In occasione delle celebrazioni per il 69esimo anniversario della nascita della Repubblica Italiana, proponiamo l’articolo di apertura del Corriera della Sera successivo ai risultati del Referendum Istituzionale del 2 e 3 Giugno 1946.
La Repubblica ha vinto. Ha vinto con una maggioranza non grande, ma appunto perché non grande essa sta a dimostrare la tenace resistenza contro cui il popolo ha dovuto a suo onore lottare, i forti pregiudizi contro cui ha dovuto combattere, le diffuse paure che ha dovuto vincere e la coalizione di malintesi interessi e di torbide nostalgiche fermentazioni che è stato costretto ad affrontare. Forse non è male che la vittoria sia stata così tenacemente contrastata. Se alla Repubblica si fosse addivenuti subito dopo la liberazione, si sarebbe potuto credere a un moto irriflessivo del momento eccitato e passionale. Così, invece, la tregua istituzionale, voluta dagli alleati, avendo permesso una lunga, aperta, meditata discussione durante la quale tutti i pro e i contro dell’arduo problema sono stati messi sotto gli occhi del popolo italiano, ha dato alla decisione di domenica una consapevolezza e una serietà che non possono fare a meno di avvalorarne l’alto significato.
L’ostacolo maggiore da superare era in noi stessi, nel nostro istintivo conservatorismo, nella titubanza ad alterare una struttura nella quale, per una illusione allettatrice, ma falsa e insidiosa, credevamo di vedere l’ordine, la stabilità, la quiete e l’unità. Il popolo italiano ha superato anche questo ostacolo, creato più che altro da fattori psicologici e alimentato, ad arte, da troppo evidenti manovre. Ha preso il coraggio a due mani ed è entrato nella nuova strada ben sapendo ciò che gli spetta.
Perché, diciamolo subito, un compito grave gli spetta: la Repubblica è stata voluta e affermata, ma ora bisogna farla questa Repubblica e, soprattutto, bisogna fare questi repubblicani. Il nostro compito, ricordiamocelo, non è finito, ma è appena cominciato domenica. Abbiamo detto: è qui che sorgerà la nostra casa, ma ora bisogna costruirla questa casa e saperla costruire.
Noi crediamo fermamente che riusciremo ad assolvere questo compito. Mai come in quest’ora abbiamo avuto tanta fede nel popolo italiano. Repubblicani e monarchici, Nord e Sud, apparentemente divisi, ritroveranno ora la loro unità in un solo pensiero, in un solo sentimento, in una sola idealità: l’Italia. Questa Italia – che vuol rinascere, che vuol rigenerarsi, e che di fronte agli stranieri e soprattutto di fronte agli alleati ha dato la dimostrazione di aver rotto nettamente con il suo recente passato volendo rivivere con un nuovo viso e un animo nouvo – si impone al rispetto di noi stessi e di tutto il mondo civile.
Quanto alle elezioni per la Costituente avremmo diversi rilievi da fare, e non mancheremo di farli quando ci si presenterà l’occasione. I risultati per la verità erano previsti. Si sapeva che i tre partiti di massa avrebbero avuto il sopravvento. Alcuni, forse, non si aspettavano che i democristiani avrebbero ottenuto una votazione così alta, ma nessuno certo vorrà vedere nel loro successo qui e via di qui – in Francia, in Olanda, in Austria ed ovunque – il segno di una schietta e sentita rinascita religiosa. Se così fosse saremmo i primi noi a rallegrarcene; ma in realtà in gran parte i voti dati alla democrazia cristiana non furono né per Cristo né per la Chiesa cattolica, ma furono voti dati unicamente contro il comunismo più per amore dei beni terreni che di quelli celesti.
Né ci soffermeremo per il momento sull’esito che hanno avuto i partiti minori: esito che in un senso o nell’altro si spiega dati la loro impostazione, gli uomini che li rappresentavano e i collegi nei quali più vivamente svolsero la loro propaganda. Diremo solo che, a nostro avviso, sarebbe un errore dare un significato politico alla votazione, veramente notevole, ottenuta dal qualunquismo, in contrasto significante con la povera prova fatta dal medesimo solo poco fa nelle elezioni amministrative. I vari partiti, in questi giorni che ci separano dalla convocazione della Costituente, avranno indubbiamente consultazioni ed approcci e per conto nostro, ci auguriamo una cosa sola: che, fissate certe linee di convergenza e di divergenza, si trovi il modo di evitare il coalizionismo o almeno di restringerlo il più possibile e si arrivi ad un Governo di partito la cui azione dovrebbe essere integrata da una opposizione vigile, correttiva e collaboratrice. La prima riunione dei 573 deputati eletti alla Costituente avrà luogo il 24 di giugno in Montecitorio. Scaduto automaticamente il Sovrano, in questi giorni che ci separano dalla Costituente Capo dello Stato rimarrà il Capo del Governo. L’Assemblea, una volta costituitasi, eleggerà il giorno 25 come suo primo atto il Capo provvisorio dello Stato, che eserciterà le sue funzioni fino a quando sarà nominato, tra otto o dieci mesi, il Capo effettivo, a norma della Costituzione votata dall’Assemblea.
Per l’elezione del Capo provvisorio, che, come dicevamo, avrà luogo il 25 del mese, si richiederà la maggioranza dei tre quinti dei membri dell’Assemblea. Se al terzo scrutinio non sarà raggiunta la maggioranza basterà la maggioranza assoluta. Avvenuta l’elezione del Capo provvisorio dello Stato il Governo, presieduto da De Gasperi, gli presenterà le sue dimissioni ed il Capo provvisorio dello Stato darà l’incarico per la formazione del nuovo Governo.