Liberi fino alla fine

Liberi fino alla fine

Recentemente ho visto il video di un ragazzo: parlava con fatica, lo sguardo fisso davanti a sé. Chiedeva, in una lettera, il riconoscimento di un diritto: il diritto di morire. Quel ragazzo è Fabiano Antoniani, anche noto come “Dj Fabo”. Il 13 giugno 2014 ha avuto un incidente che lo ha reso cieco e tetraplegico. La lettera è il suo appello al Presidente Mattarella, in cui chiede si intervenga affinché si sblocchi la proposta di legge sull’eutanasia.

L’eutanasia (dal greco, letteralmente “buona morte”) è la morte di un malato in presenza di assistenza medica. L’eutanasia è attiva quando il decesso è causato tramite la somministrazione di farmaci che portano la morte, mentre è passiva quando è provocata dall’interruzione o dall’omissione di un trattamento medico necessario alla sopravvivenza. Inoltre l’eutanasia è volontaria quando segue la richiesta esplicita del soggetto, essendo egli in grado di intendere e di volere oppure mediante il cosiddetto testamento biologico. L’eutanasia è detta non-volontaria nei casi in cui non sia il soggetto stesso ad esprimere tale volontà, ma un terzo designato. L’eutanasia è detta involontaria quando è praticata contro la volontà del paziente.

A parlare di eutanasia si scivola in un ambito delicato, che sfiora questioni di bioetica e morale. Un tema ancora più delicato in un Paese come il nostro, dove l’ingombrante presenza di posizioni proibizioniste e clericali rallenta il processo di riconoscimento del “diritto alla buona morte”.

l’Italia arriva tardi in tema di eutanasia: a differenza di molti Stati in Europa e nel mondo, nel nostro Paese non è ancora presente una legislazione. Oggi, secondo l’art.575 del codice penale, l’eutanasia attiva è assimilabile, in generale, all’omicidio. In caso di consenso del malato si configura la fattispecie di omicidio del consenziente (art. 579 c.p.), mentre il suicidio assistito è assimilato al reato di istigazione o aiuto al suicidio (art. 580 c.p.). “L’eutanasia in Italia è illegale, ma praticata” (Umberto Veronesi sul Corriere della Sera, novembre 2014). L’eutanasia è praticata clandestinamente da molti medici, oppure da chi può permettersi di intraprendere un iter giudiziario, innescando un meccanismo in cui la magistratura tenta di colmare le lacune del legislatore.

D’altra parte un passo importante in tema di “fine vita” sta per essere compiuto. Dopo un anno di discussione, Il 16 febbraio 2017 la Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati ha approvato la proposta di legge sul testamento biologico (“Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari”). La Commissione ha avuto il compito di unificare le diverse proposte di legge e di esaminare numerosi emendamenti. Nonostante duri scontri e tentativi di ostruzionismo, si è arrivati ad un progetto di legge unificato. “Vista l’estrema sensibilità del tema occorre evitare ogni strumentalizzazione, perché il Paese aspetta una legge organica e il nostro dovere è quello di garantirla”, ha dichiarato Donata Lenzi, deputata Pd e relatrice del testo. La discussione della proposta, dopo estenuanti rinvii, dovrebbe tenersi in Aula alla Camera i primi di marzo.

La conquista è notevole: è la prima volta che in Parlamento si arriva a discutere un testo sul “fine vita”. Ma attenzione: non si tratta di una legge sull’eutanasia, bensì sul testamento biologico. Il testamento biologico è la dichiarazione in vita e per iscritto di un soggetto sugli eventuali sanitari che intenda accettare o rifiutare nel momento in cui, per gravi malattie o incidenti, subentrerà un’incapacità mentale.

La proposta di legge è composta di cinque articoli: Consenso informato, Minori e incapaci, DAT, Pianificazione condivisa delle cure, Norma transitoria. L’art.3, essenza di questa proposta, riguarda il riconoscimento legale delle DAT (Direttive anticipate di trattamento), dichiarazioni in cui, in previsione di una eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, vengono espresse le proprie preferenze in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a questi ultimi.

Ripenso a Dj Fabo e al suo grido di dolore. Il 27 febbraio 2017 Fabo ha deciso di porre fine alla sua vita: si è recato in Svizzera per usufruire del suicidio assistito. Condivisibile o no, questa è la sua scelta, e il nostro Paese non è stato in grado di difenderla. Un grido, quello di Fabo, di dolore ma anche di speranza: la speranza di un Paese che difenda la libera scelta di ognuno, fino in fondo.

Dj Fabo non c’è più, ma la sua battaglia continua. Mi auguro che la proposta di legge sul testamento biologico concluda presto il suo iter, e che questo sia solo il primo passo verso la legalizzazione dell’eutanasia. Perché ciascuno possa davvero affermare, come scriveva il poeta inglese William Ernest Henley: “Io sono il padrone del mio destino: Io sono il capitano della mia anima.”

Fino alla fine.

 

A cura di Marianna Marzano.

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