Cari amici liberali,
siete tanti, anzi tantissimi.
La vostra storia è nobile: inizia con Benedetto Croce, De Nicola, Einaudi, eravate antifascisti e anticomunisti.
Amavate l’America, odiavate la Russia, eravate laici. Credevate nella propietà privata e nelle libertà civili e avevate un vostro partito: il Partito Liberale Italiano.
Nella prima repubblica non avete mai raccolto troppo consenso ma come conseguenza naturale di un sistema congenitamente proporzionale vi siete ritrovati più volte al governo.
A un certo punto, con la caduta del muro di Berlino, sembrava fosse arrivato il vostro momento: un ricco imprenditore Milanese, bassino e con la battuta facile, si propose come leader della “rivoluzione liberale”, una rivoluzione gentile pensata per impedire ai postcomunisti di governare.
Subito però venne fuori qualche contraddizione e l’uomo bassino decise di apparentarsi in coalizione con gli eredi del Movimento Sociale Italiano, a loro volta figli di una tradizione non propiamente liberale.
Oggi, a distanza di Venticinque anni, la storia si ripete e l’uomo bassino (che nel frattempo ha guidato quattro governi, ha superato gli ottant’anni ed è divenuto incandidabile a causa di una serie di ambigue vicende giudiziarie) ha deciso di riproporre una coalizione con la destra nazionalista e protezionista.
Molti di voi, nonostante tutto, voteranno ancora questa coalizione e (considerando che votando un partito si fa governare un’intera coalizione) proprio a voi voglio chiedere:
È liberale chi ha minacciato di abbandonare la moneta unica?
È liberale chi si è scagliato contro le unioni civili?
È liberale chi propone un’economia protezionista?
Certamente, voi mi direte, è liberale chi propone di abbassare le tasse ma, a mio giudizio, più che liberale
è semplicemente furbo.
A cura di Stefano Castellana Soldano