Andy Warhol non mi ha mai fatto impazzire.
Non è mai riuscito a catturare veramente la mia attenzione. Ma la mostra dell’artista newyorkese al Vittoriano ha completamente stravolto la concezione che mi ero fatta di lui.
Un’esplosione di colori, luci, rumori ti accoglie dall’inizio alla fine del percorso. L’atmosfera da ‘club’ e i colori vivi delle pareti riescono a portarti nel mondo degli anni ’70. I Rolling Stones sono la colonna sonora di questo viaggio tra stampe, colori e brillantini.
La mostra che si tiene negli spazi del Complesso del Vittoriano- Ala Brasini dal 3 ottobre 2018 al 3 febbraio 2019, mette in risalto la personalità stravagante, geniale ed unica di Andy Warhol. Una passeggiata tra i capolavori dell’artista: sono visibili i famosi fiori gialli, le iconiche stampe raffiguranti Marylin Monroe e le Campbell’s soup cans.
Oltre ai lavori più famosi sono esposte moltissime polaroid scattate da Warhol in persona: erano la sua firma, la sua passione. Al crescere della fama il capostipite della Pop Art cominciò a muovere i primi passi anche in altri ambienti, come quello della moda e del cinema: tutti volevano essere fotografati dall’artista, tutti volevano diventare stampe colorate. Giorgio Armani definì un privilegio essere fotografato da Warhol: per i VIP dell’epoca essere ritratti da lui divenne una conferma della loro fama.
Warhol si dedicò anche alla creazione di gioielli e scarpe e i disegni sono visibili alla mostra: questo mette in risalto quanto l’artista fosse influente in ogni campo.
Entrare nella Factory, lo studio di Andy Warhol, era un privilegio riservato a pochi: moltissimi vip, drag queen, artisti poterono vivere in prima persona quell’ambiente dove ogni giorno venivano prodotte opere originali e dove veniva ridefinito il concetto di bello, senza pregiudizi e con l’accettazione di qualsiasi comportamento. La Factory divenne un punto di incontro per musicisti, artisti, attori: era una ‘open house’ dove tutti potevano creare tutto.
La mostra riesce a creare quell’atmosfera frizzante, dinamica, energica degli anni ’60 e ’70 e viene naturale immergersi completamente in essa.
Oltre 170 opere di colori, forme e dimensioni diverse che esprimono l’essenza della pop art: si passa dalle serigrafie alle polaroid ai disegni. Si riesce a sentire, a toccare il genio di Warhol che riuscì ad abbattere ogni canone tradizionale e a definire un nuovo tipo di arte: un’arte commerciale che lasciò a bocca aperta gli spettatori dell’epoca e che, tuttavia, fu una delle forme d’arte principali che accompagnarono il boom economico.
Secondo l’artista ‘l’arte doveva essere “consumata” come un qualsiasi altro prodotto commerciale’ e per questo motivo portò su tela i normali prodotti che potevano essere trovati al centro commerciale: bottiglie di Coca Cola, barattoli di zuppa Campbell diventeranno iconici e rappresenteranno per sempre il movimento della Pop Art.
La mostra, breve ma intensa, racconta la vita dell’artista, le sue passioni, il suo modo di vedere il mondo e l’interpretazione di esso. Warhol si mise in gioco, osò mostrare al mondo la sua concezione di arte, così fuori dalle righe e al tempo stesso così geniale, e riuscì a renderla eterna.
A cura di Fiammetta Del Mancino