Caro mondo,
Voglio scappare.
Più lontano, meglio è.
Voglio correre
Fino a quando i piedi non saranno diventati un tutt’uno con l’asfalto
Fino a quando i miei respiri non si saranno cristallizzati nell’aria
Fino a quando terra e cielo non si uniranno
Fino a quando non sarò lontana da questa terra che non fa altro che spegnere i miei sogni come candeline,
Quasi a trovarci gusto,
E che cerca di inghiottire le nostre speranze, i nostri sorrisi.
Caro mondo,
Voglio scappare
Fino a quando tutti i bambini non sorrideranno
Fino a quando non ci sarà giustizia ed uguaglianza per tutti
Fino a quando
Ognuno non avrà smesso di vivere nel suo piccolo mondo perfetto
E deciderà di aprire gli occhi
Su ciò che davvero è, il mondo.
Caro mondo,
Voglio scappare
Fino a quando
Fino a quando i drogati non decideranno di smettere di far uso di sostanze stupefacenti
Poiché il mondo sarà all’altezza di quello che desiderano.
Caro mondo,
È un’anima muta che cerca di parlarti.
È contradditorio, lo capisco.
Ma la guerra ha reso noi sordi
E il resto del pianeta cieco.
Le orecchie non sentono altro che grida, lamenti, ultimi respiri affaticati che si spengono in un ultimo, semplice, delicato e pesante, respiro.
Il respiro, l’ultimo di ognuno di loro,
Fa eco tra le zone deserte
Fra le case demolite e quelle che costituiscono l’ultimo segno di protezione che la cattiveria umana ha lasciato.
Un segno di protezione, anche solo simbolico.
Le grida invece sono racchiuse sotto questa cappa che ci ha resi prigionieri.
In questo luogo l’unico abitante è la morte.
I bambini hanno paura.
Così tanta paura che non riescono a chiudere gli occhi per più di un minuto che
Subito, vengono scossi dalla tirannia.
Bombe.
Spari.
Paura nel non rivedere il padre tornare a casa.
I bambini hanno paura del presente.
Non pensano ci sia, per loro, un futuro.
E come glielo diresti, tu, ad un bambino
Che con le lacrime agli occhi
Pieno di disperazione e dolore
Che porta nel suo stomaco vuoto solo il ricordo del cibo
Che la vita, in lui, presto o tardi, finirà?
Come glielo diresti, tu, ad un bambino
Così piccolo, ancora nelle braccia della mamma
Che prestò sarà solo
A combattere contro quest’umanità
Che lo annienterà?
Il resto del mondo è cieco.
Continua a vivere la sua vita agiata e colorata
Senza badare al fatto che a pochi migliaia di chilometri
Ci siano bambini, destinati a vivere in bianco e nero.
Fumo. Ammassi di cadaveri. Sporcizia. Fame. Granate.
Come lo spiegheresti, tu, ad un bambino, cos’è la guerra?
Se non il dolore eterno?
Articolo a cura di Elena Sofia Venturi