INFANZIA VIOLATA, La tragedia delle famiglie senza voce

INFANZIA VIOLATA, La tragedia delle famiglie senza voce

È di fondamentale importanza per un bambino fin dai primi anni di vita crescere all’interno di un ambiente accogliente che lo faccia sentire protetto e che lo sproni a sviluppare le proprie capacità fisiche e intellettuali, essere circondato dall’amore e dalle attenzioni dei propri genitori, o di che ne fa le veci, è un aspetto fondamentale per la stabilità emotiva e psicologica dell’infante, ma al giorno d’oggi spesso trascurato. Non è raro infatti che la famiglia viva situazioni di difficoltà durante le quali non possa provvedere alla cura del proprio figlio, il quale si trova in questo modo privo di un caposaldo fondamentale, quello della famiglia intesa come embrione della società. Accade spesso dunque che i bambini sviluppino nel tempo problematiche che ne impediscono il normale inserimento ed adattamento all’interno della società, a causa della mancanza di un supporto o un punto di riferimento.

È in questi casi in che i servizi di assistenza sociale rivestono un ruolo fondamentale, facendosi carico di salvaguardare interessi e diritti dei propri assistiti e adoperandosi per contrastare e segnalare all’autorità competente eventuali situazioni di violenza o sfruttamento, tenendo conto in particolar modo di chi è legalmente incapace, come è per l’appunto un minore.

Di fronte a tali situazioni, che possono essere segnalate da parte di scuole, vigili urbani, o in alcuni casi della stessa Magistratura minorile, vengono attivate le procedure necessarie rivolte alla verifica della condizione segnalata e a procedere eventualmente all’attuazione di un progetto di intervento formulato esclusivamente per la tutela del bambino.

Talvolta questo può consistere nell’inserimento in comunità educative residenziali, che viene attuato dal servizio sociale in presenza di un provvedimento del Tribunale dei Minori di collocamento extra-familiare, nel caso in cui la presenza dei genitori naturali risulti negativa per la crescita del minore e non sia possibile procede con un affido familiare.

Il collocamento in comunità residenziale a volte è temporaneo in attesa di definire un progetto che possa prevedere o il rientro nella famiglia d’origine, o il collocamento in affido familiare quando si tratta di bambini molto piccoli e in stato di abbandono.

Gioca qui un ruolo fondamentale quello dell’assistente sociale, che figuratamente diventa il vero e proprio artefice del destino del bambino stesso essendo l’unico in grado di potergli restituire il sogno di un futuro, di una vita normale.

Alla luce di queste considerazioni, ha notevolmente scosso quanto recentemente scoperto dalle forze dell’ordine a Reggio Emilia, dove attraverso certificazioni falsificate i bambini venivano allontanati dalle proprie famiglie in difficoltà per poi essere affidati dai servizi sociali ad altre con requisiti definiti “idonei”. Frequente anche l’utilizzo di metodi psicologici, finalizzati ad alterare la memoria e i racconti delle vittime, per ottenere il materiale necessario alla falsificazione dei documenti. Secondo la procura, obiettivo principale del gruppo di persone sottoposte all’inchiesta sarebbe stato quello di sottrarre i figli a famiglie in difficoltà sociali per poi affidarli, dietro lauto pagamento, ad altri genitori. Un particolare ancora più sconvolgente è che, dopo l’allontanamento dalle famiglie di origine, alcuni minori sarebbero stati vittime di stupro all’interno delle famiglie affidatarie e delle comunità, da parte di quelle stesse persone che avrebbero dovuto cercare di aiutarli a superare il trauma dell’allontanamento dal nucleo familiare di origine. Ma così non è stato, anzi; sembrerebbe anche che i servizi sociali abbiano evitato per anni di consegnare ai bambini lettere e regali inviati dai genitori naturali, materiale rinvenuto successivamente dai carabinieri.

Ci troviamo quindi di fronte ad un episodio di frode processuale, ma soprattutto di maltrattamenti e lesioni su minori da parte di chi avrebbe dovuto rivestire invece il compito di fornire assistenza, aiuto e sostegno.

L’etimologia del termine infante lo si identifica con chi “non sa o non può parlare”, ed è di questa mancanza che l’assistenza sociale dovrebbe occuparsi, dando voce ai problemi dei minori in difficoltà. Questo non solo non è avvenuto, ma contrariamente a cio’ le famiglie sono state costrette a confrontarsi con un silenzio assordante, un muro edificato sull’indifferenza e la mancanza di ascolto.

Nessuna misura finalizzata all’aiuto economico e morale è stata attuata e il guadagno ha rappresentato l’unico obiettivo, a discapito della voce di chi, costretto nel silenzio, sembrava aver perso ogni possibilità di parola.

Articolo a cura di Martina Mancino

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