DRAGHI AL COLLE: il giuramento e il nuovo esecutivo.

DRAGHI AL COLLE: il giuramento e il nuovo esecutivo.

Distanziamento e mascherine; niente giornalisti e cerimonia in live streaming. Il 13 febbraio 2021 alle ore 12, l’ex presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, e i 23 ministri scelti, hanno giurato nelle mani del capo dello Stato, Sergio Mattarella.

“Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione”.

Nei prossimi giorni il governo chiederà la fiducia alle camere, e poi potrà entrare nel pieno delle sue funzioni.

L’esecutivo?

L’esecutivo di unità nazionale di Mario Draghi è formato da 15 politici e 8 tecnici. Anche se i ministeri più influenti sono stati affidati a uomini e donne indipendenti, dal profilo tecnico, il governo mantiene una forte connotazione politica: il ruolo dei partiti è tutto fuorché marginale. Le forze politiche acquisiscono ruoli importanti: 4 ministeri ai 5 Stelle, 3 alla Lega, PD e Forza Italia, uno a Italia Viva e Liberi Uguali. Sono stati riconfermati invece, per garantire la continuità necessaria per affrontare la crisi innescata dalla pandemia, Luigi di Maio per il Ministero degli Esteri, Luciana Lamorgese al Viminale, Lorenzo Guerini alla Difesa, Dario Franceschini per la Cultura, e infine, Roberto Speranza alla Salute.

Entrando maggiormente nel merito, i 5 Stelle sembrano essere il partito che, seppur ridimensionato, ha mantenuto il numero più alto di ministri: oltre a Luigi Di Maio, Stefano Patuanelli viene riconfermato nella delegazione di governo, ma dal Mise passa all’Agricoltura, sostituendo Teresa Bellanova. Gli altri due nomi sono quelli di Federico d’Incà, ai Rapporti con il Parlamento, e Fabiana Dadone alle Politiche Giovanili. Il Partito Democratico invece si è riuscito ad inserire in dicasteri di un certo peso: Andrea Orlando, vice segretario del partito, giura come Ministro del Lavoro, prendendo il posto di Nunzia Catalfo. La Lega invece, ottiene il Ministero dello Sviluppo Economico (dicasterofondamentale nell’ambito della gestione dei fondi europei) con Giorgetti, e il Turismo con Garavaglia, più la creazione di un ministero ad hoc, per le Disabilità, guidato dalla Stefani. Forza Italia conquista tre ministeri: Brunetta torna alla Pubblica Amministrazione, la Gelmini va agli Affari Regionali e la Carfagna al Sud (il tempo ci dirà se affidare il Sud ad una deputata di Forza Italia sia stata una scelta saggia). Forse il partito che ha ottenuto di meno è proprio Italia Viva, il partito di Renzi, lo stesso che ha fatto crollare il precedente esecutivo, mandando a casa Conte; la Bonetti sarà Ministro delle Pari Opportunità e Famiglia. 

I ministeri più importanti, però, sono stati affidati a uomini e donne “tecnici”: Luciana Lamorgese all’Interno, Marta Cartabia alla Giustizia, Daniele Franco all’Economia, Roberto Cingolani alla Transizione Ecologica, Enrico Giovannini alle Infrastrutture, Patrizio Bianchi all’Istruzione, Cristina Messa all’Università e Vittorio Colao all’Innovazione Tecnologica.

Le prospettive?

Mario Draghi, accettando l’incarico lo scorso 3 febbraio, aveva affermato che al momento, in Italia, ci sono delle priorità che prescindono dalla politica; si tratta dell’emergenza sanitaria, economica e sociale. Si dovrà lavorare mettendo da parte le ideologie e le contraddizioni e pensare a cosa, razionalmente, serve al Paese. 

Le premesse sono buone: a capo del governo c’è un uomo che ha molti anni di esperienza sulle spalle, una persona che viene da un determinato contesto internazionale ed economico, che probabilmente saprà perseguire gli interessi del nostro Paese; l’esecutivo è formato non solo da politici, ma anche da uomini e donne indipendenti di grande competenza. Basti pensare alla ministra della Giustizia Marta Cartabia, la prima donna a ricoprire la carica di Presidente della Corte Costituzionale dopo otto anni da giudice della Consulta. Di conseguenza, oggi, possiamo affermareche una solida base per la ripartenza c’è.

Osservando l’opinione pubblica, e come essa contribuisce al dibattito politico, si sta diffondendo a macchia d’olio la convinzione che probabilmente un governo politicamente meno schierato, possa essere la soluzione migliore al momento. Sarà capace l’attuale governo di realizzare un piano per l’Italia che sia razionale e in linea con l’attributo tecnico che dovrebbe caratterizzare il governo? Possiamo accantonare l’ostruzionismo e le divergenze tra i partiti, in nome di una più grande necessità? Si tratta di interrogativi per i quali non esiste ancora una risposta. Guardando indietro, alla storia del nostro Paese, gli interessi personali degli uomini politici hanno sempre sovrastato i reali bisogni dell’Italia; inoltre il governo Draghi è formato proprio da esponenti di quelle formazioni politiche, che da sempre si danno battaglia. L’unica speranza, è che il pragmatismo di Mario Draghi, possa finalmente, ed una volta per tutte, placare gli animi dei politici italiani, ed insegnare loro il significato della parola “priorità”.

A cura di Federica Boscaino

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