Contrariamente a quanto si pensa, è un grande errore ritenere che la piaga delle spose bambine sia un fenomeno residuale e i dati del nuovo rapporto Unicef sul fenomeno aiutano a ricredersi (http://www.unicef.org/media/files/UNICEF-Child-Marriage-Brochure-low-Single(1).pdf).
In tutto il mondo, infatti, ci sono più di 700 milioni di bambine e ragazze che sono state costrette a sposarsi prima dei 18 anni. Di queste, 125 milioni vivono in Africa. Una su tre si è sposata addirittura prima dei 15 anni. Isolate, tagliate fuori da famiglia e amicizie e da qualsiasi altra forma di sostegno, queste ragazze perdono la libertà e sono sottoposte a violenze e abusi. Molte di loro rimangono incinte immediatamente o poco dopo il matrimonio, quando sono ancora delle bambine.I matrimoni precoci e forzati sono illegali secondo il diritto internazionale e sono vietati in molti dei paesi che ne registrano un alto tasso, ma le leggi esistenti spesso non vengono applicate oppure forniscono eccezioni per il consenso dei genitori o per le pratiche tradizionali.
Il 2 luglio 2015, il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha adottato la prima Risoluzione sulla prevenzione e l’eliminazione dei matrimoni precoci e forzati. Il testo ribadisce che i matrimoni precoci e forzati rappresentano una violazione dei diritti umani, in particolare delle donne e delle bambine. La Risoluzione si rivolge agli stati e sottolinea l’importanza del coinvolgimento dell’intera società civile per rafforzare il monitoraggio e gli interventi di prevenzione a contrasto di questo fenomeno (United Nations, General Assembly, Resolution A/HRC/29/L.15).
Non si può rimanere indifferenti di fronte a un fenomeno così tragico e in drastico aumento! Diverse le campagne di sensibilizzazione condotte nei confronti dell’opinione pubblica su questo fenomeno che si radica nella povertà, nella discriminazione e nell’arretratezza culturale. Tra le varie azioni di pressione da parte della società civile è rinvenibile un grande impegno ad aumentare l’attenzione dei governi dei paesi in cui questa pratica è presente affinché sia bandita, ma la pressione è volta anche a chiedere l’avvio di indagini imparziali, tempestive ed esaurienti su ogni denuncia di violazione dei diritti umani e per contribuire a far sì che le bambine e le ragazze non subiscano decisioni riguardanti il loro corpo che siano causa di violazioni dei diritti umani.
Numerose testimonianze ci trasmettono la tragicità e l’assurdità delle vicende che queste bambine sono costrette a vivere in silenzio e senza la possibilità di ricevere un aiuto, come dimostra la testimonianza della piccola Hannan dalla Somalia:
“Avevo 13 anni. La mia famiglia ha deciso di darmi in sposa a un uomo, ho rifiutato e sono scappata. Hanno mandato degli uomini a inseguirmi. Mi hanno presa, mi hanno legato mani e piedi e gettato in una stanza, dove c’era quell’uomo. Mi ha picchiato sin dall’inizio. I suoi familiari dicevano che ero disabile e quindi non dovevo lamentarmi. Quell’uomo mi picchia, mi prende a schiaffi e a calci, mi stringe la gola. Quando scappo e mi rifugio a casa, mia zia mi rimanda da lui perché sono disabile”.
Malgrado i grandi passi in avanti del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite in materia, molto resta ancora da fare. Come affermato dalla Presidente della Commissione dell’Unione Africana Nkosozana Dlamini Zuma: “Attraverso una maggiore sensibilizzazione, combinata ad un approccio collaborativo, i disastrosi effetti del matrimonio infantile possono essere eliminati” (“Mondo, 2015: 700 milioni di spose bambine” l’Espresso, 26 novembre 2015).
Per agire concretamente contro questa terribile violazione dei diritti umani, è possibile prendere parte alla campagna #MAIPIÙSPOSEBAMBINE di Amnesty International. Dall’8 marzo al 15 aprile è possibile regalare un fiore per esprimere la propria solidarietà a tutte quelle bambine che in Burkina Faso vedono i propri diritti negati. Per partecipare e seguire la campagna sui social network si potrà usare l’hashtag #maipiùsposebambine e per maggiori informazioni sull’azione è possibile visitare la pagina: http://www.amnesty.it/burkina
A cura di Valentina Aurigemma