Inizia descrivendo una storia tratta dalla saga Daredevil: racconta del giornalista Ben Urich, che conduce un’inchiesta su Fisk, un malavitoso. Quest’ultimo cerca di ostacolarlo in tutti i modi, arrivando perfino a comprare il giornale per cui Urich lavora con la pubblicità e infine a farlo cacciare. Il giornalista però non si ferma: inizia a scrivere la verità su un blog. Ma Fisk va a casa sua e glielo dice chiaramente: “Non ti fermo io, è il mondo che ti ha già fermato”.
Con queste parole lo uccide.
Così Emiliano Fittipaldi, giornalista de l’Espresso, apre il suo intervento all’International Journalism Festival di Perugia. Prosegue dicendo che questo è ciò che sta avvenendo in Italia in questo momento. In realtà, però, Fisk ha ragione solo in parte: ci sono ancora persone che vogliono conoscere la verità. Vale la pena continuare a raccontare. Anzi, è necessario. Così tanto che alcuni giornalisti arrivano a vivere sotto scorta.
Per come funziona il giornalismo in Italia, sembra che il giornalista non sia mai libero dal proprio direttore o dalla propria testata. Non è Emiliano Fittipaldi che ha realizzato l’inchiesta: glielo ha chiesto De Benedetti. È normale che l’inchiesta tenda a sinistra: è de l’Espresso. È normale che Fittipaldi sparli sempre di partiti diversi: vuole schierarsi con chi vince.
Secondo l’autore l’opinione pubblica dovrebbe cogliere la differenza tra buono e cattivo giornalismo e premiare i buoni giornalisti.
Ma in cosa consiste il buon giornalismo? Nel cercare i fatti, che è un’operazione molto difficile.
Per fare un’inchiesta non servono solo le fonti giuste e chi sa quali fatti. A volte basta qualcosa di molto più facile: la curiosità.
Già, perché proprio grazie alla curiosità suscitatagli da un articolo di Dagospia inizia l’inchiesta che lo porterà a scrivere Avarizia.
Alla fine fare il giornalista d’inchiesta è un po’ come seguire un filo di Arianna.
Ovviamente le accuse non finiscono. Ad esempio Massimo Franco lo accusò di farsi utilizzare dalle fonti, dal momento che il 99% delle fonti divulga informazioni per interesse personale. Peccato siano proprio quelle fonti a diffondere notizie esclusive che permettono di scrivere un’inchiesta. Come ad esempio quella sui fondi del Bambin Gesù utilizzati per ristrutturare l’attico del Cardinal Bertone.
Fittipaldi racconta anche di un altro aspetto dell’attività di giornalista: l’imparare a chiedere scusa quando si sbaglia per non perdere credibilità nei confronti del lettore. Una qualità importante e molto spesso sottovalutata.
Non solo, non bisogna avere paura del mestiere di giornalista, perché nel momento in cui si inizia ad averne, si smette anche di praticarlo.
I giornalisti hanno un enorme potere che bisogna imparare a gestire. Un po’ come Spiderman.
Prima della conferenza Emiliano Fittipaldi ci ha concesso una breve intervista.
D: Lei è l’autore di Avarizia e Lussuria, due libri che raccontano di due inchieste giornalistiche sui lati oscuri del Vaticano: la pedofilia e la dubbia gestione del denaro per fini di beneficenza. Cosa l’ha spinta d iniziare queste inchieste?
R: La ricerca della verità. Nel senso che io faccio il giornalista d’inchiesta sul potere. Il potere del Vaticano a Roma, in cui vivo, è un potere molto forte e ho cercato di capire se quello che veniva raccontato dalla propaganda vaticana, soprattutto su Papa Francesco, in particolare sulla rivoluzione di questo Papa, fosse tutto vero oppure si nascondesse qualcosa di diverso rispetto a quello che veniva raccontato.
D: Il Vaticano non ha apprezzato per niente la sua inchiesta in Avarizia, anzi l’ha addirittura sottoposta a processo. Di Lussuria che cosa ha detto? E lei che cosa pensa di queste mosse del Vaticano rispetto alle sue inchieste?
R: La mossa del Vaticano è stata una mossa sballata sotto ogni profilo. Dal punto di vista etico e morale perché ho fatto soltanto il mio mestiere insieme a Gianluigi Luzzi, che è finito a processo con me per un altro volume, Via Crucis. Da un punto di vista strategico perché ha dato una celebrità assoluta agli autori dei libri in tutto il mondo. Probabilmente se non ci fosse stato il Vaticano a fare una mossa di questo tipo non saremmo così conosciuti né noi né i volumi. Su Lussuria hanno fatto un altro tipo di mossa. Il Vaticano fa le cose una sola volta. È un’istituzione che ha 2000 anni e impara dai propri errori. Quindi su Lussuria hanno preferito, nonostante sia un libro molto duro con attacchi specifici, non dire una parola. Ovviamente con il rischio che, non smentendo nulla, tutto quello che io ho scritto fosse ancora più accreditato dal loro silenzio.
D: Qual è secondo lei il ruolo del giornalista nel complicato meccanismo dei rapporti tra Chiesa e Stato?
R: Secondo me il giornalista, come qualsiasi altro potere, ha il compito di cercare di raccontare ai lettori , ai telespettatori o a chi usufruisce del web la verità, cioè quello che più si avvicina alla verità. Bisogna cercare di raccontare le ombre che non vengono illuminate, che vengono tenute nascoste dal Potere. La Chiesa, in questo senso, è un’istituzione che ha un enorme potere, un’enorme autorità morale e, come nei confronti di qualsiasi altra istituzione, il giornalista ha il dovere di illuminare queste zone d’ombra, cercando ovviamente di essere il più obiettivo e attento possibile.
D: Lei ha condotto anche un’inchiesta sul Comune di Roma, in particolare sul braccio destro della sindaca Virginia Raggi, Raffaele Marra. Quale direzione sta prendendo il Comune di Roma e quale direzione secondo lei dovrebbe prendere?
R: La mia inchiesta era specificamente su Raffaele Marra che è il braccio destro di Virginia Raggi, ovviamente però toccando un personaggio così importante era un’inchiesta sull’intera gestione di questo primo anno di Raggi al potere, che ha un’importanza giornalistica gigantesca. Il Movimento 5 Stelle è attualmente il primo partito in Italia, che gestisce il comune più importante d’Italia e che si prefigge di vincere le elezioni. Quindi è giusto che i giornalisti facciano le pulci, così come hanno fatto anche al Movimento 5 Stelle a Roma. Ritengo che la partenza di Virginia Raggi sia stata disastrosa sotto ogni profilo, sia da un punto di vista prettamente delle scelte considerando gli uomini di cui si è circondata, sia da un punto di vista amministrativo, perché vivo in quella città e non è cambiato praticamente nulla, anzi. Spero che nei 4 anni che ci sono davanti, anche grazie secondo me alla spinta del pubblico e del giornalismo, la Raggi possa migliorare la sua amministrazione.
D: Speriamo. Un’ultima domanda. Durante il workshop a The Post Internazionale sul giornalismo ha raccontato che, prima o poi, dimostrerà che Matteo Renzi ha copiato la sua tesi di laurea. Che cosa non quadra?
R: Quella è una speranza, non ho detto proprio questo. Ho detto che se fossi un giornalista d’inchiesta, e lo sono. Ma se avessi più tempo, cercherei di capire se anche Matteo Renzi, come molti governanti europei, non soltanto italiani ha fatto una tesi completamente originale oppure no. Cosa non quadra è che tutte le tesi su La Pira, che è il personaggio politico su cui lui ha fatto la tesi sono presenti all’interno dell’archivio che riguarda proprio La Pira, tranne la sua. Quindi avevo un sospetto. Può darsi invece che alla fine l’ex Premier abbia fatto un lavoro straordinario. Era soltanto un sospetto.