IL TURBOLENTO GOVERNO HAITIANO E LA CRISI DI SICUREZZA

IL TURBOLENTO GOVERNO HAITIANO E LA CRISI DI SICUREZZA

Esiste un limite intrinseco in una missione di “mantenimento della pace quando la pace non è mai stata raggiunta”. O almeno questa è la sentenza raggelante del rappresentante cinese delle Nazioni Unite Geng Shuang nei confronti di Haiti e la crisi di sicurezza che la devasta. Il paese sembra sprofondato in uno stato di anarchia da cui è difficile risollevarsi, senza presidente dal 2021, con l’80% del territorio in mano a bande criminali e un tasso di violenza in continuo aumento mentre la polizia e la popolazione stessa cercano di far fronte alla minaccia delle gang rispondendo al fuoco con il fuoco. La missione multinazionale che mirava all’addestramento della polizia locale, guidata dal Kenya, è riuscita a mandare solo 400 agenti dei 2500 promessi e sia la Russia che la Cina al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si sono opposte all’invio di una nuova missione di caschi blu. Persino l’organizzazione dei Medici senza Frontiere ha sospeso le attività a Port-au-Prince, denunciando violenze e minacce da parte delle autorità locali, e la capitale è divenuta un inferno sulla terra dove chiunque metta piede è consapevole di rischiare la vita.
Gli ultimi mesi del 2024 hanno visto Haiti, e Port-au-Prince soprattutto, in preda ad un’escalation preoccupante di un equilibrio politico già di per sé profondamente incerto. Ad aprile è stato istituito il Consiglio Presidenziale di Transizione, che dovrebbe portare a nuove elezioni democratiche prima del 2026, visto che non ce ne sono più state dal 2021, dopo l’uccisione in circostanze dubbie dell’ultimo presidente Jovenel Moise. Il Consiglio però sembra aver sollevato più polemiche che altro e non si è finora dimostrato all’altezza di fronteggiare i veri padroni di Port-au-Prince, le bande criminali. Personaggio di spicco in questo ambito, che non sfigurerebbe all’interno di una fiction, è Jimmy Cherizier, detto Barbecue per l’abitudine di carbonizzare i cadaveri delle vittime ( o per l’infanzia passata a vendere pollo fritto con la madre, stando alle sue dichiarazioni). Si tratta dell’ex braccio destro di Moise, ora capo di una brutale federazione di gang sotto il nome delle Forze Rivoluzionarie della Famiglia G9 e degli Alleati che, sempre secondo Cherizier, libererà Haiti dall’oligarchia corrotta o, se non ci riuscirà, la farà precipitare nella guerra civile e in un genocidio. È stato proprio il dominio violento di Jimmy Cherizier a costringere il primo ministro Ariel Henry prima ad un esilio di facto dal suo paese e poi ad abbandonare l’incarico nell’Aprile del 2024.

È dunque subentrato il premier Garry Conille, rimosso però dal consiglio di transizione lo scorso 10 Novembre dopo soli 5 mesi dalla nomina e sostituito dall’uomo d’affari Alix Didier Fils-Aimé. Dal principio, c’erano stati rapporti tutt’altro che distesi tra Conille e il consiglio, con forti dissidi riguardo ai vertici di alcuni ministeri, tra cui quello di Giustizia, e varie accuse di corruzione. Conille ha definito “illegale” l’atto di nomina di Fils-Aimé, mettendo in ulteriore discussione l’autorità del consiglio di transizione. In questo clima, la polizia ha deciso di muoversi personalmente contro le bande criminali. Come già detto, il centro focale della crisi di sicurezza haitiana può essere individuato nella capitale Port-au-Prince, in particolare nella Cité du Soleil, la bidonville sotto controllo diretto di Cherizier, e nel quartiere di Petion-Ville. In quest’ultimo, la polizia ha guidato una missione di ritorsione risalente a martedì contro il G9 che ha portato alla morte di 28 presunti criminali.
Quella che Haiti sta affrontando è stata definita la crisi più grave dall’uccisione dell’ex presidente e ha aggravato una situazione umanitaria già drastica. È importante capire che la popolazione civile di Haiti vive in una condizione di notevole isolamento, con porti e aeroporti presi spesso di mira nelle lotte di potere tra bande criminali e governo, e si trova dunque costretta a districarsi da sola e con pochissimi aiuti internazionali tra le violenze quotidiane da tutti i fronti, un sistema sanitario prossimo al collasso e le costanti epidemie. Si stima che in un’unica settimana di ottobre siano stati 10000 gli sfollati, molti dei quali bambini. Le immagini che arrivano da chi si arrischia ad addentrarsi ad Haiti sembrano provenire da un mondo distopico caratterizzato da corpi per strada, che non è possibile sapere se respirino o meno, e il presagio di pericolo nell’aria, l’ombra di una violenza che non conosce distinzioni tra amici e nemici, né tantomeno tra morale e immorale.

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