli del partner, della cosiddetta stepchild adoption, rappresenta un passo indietro, una inaccettabile limitazione rispetto all’insieme dei diritti inizialmente riconosciuti, nel testo, alle famiglie costituite da persone dello stesso sesso e ai loro figli. L’art. 30 della Costituzione stabilisce che è ‘dovere e diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli’. Non si comprende come negare un riconoscimento giuridico alla condizione familiare dei minori figli di genitori dello stesso sesso, privandoli delle garanzie previste dalla stessa Costituzione, possa assicurare un’effettiva protezione dei minori coinvolti. Amnesty International aveva ripetutamente fatto appello al Senato affinché il disegno di legge in discussione fosse approvato senza modifiche, se non migliorative. Pur riconoscendo che il testo approvato costituisce un primo passo in avanti verso il matrimonio egualitario, dobbiamo rilevare come l’Italia abbia, per il momento, abbia perso un’occasione importante per attribuire pari diritti alle coppie omosessuali” .
A cura di Marta Pistone