3 ottobre 2016. Nella Sala Colonne di Viale Pola, presso la LUISS “Guido Carli”, l’Associazione Culturale studentesca LEP (Libertà è Partecipazione) ha organizzato l’incontro con la prof.ssa Ilaria Capua, a cui ho avuto il piacere di partecipare.
Ilaria Capua è una scienziata e virologa di fama mondiale, ex-parlamentare, mamma, moglie e ricercatrice combattente, come lei ama definirsi. Fin dall’inizio la conferenza assume l’aspetto di un incontro confidenziale, in cui la ricercatrice si rivela raccontando la sua storia con estrema autenticità.
Laureata in veterinaria perché “era l’unico modo per andarmene di casa, ma non mettetemi a curare animali”, Ilaria Capua dedica gran parte della sua vita alla virologia.
Nel 2000 un’epidemia di influenza aviaria mondiale si trasforma nella sua opportunità. Il gruppo di ricercatori da lei coordinato sviluppa la strategia “DIVA” (Differentiating Vaccinated from Infected Animals), la prima che ha consentito di eradicare con successo l’epidemia. Oggi “DIVA” è raccomandata come metodica di controllo dall’Unione Europea, dall’OIE e dalla FAO. Ci racconta di nottate intere trascorse in laboratorio: “Abbiamo lavorato sodo e studiato moltissimo, ma ne è valsa la pena. Un piccolo gruppo di ricercatori italiani che trova il vaccino per l’epidemia aviaria: che soddisfazione!” La gioia più grande, spiega, fu vedere quel piccolo gruppo trasformato in uno staff di 70 persone. “La nostra forza è stata lavorare insieme: da soli non si va da nessuna parte.”
E’ il 2006 e arriva la seconda opportunità. L’influenza aviaria è di nuovo al centro dell’attenzione e il virus proviene dagli allevamenti di polli. Il team della Capua riesce a decodificare il genoma del virus stesso, l’ormai famoso H5N1. Un responsabile dell’OMS la contatta chiedendole di depositare la sequenza del virus presso una banca dati ad accesso limitato. La ricercatrice si rifiuta di cedere la sequenza e la deposita su una banca dati aperta, rendendola di fatto disponibile a tutti i ricercatori del pianeta. “Se abbiamo un obiettivo e ci lavoriamo in 15, arriveremo alla soluzione forse entro un anno. Ma se diamo la possibilità a tutti i ricercatori del mondo di lavorare su quei dati, quanto prima troveremo la soluzione?”
La decisione della Capua di rendere pubblica la sequenza genetica del virus è rivoluzionaria. “Credo che la scienza sia di tutti, e quando credi davvero in qualcosa prendi una decisione perché non puoi fare altrimenti.” I giorni seguenti la ricercatrice si trova sulle prime pagine dei più importanti giornali scientifici del mondo, oggetto di ammirazione ma anche di numerose critiche. Sfidando il sistema scientifico la Capua dà avvio ad una scienza “open source”, basata sulla condivisione mondiale dei dati al fine di affrontare con maggiore efficacia epidemie mondiali. Con la sua presa di posizione la ricercatrice ci manda un messaggio forte: osate. Combattete per le vostre idee. Rompete gli schemi. Abbiate il coraggio di pensarla diversamente.
Nel 2007 Ilaria Capua è entrata fra i 50 scienziati top di Scientific American. Nel 2008 la rivista Seed la include tra le “Revolutionary Minds” del nostro secolo. Nel 2013 riceve una telefonata importante: è Mario Monti, che le chiede di candidarsi con Scelta Civica. Accetta con la voglia rimettersi in gioco in un campo completamente diverso e con la missione di “sollecitare quei cambiamenti nel mondo della ricerca di cui l’Italia ha un disperato bisogno”. Viene eletta alla Camera dei deputati e diventa vicepresidente della Commissione Cultura, Scienza ed Istruzione di Montecitorio.
La Capua, lo abbiamo capito, ama andare fuori dagli schemi. Durante la conferenza infatti, nel presentare sé stessa, paragona la sua vita a quella di Harry Potter. La scoperta scientifica, sostiene, ha molto di magico. Inoltre, nella vita di uno scienziato, come ad Hogwarts, sono cruciali non solo la struttura in cui cresci, ma anche gli amici che ti affiancano nelle imprese, i fedelissimi sostenitori, i mentori a cui ispirarsi. E il nemico, che può assumere diverse forme. In quella di Ilaria si presenta sotto forma di accusa per associazione a delinquere finalizzata alla diffusione di epidemie. Secondo l’inchiesta giornalistica pubblicata sul settimanale l’Espresso, il gruppo di cui la ricercatrice faceva parte arrivò a diffondere il virus in alcuni allevamenti del nordest d’Italia in modo da causare un’epidemia ed aumentare le vendite dei vaccini.
La sua vita professionale e personale viene stravolta. Come parlamentare perde ogni credibilità. Racconta di aver vissuto un incubo che ha coinvolto anche la sua famiglia. “Nella vita vi capiterà spesso di essere accusati, maltrattati, derisi. E più voli alto più le persone vorranno farti cadere. Ma non per questo bisogna arrendersi, anzi. Bisogna imparare ad essere resilienti, rendersi conto che i colpi più duri sono in realtà opportunità travestite.”
Il 5 luglio 2016 il tribunale di Verona proscioglie La Capua dalle accuse perché il “fatto non sussiste”. A giugno 2016 la ricercatrice presenta le dimissioni alla Camera. Lo fa, dice, per una questione di rispetto: per sé stessa e per i suoi elettori, perché “un parlamentare che non è credibile non è in grado di portare avanti con forza le battaglie in cui crede.” La Capua si è trasferita negli Stati Uniti, alla University of Florida a Gainesville, dove dirige il Centro di Eccellenza One Health.
E’ stato un onore per me poter conoscere da vicino questa donna e ricercatrice combattente. La sua passione e il suo coraggio sono e saranno per me d’ispirazione. La Capua non ha mandato solo dei messaggi a parole, ma è la sua vita a parlare per lei.
Ho avuto modo di incontrare Ilaria Capua alla fine della conferenza, in tempo per farle due domande prima che andasse via.
Dottoressa Capua, lei ha parlato molto di interdisciplinarietà e di quanto sia importante far comunicare discipline appartenenti a settori diversi. Da scienziata, crede che sarebbe utile applicare il metodo scientifico, rigoroso ed imparziale, ad altri campi oltre quello della scienza?
Assolutamente sì. Il metodo scientifico può essere applicato anche alle cosiddette “scienze dure” o “scienze della vita”. Il vantaggio del metodo scientifico è che è un metodo. Un metodo riconosciuto, che ha la sua solidità. Ed è importante questo perché, quando si arriva a delle conclusioni, è necessario avere un metodo dietro che le sostenga.
Qual è stata in questi anni, nei momenti di difficoltà, la convinzione che l’ha spinta ad andare avanti e combattere?
Ciò che mi ha fatto rimanere in piedi è stata la consapevolezza della mia estraneità ai fatti, ma soprattutto la convinzione che alla fine sei tu che ti devi rimettere in piedi. Gli altri possono darti una mano e starti vicino, ma la forza interiore deve arrivare da te stessa. Sei tu che devi tirare fuori il coraggio e la determinazione per andare avanti. Io ho fatto un grande lavoro su me stessa, e ho scoperto una forza che non credevo di avere.