ETEROSESSUALE E #INPRIMOPIANO CONTRO L’OMOFOBIA

ETEROSESSUALE E #INPRIMOPIANO CONTRO L’OMOFOBIA

Il 17 maggio ricorre l’International day against homo-bi-transfobia, la giornata promossa dall’Unione Europa nel 2006 e dedicata alla sensibilizzazione sul tema della discriminazione subita dalla comunità LGBT*. Una discriminazione che spinge molte, troppe persone, a restare nell’ombra e nel silenzio di una solitudine portandole talvolta a compiere un gesto estremo, come il suicidio. E’ di recente cronaca, tra l’altro, la storia di Paolo, il ragazzo che, a detta dei quotidiani, si sarebbe buttato sotto un treno “perché gay”. Trovo vergognosa la giustificazione addetta da chi, da un piedistallo troppo alto, non riesce nemmeno a comprendere la grande sofferenza che questo ragazzo, come altri, deve aver subito per arrivare a gettarsi su dei binari in attesa di essere travolto da un convoglio metallico. Paolo non si è suicidato per quel che era, si è suicidato a causa di ciò che gli hanno fatto credere di essere. Quante persone, quanti ragazzi e quante ragazze, ho incontrato nella mia carriera universitaria, persino in L.Arcobaleno, che sono stati appellati dalla famiglia, dai presunti amici, dalle persone che pensavano di avere più vicine come dei mostri, dei pervertiti, delle nullità. Tanto da far rischiare loro la vita. E cosa sarebbe successo, a queste persone, se nel loro cammino non avessero trovato un appiglio, un sostegno, che consentisse loro di poter ricominciare a ritenersi degni di una vita felice?

Ma l’omofobia non è solo questo. Ricordo ancora le titubanze di uno dei miei migliori amici, collega di università, nel rivelare agli altri il suo orientamento sessuale. Ricordo quando uno dei nostri soci fu preso a pugni su Ponte Garibaldi, qui a Roma, perché stava baciando il ragazzo con cui stava frequentandosi. Ricordo quando furono bruciate le tessere associative di L.Ar e che nessuno mosse un muscolo, nemmeno ai vertici dell’ateneo. Ricordo quando intervistammo i ragazzi qui, in università, per chiedere cosa ne pensassero dell’omosessualità e molti di loro ritennero i rapporti omosessuali maschili un abominio, quelli femminili tutto sommato accettabili (perché si sa, l’uomo è sempre e soltanto “attivo” e le lesbiche stanno lì per il piacere maschile). Ricordo di persone che si paventavano eterosessuali, talvolta addirittura militanti di estrema destra, innamorarsi di persone dello stesso sesso, ma rinnegando il sentimento provato, perché essere gay, essere lesbica “è sbagliato”. Ricordo anche di bisessuali  attaccati da gay e lesbiche così come da etero nella convinzione che essere sessualmente e sentimentalmente attratti da entrambi i sessi significhi volerli entrambi insieme (un po’ come dire che siccome a me piacciono gli uomini, nonostante sia impegnata, cercherò altri uomini per tutta la vita). Ricordo di studenti universitari che schernivano la scelta di un’università italiana di adottare il doppio libretto per le persone trans. Omofobia è la scelta di un Parlamento, quella di segregare un gruppo sociale sotto un’istituzione differenziata che porta il nome di “unioni civili” anziché “matrimonio”.

L’omofobia ha molte sfumature, così ne ha la sessualità umana. Io mi definisco eterosessuale, mi sono sempre riconosciuta come tale, ma di certo non ho scelto il mio ragazzo (o i ragazzi precedenti) perché uomo. Lo ho scelto per la persona meravigliosa che è. Così come gli amici di cui mi circondo li ho scelti  perché legati da un profondo sentimento di affetto e di stima. E’ vero che l’orientamento sessuale non è una scelta, ma quella di amare, voler bene, rispettare il prossimo lo è. Perché nessuno, nemmeno nella nostro ateneo, debba mai sentirsi solo e umiliato a causa del suo orientamento sessuale o per la sua identità di genere.
Per questa ragione come associazione ci siamo impegnati per una battaglia contro l’omofobia che coinvolgesse tutti. Lo scorso anno i rappresentanti degli studenti della nostra università hanno scelto di essere parte di questa grande campagna di civiltà sotto l’hashtag #contasudime, con un video. Quest’anno, con #INPRIMOPIANO contro l’omobitransfobia tutti gli studenti e le studentesse dei dipartimenti avranno la possibilità di scattare un selfie davanti le locandine che affiggeremo nelle facoltà accompagnando la foto con l’hashtag #inprimopiano e condividendolo sui profili Facebook ed Instagram. Il giorno del 17 maggio raccoglieremo tutte le foto condivise e le riuniremo in un unico video che verrà pubblicato sul nostro canale YouTube.

 

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Ora, io non posso dire a tutti e per tutti perché sostenere la causa di L.Arcobaleno. Io l’ho fatto, sempre, perché l’ho ritenuto giusto. Perché ho visto non soltanto la sofferenza di chi rimaneva nel closet, ma anche e soprattutto perché ho sentito ruggiti di rabbia di tante persone, di famiglie anche, che non venivano ascoltati. I nostri fratelli e le nostre sorelle sono perfettamente in grado di camminare da soli, di parlare per se stessi, di rispondere alle accuse. Quindi non sta a me né a nessun altro dire in che modo rendere più credibile e condivisibile questa battaglia di civiltà; ma una cosa, da persona umana, la possiamo fare. Ed è quella di unirci sotto questo grande arcobaleno e dimostrare la nostra solidarietà e appoggio ad una questione che riguarda il rispetto della dignità umana. Parlandone, facendoci foto, rispondendo a chi ha dei dubbi: far sì che altri ci vedano e, almeno, si domandino il perché della nostra scelta. Se davvero crediamo nell’uguaglianza, dimostriamolo. Concretizziamo il sogno di parità e facciamo sì che tutti possiamo percepirci al pari gli uni degli altri, per le tutele come per le opportunità. Scendiamo dal piedistallo, disgreghiamo i gruppi, stringiamoci tutti sotto un unico, colorato, arcobaleno che ci riconosca prima di tutto come persone. Uniamo le nostre voci perché se ne possa sentire soltanto una, quella che grida all’uguaglianza e alla parità. E saremo fichissimi, tutti.

Come sempre, act different, be equal!

di Giorgia Felici per L.Arcobaleno

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