Globalizzazione e Tocqueville

Globalizzazione e Tocqueville

Il saggista Pietro Golia si è domandato: ‘Può il mondo uniformarsi ad un solo modello politico, culturale, antropologico?’ Oggi, rispondere ad un quesito simile è fondamentale. La globalizzazione è un processo impetuoso che ha travolto e ha indirizzato la Storia verso un punto di svolta. Bisogna prendere una posizione.

È un idea che piace molto al mondo politico progressista e globalista: Il pluralismo culturale, il dialogo fra mondi diversi, l’apertura a nuove suggestioni, ma anche l’internazionalizzazione dei mercati, la creazione di organismi sovranazionali e l’estensione dei poteri che queste istituzioni detengono. Ed è una prospettiva che terrorizza i conservatori, soprattutto la possibilità di perdere parte della propria identità, diluita in un cocktail di valori e di usanze sconosciute e incondivisibili, e la propria sovranità nazionale e democratica.

La domanda di Golia può essere interpretata anche in questo modo (“quando il saggista si riferisce ad un uniformizzazione rispetto ad un modello politico”): esiste un modello di democrazia ‘universale’, valido per ogni nazione, ‘astorico’ e generale? ‘Per la Pace Perpetua’, un trattato di filosofia politica di Immanuel Kant, è il manifesto di questa idea. Il filosofo prussiano descrive la Repubblica Internazionale; l’unico modo per realizzare la pace è applicare più regole, uguali per ogni paese: trattati definitivi piuttosto che armistizi, abolizione degli eserciti permanenti, applicazione di una costituzione repubblicana in ogni Stato. Un altro esempio formidabile è la preziosa Dichiarazione Dei Diritti Dell’Uomo e Del Cittadino del 1789, l’articolo 1 recita: ‘Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune’. Nel documento non si parla spesso di francesi, o di Francia, ma si impiegano concetti più astratti, come Uomo, Nazione, poiché vengono consacrati diritti universali e razionali. Se poi si considera la tradizione giusnaturalista, non si può non menzionare John Locke: alcuni diritti sono naturali e quindi universali, come il diritto alla proprietà , precedono lo stato di diritto e la legge deve ricalcare il modello che la natura fornisce. Ma persino Platone, nella Repubblica, definiva il proprio sistema istituzionale ideale e perfetto, applicabile in ogni città-stato e ad ogni comunità, dopo un adeguata preparazione e un severo processo educativo della classe dirigente (i filosofi) e del ceto dei guardiani. E’ opportuno però sottolineare due caratteristiche che distinguono il pensiero platonico da quello illuminista: il collettivismo organicista e la feroce invettiva antidemocratica. La libertà viene considerata un bene superfluo.

È quindi un idea che nasce molto tempo fa, ha grande valore storico e ha influenzato innumerevoli sistemi filosofici, ma in alcuni casi pecca di superficialità. Ogni forma di governo, ogni modello democratico, deve fare i conti con il passato, la tradizione di un paese. La prima guerra mondiale ci fornisce un esempio storico: i grandi imperi multietnici sono crollati e si è affermato in tutto il mondo il concetto di Stato-nazione. Heidegger la definisce ‘Gefolgschaft’, la comunità dei seguaci, il ‘Bodenstandigkeit’, il radicamento alla propria terra. Quel ‘sentire comune’ che durante i giorni più difficili, in cui l’Italia ha fronteggiato un nemico crudele e insidioso, ha ispirato il canto di un popolo ferito. Eradicare sentimenti così forti è molto complesso.

Oggi la contrapposizione della quale si è parlato prima, fra globalisti e no-global, acquisisce sfumature politiche in Europa, con il conflitto intercontinentale che coinvolge sovranisti e europeisti: partiti moderati che propongono iniziative volte a estendere i poteri delle istituzioni comunitarie, e formazioni politiche che vorrebbero realizzare una confederazione di nazioni indipendenti.

È difficile esprimere una preferenza. Forse sarà necessario un compromesso.

Oggi però la Storia sembra percorrere la strada tracciata dalla globalizzazione e il Terzo mondo, come si è visto dagli immensi fenomeni migratori, bussa alle porte dell’Europa. Tocqueville, quando cominciò a studiare la democrazia statunitense, aveva compreso che quel modello politico sarebbe giunto in Europa e si sarebbe diffuso in tutto il continente. Eppure ne descrisse molti aspetti critici. La globalizzazione è un processo inarrestabile, l’unificazione culturale e politica un evento travolgente, forse inevitabile. Dobbiamo essere pronti ad analizzare questo cambiamento, evidenziarne le criticità, prepararci ad accoglierlo al meglio. Proprio come fece Tocqueville con la democrazia.

A cura di Michelangelo Mecchia

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