La politica estera USA se vince Hillary

La politica estera USA se vince Hillary

Quale sarà il futuro scenario mondiale se vincesse l’ex-segretario di Stato?

A pochissimo dall’Election Day, in cui milioni di votanti Americani sono attesi alle urne, i molteplici polls e modelli predittivi mostrano, complice anche il recente annuncio sulla riapertura delle indagini del caso email-gate, un risultato quantomai incerto e imprevedibile, con ciascuno dei due candidati in testa in alcuni Stati.

Ma ipotizzando per un attimo che sia la nominee dei Democratici a vincere, quali saranno le sue politiche, in particolare in ambito estero? Il tema della politica internazionale è stato forse il più scottante ma anche quello trattato con maggiore serietà dai due candidati nella lunga campagna elettorale. Riguardo Hillary, le sue idee appaiono abbastanza in continuità con quelle dell’amministrazione Obama: non dimentichiamo peraltro che proprio la “foreign policy” dell’attuale Presidente è stata dettata nel suo primo mandato dalla Clinton, in veste di Segretario di Stato. Il focus sarebbe quindi su una presenza mondiale consistente, con un approccio tuttavia più smart nei vari teatri di guerra: in particolare, la Clinton propenderebbe per un massiccio uso dell’intelligence nella guerra allo Stato Islamico. Come secondo punto, vi sarebbe un rafforzamento del ruolo Statunitense nella NATO, alquanto passivo durante l’era Obama, in funzione di contenimento Russo, un punto focale questo per la Clinton. Successivamente si contempla un rafforzamento delle relazioni con la Cina, come già propose durante il suo Segretariato con il famoso “Pivot to Asia”, e infine, avverserebbe completamente il TTIP ( Trans-Pacific Partnership), trattato di libero scambio internazionale su cui ha puntato fortemente l’amministrazione uscente.

Una politica estera, quindi, che sembra mescolare maggiore incisività nei teatri caldi, ad un approccio più “smart” e al contempo invitante verso il Dragone Asiatico, ormai una pedina imprescindibile nel teatro Orientale. Certo, molti detrattori dell’ex-first lady lamentano come sia altamente probabile da un lato la ripetizione del “flip-flop”, ovvero della grande mutevolezza nelle alleanze, rivelatasi problematica nei teatri del Medio Oriente (vedi Bengasi e il caso Libico), e dall’altro una nuova “cold war” contro la Russia di Putin, che vuole tornare a essere sempre più determinante sullo scenario mondiale.

Insomma, tanti dubbi aleggiano non solo sugli exit-polls, ma anche sulle politiche che Hillary adotterebbe in caso di vittoria: ma probabilmente, pur essendovi giuste preoccupazioni per alcune tematiche, la sua sarebbe la politica più intelligente in questa fase storica quanto mai complessa, che vede il ruolo mondiale degli Stati Uniti a un bivio, insieme pronto a essere messo in discussione da avversari vecchi e nuovi ma anche quanto mai determinante e necessario negli scenari dove viene deciso il destino del pianeta.

 

A cura di Pasquale Candela

 

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