Hollaback!(in gergo “rispondere”) è un ‘ organizzazione no profit nata a New York nel 2005, che ha come scopo quello di mettere fine alle molestie sessuali nelle strade attraverso il web. Pubblicando sul sito l’esperienza di centinaia e centinaia di donne, si ha la speranza di far prendere coscienza che le donne non sono colpevoli delle molestie subite e soprattutto di inibire tali comportamenti a chi, leggendo le numerose testimonianze e pareri, si renda conto del disvalore morale della propria azione. Il problema delle molestie in pubblico è fin troppo sottovalutato, anzi fin troppo “ accettato” come fenomeno culturale, visto che ormai nessuno si sorprende più per un commento volgare e gratuito su una bella ragazza o per un insulto ad una paffuta. Il movimento, che raccoglie migliaia tra attivisti e attiviste, non si ferma solo a condannare gli autori delle molestie ma anche gli spettatori passivi, che, pur potendo intervenire, non lo fanno. A tal proposito Hollaback! È partner di Green Dot(“ bottone verde”)che offre suggerimenti su come intervenire a chi assiste a molestie per strada e la possibilità, con un semplice “click”, di dare sostegno a chi racconta le proprie vicende sulla community. Il successo riscosso (oggi il movimento è attivo in 25 paesi, tra cui dal 2012 anche l’ Italia) fa comprendere come internet oramai sia uno strumento importantissimo per la circolazione di idee e ideali e ciò va preso in considerazione anche quando si tratta di esempi negativi, soprattutto se provenienti da personaggi di spicco, come nel caso che di recente ha visto protagonista Maurizio Gasparri. Infatti il Vicepresidente del Senato ha schernito sul social network Twitter una fan del rapper Fedez, la quale aveva richiamato un tweet dell’artista contro il corteo leghista che ha manifestato sabato 18 ottobre a Milano. Leggendolo, il leader di Forza Italia ha commentato scrivendo : “cioè questo coso dipinto ha avuto qualcosa da ridire?” e poi ancora “ meno droga, più dieta messa male”. Questo degrado, che parte dalle istituzioni e dilaga in tutta la comunità, è emerso da un’indagine Istat effettuata tra il 2008 e il 2009: ancora oggi oltre il 50% delle donne intervistate dichiara di aver subito nell’arco della vita molestie sul lavoro o episodi di pedinamento, esibizionismo verbale e fisico. Di fronte a tutto ciò la reazione primaria è quella di pulirsi la coscienza “educando” a prevenire ed evitare tali episodi, rendendo le donne schive anche di fare cose che invece gli uomini ritengono semplici ed innocenti, come prendere l’autobus o indossare un paio di jeans attillati. E’ così che si rende la donna debole, schiava delle sue paure, quando in realtà il messaggio che dovrebbe diffondersi è che le donne (e non solo) hanno il potere, oltre che di autotutelarsi, di contribuire a costruire un clima di condanna e biasimo sociale circa le molestie, in qualsiasi forma si presentino.
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