L’evasore fiscale è un patriota?
Foto tratta da "quifinanza.it".

L’evasore fiscale è un patriota?

“… è nella coscienza di tutti che la frode fiscale non potrà essere davvero considerata alla stregua degli altri reati finché le leggi tributarie rimarranno, quali sono, vessatorie e pesantissime e finché le sottili arti della frode rimarranno l’unica arma di difesa del contribuente contro le esorbitanze del fisco”.  È nobile intendimento… impedire che alcuno si sottragga al suo debito tributario, in quanto la frode degli uni, immiserendo l’erario, lo costringe a gravare la mano su quelli che frodare non possono. Ma d’altro canto non è male che il tentativo della Finanza di costringere tutti a pagare le altissime aliquote italiane incontri una vivace resistenza nei privati. Se questi si acquietassero, e pagassero senza fiatare, anche la Finanza si adagerebbe sulle alte quote, paga dei guadagnati allori. La frode persistente la costringe a riflettere se non le convenga di ridurre le aliquote per indurre i contribuenti a miglior consiglio o per scemare il premio della frode. Il reato fiscale non è quindi sempre senza frutti: poiché ad esso si deve se qualcosa si ottenne in materia di minorazioni di aliquote…”.

Queste parole non appartengono a Vittorio Sgarbi, feroce polemista e celebre critico d’arte che qualche tempo fa durante un talk show ha definito l’evasore fiscale un patriota, scandalizzando e indignando i soliti bacchettoni incapaci di comprendere l’evidente provocazione.

Sono state scritte 110 anni fa da Luigi Einaudi sul Corriere della Sera. Nella propria analisi del sistema economico e tributario italiano il secondo Presidente della Repubblica Italiana critica duramente l’eccessiva pressione fiscale che opprime il settore privato, motore di ogni sistema capitalistico, e che induce diversi imprenditori ad evadere. Einaudi ha elaborato un concetto piuttosto interessante: l’evasione dilagante e incontrollata potrebbe nel tempo persuadere lo Stato a diminuire la pressione fiscale, e quindi paradossalmente potrebbe avere un effetto più che positivo sull’economia generale. L’ex governatore della Banca d’Italia però evidenzia anche un’ ulteriore problematica: se molti non rispettano le regole e pochi pagano le tasse, lo Stato sarà costretto a ‘gravare la mano’ su chi onestamente paga ogni singola imposta. Il dibattito su tale questione attraversa la storia economica e politica del nostro Paese e affidarsi alla filosofia è la soluzione giusta per affrontarlo: è necessario difatti interrogarsi sulla natura stessa del concetto di legge. L’uomo è parte di una collettività e in quanto tale gode di determinati benefici; ma è anche tenuto a rispettare determinati doveri. Però rispettare la legge e allo stesso tempo mantenere la propria autonomia morale e politica spesso è complesso. Su questo è necessario interrogarci. Rispettiamo una legge in quanto tale oppure la rispettiamo perché la troviamo giusta? Se un imprenditore che subisce ‘le esorbitanze del fisco’ evade le tasse si sta realmente comportando ingiustamente? È vero che non possiamo affidarci ad un principio puramente relativista, altrimenti ogni individuo potrebbe interpretare bene e male a proprio piacimento. Lo Stato deve necessariamente dettare un etica generale ragionevole. Ma tale etica, a mio parere, può limitarsi solo ed esclusivamente a bandire e a punire comportamenti che ledono la libertà altrui e di certo non può imporre leggi tributarie ‘vessatorie e pesantissime’. Il governo italiano guidato da Giuseppe Conte è stato coinvolto in una polemica povera di contenuti e senza fine a causa della preannunciata lotta all’evasione fiscale: è certamente giusto punire severamente i grandi evasori, ma lo stesso principio è applicabile al piccolo artigiano, strozzato dalle tasse, con una famiglia da mantenere e con un paio di dipendenti a cui pagare lo stipendio? Fate vobis.

Milton Friedman, Premio Nobel per l’Economia e padre del neoliberismo, dedicava queste parole al mercato nero italiano:

“Il mercato nero, Napoli, e l’evasione fiscale hanno salvato il vostro Paese, sottraendo ingenti capitali al controllo delle burocrazie statali. E per questo io ho più fiducia nell’Italia di quel che si possa avere dalle statistiche, che sono pessimiste. Il vostro mercato nero è un modello di efficienza. Il governo un modello di inefficienza. In certe situazioni un evasore è un patriota. Ci sono tasse immorali. Non facciamo moralismi, un conto è rubare o uccidere, un conto evadere le tasse”

Quella di Friedman è una visione piuttosto radicale e contestabile, ma è evidente che i servizi pubblici erogati dallo Stato italiano sono scadenti e incastrati all’interno di un sistema burocratico pastoso e inefficiente: diventa frustrante cedere ad uno Stato malfunzionante e divorato dalla corruzione il 60% del proprio utile.

L’uomo moderno non è succube del potere e dell’autorità statale: la legge non è sacra e pertanto non va rispettata indipendentemente dal proprio contenuto. Sacra è la libertà, e se legge la calpesta, allora non è altro che carta straccia buona solo per incartare il pesce.

A cura di Michelangelo Mecchia

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