Non è più un mistero per nessuno che le sinistre europee stiano attraversando un momento di profonda crisi, e per giunta neanche, come storicamente è sempre successo, a partire dall’Europa, ma addirittura da oltre oceano. Sì, perché lo scorso anno ci ha regalato sorprese davvero inaspettate, con le primarie democratiche negli Stati Uniti e l’inaspettata quanto inedita rilevanza assunta da Bernie Sanders con il suo “socialismo progressista”. Poi la storia la conosciamo bene: il senatore del Vermont ha dovuto concedere la nomination a Hillary Clinton, ma a differenza della rivale ha saputo creare quasi miracolosamente un movimento davvero vasto e multiforme, che abbraccia una larghissima parte dell’elettorato Americano. E in qualche modo la sua influenza è andata anche oltreoceano, abbracciando l’Europa, il vecchio continente che mai come in questo momento, a 2017 da poco iniziato, deve far fronte non solo a una moltitudine sempre più vasta e complessa di problemi, ma sembra star arrivando alla resa dei conti finale con la propria stessa identità.
Non certo casuali, infatti, sono i discorsi della cancelliera uscente Angela Merkel sull’Europa a più “cerchi”: parole le sue che vanno ad alimentare ulteriormente un focolaio mai sopito, ma anzi sempre vivo da qualche tempo nell’Europa più profonda. E mentre la nuova Presidenza di Donald Trump sta già cominciando ad “infiammare” i panorami mondiali, anche per la Francia, attore chiave nelle dinamiche del vecchio continente, sta arrivando il momento di decidere. La scelta di François Hollande di non ricandidarsi alla Presidenza della Repubblica transalpina ha segnato a dicembre un netto spartiacque e la fine di un mandato di grande immobilismo, indecisione e incertezza, ancor più poi con lo scoppio delle emergenze del terrorismo e del lavoro dei passati due anni. Così il suo ex premier e fedelissimo Manuel Valls sempre a dicembre si è fatto avanti, annunciando la sua candidatura alle primarie del partito socialista, con un ambizioso programma di rifondare la sinistra attorno ai cardini del riformismo sociale e della maggiore libertà in campo economico. Assieme a lui tra i candidati più noti si sono presentati anche Arnaud Montebourg, ex ministro dell’Economia, e Benoît Hamon, ex ministro dell’Educazione. Alla fine, il primo turno ha visto come unici superstiti Valls, al 31 %, e Hamon, al 35%, e poi, a grande sorpresa, domenica 29, al secondo turno, Hamon ha vinto il ballottaggio, diventando così il front-runner dei Socialisti alle presidenziali.
E proprio l’ex ministro dell’Economia è quello che ha destato più stupore con la sua vittoria assolutamente inaspettata: perché ad agosto scorso fu il primo ad annunciare la sua candidatura, ma era dato praticamente per sconfitto da subito, di fronte a nomi come Valls e Montebourg. E invece le cose ancora una volta sono andate ben diversamente, e in tutto questo la fortuna ha giocato ben poco: perché Benoît Hamon è riuscito in breve tempo ad attirare su di sé i consensi di gran parte dei socialisti, giocando proprio sulla carta dell’outsider, in rotta con il partito e poi con lo stesso governo di cui ha fatto parte fino al 2015. Poi è venuto anche l’importantissimo incontro con Bernie Sanders a settembre scorso, dal quale certamente Hamon ha tratto importanti lezioni: e di qui quindi è giunto sicuramente anche il suo programma, che prevede un reddito di cittadinanza universale, grazie alle tasse sui robot e alla lotta all’evasione fiscale, e una particolare attenzione al rispetto dell’ambiente, fino a spaziare all’ideale di un’Europa più progressista e con meno “contabili”. Insomma, una figura di inedito outsider quella di Hamon, che però ancora adesso appare in grandissimo svantaggio di fronte alla sempre più prorompente popolarità dell’FN di Marine Le Pen e di “En Marche!” dell’ex ministro dell’Economia Macron. Una battaglia tuttavia ancora imprevedibile che, se per ora sembra si capitalizzerà sempre più attorno al polo sociale-centrista del giovanissimo ex-socialista con il suo movimento e al vecchio ma sempre più in testa nei consensi FN, potrebbe regalarci probabilmente inedite sorprese fino alla fine, in queste più che mai infiammate presidenziali di un Paese a una svolta importante della sua storia.
Resta da vedere quindi se e come la Sinistra Francese saprà reggere e rispondere efficacemente all’attacco incalzante della destra e degli inediti outsider alla Macron, in un momento in cui, nell’incertezza più generale e nella crisi di ideologie che sembra accompagnarla, le parole storiche “ Liberté, Egalité, Fraternité” sembrano l’unico vero collante che ancora una volta darà il vigore necessario alla Francia per riprendere nuovamente in mano il suo destino.
A cura di Pasquale Candela
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