L’immortale

L’immortale

Ancora lui, ancora Roger Federer, a quasi 5 anni di distanza dall’ultima volta. Quel giorno tornò anche ad essere numero 1 del mondo, battendo in finale a Wimbledon uno scozzese alquanto bravo, ostico sulla carta e duro a morire nel torneo più importante dell’anno, col documento d’identità dello svizzero che segnava la ragguardevole età di 30 anni e 11 mesi, mentre quello del suo avversario ne riportava soltanto 25 di primavere, ma si è già detto e scritto troppo a riguardo. Seppur in tanti ci proveranno, la partita di ieri e quella del torneo di Wimbledon 2012 non sono nemmeno lontanamente paragonabili, non solo perché Murray non ha il palmares di Nadal (probabilmente lo sogna di notte, anche se potrebbe accontentarsi momentaneamente di essere numero 1 di qui in avanti per qualche mese ancora), ma soprattutto perché lo spagnolo, col suo gioco arrotato e spigoloso, è sempre stato un avversario temibile per Federer e spesso lo ha battuto nelle partite che contano.

Nelle finali Slam erano 6-2 per Rafa, mai Federer era riuscito ad imporsi col mancino di Manacor, nell’ultimo atto dei tornei più attesi e combattuti del Tennis, al di fuori del centrale londinese. Anzi, proprio in Australia, 8 anni fa, Nadal rifilò allo svizzero una cocente sconfitta, al quinto set, dopo una battaglia di altissimo livello stilistico e tecnico. Aggiungerei che il Re, 5 anni fa, stava esprimendo una continuità pazzesca per un giocatore over 30 e veniva da 12 mesi ad ottimo livello. Ieri, invece, ha vinto il suo 18esimo Slam (avete letto bene) all’età di 35 anni e 5 mesi (non siete diventati ciechi o ipermetropi, ve lo assicuro), dopo 3 ore abbondanti di lotta e grinta contro la sua bestia nera, Rafael Nadal, e successivamente ad un periodo di stop di 6 mesi (giuro che non sto scherzando) in cui, a causa di un infortunio al ginocchio e fastidiosi problemi alla schiena, aveva colpito la pallina con la stessa frequenza con cui Gabigol gioca nell’Inter. Lo so, state per correggermi quest’ultima statistica. Gabigol ha toccato molti più palloni da calcio in partita rispetto alle sessioni di allenamento di Federer, è ovvio! Battute a parte, la sensazione nel circuito è che Roger volesse continuare solo per divertirsi, la sua vittoria in un torneo dello Slam non era neanche quotata, o, perlomeno, era data a quote vicine a quelle del Chievo Verona Campione d’Italia. Lo stesso valeva per Nadal, che negli ultimi 2 anni ha perso la sua pericolosità e la sua grinta ed è sceso in classifica al 9º posto, subendo come Federer sconfitte inaccettabili e impronosticabili. Nel periodo di inattività, inoltre, un certo Djokovic, che ha osato batterlo nelle ultime 3 recenti sfide in finale Slam, si è divertito troppo fuori dal campo e lo scettro di numero 1 è passato proprio a Andy Murray, lo stesso “sparring partner” dell’ultimo trionfo Slam di Federer prima di queste 2 fantastiche settimane. “È diventato vecchio”, “È stato sopravvalutato”, “Fosse nato qualche anno dopo avrebbe vinto di meno”, “Non è il migliore, è solo il più vincente”(???), eccetera, eccetera, eccetera. Questi i commenti precedenti al suo ritorno sui campi da Tennis, dovuti a un tifo tennistico sempre meno nobile e ad avversari straordinari, in grado di sottrargli alcuni record e insinuare dubbi amletici, a lungo senza risposta.

Federer, impermeabile alle critiche fuori dagli stadi come lo è alle emozioni durante la partita, non si è lasciato distrarre. Diventato molto più estroso rispetto al passato, ha trovato nei social il modo per non abbattersi psicologicamente, disponendo di un seguito su Twitter e Facebook “considerevole”, postando scatti di vita quotidiana e mostrando a tutti quello che in fondo spesso si dimentica, ossia che, fuori dai campi da gioco, Roger ha 4 figli, una moglie onnipresente e premurosa, Mirka (anch’ella tra l’altro ha giocato a Tennis da Professionista), una residenza “discreta” nei pressi di Basilea, immersa nella natura più rigogliosa e fiorente, e uno staff tecnico collaudato da anni con cui si trova molto bene. È un essere umano, come noi, come chiunque. Perché allora lo dimentichiamo, perché chiediamo a lui di giocare per sempre, come se il logorio fisico non lo stremasse incessantemente, come se fosse normale stare in campo a 35 anni dopo aver vinto tutto (tranne la medaglia d’oro olimpica, ma chissenefrega!), dopo aver mostrato al mondo colpi impossibili da immaginare, figurarsi da eseguire, dopo aver superato sfide e rivali eccezionali, tra i migliori tennisti della storia probabilmente, dopo essersi palesato per quello che è, ossia un “iniziato del gioco”, e aver irriso i manuali del Tennis e le statistiche precedenti? Non ne abbiamo abbastanza, forse? Non siamo sazi e soddisfatti? Abbiamo voglia di vederlo soffrire ancora sul terreno di gioco nelle giornate negative? Abbiamo bisogno di dire che “non basta per essere ritenuto il Migliore di ogni epoca”? Non sono forse innumerevoli i video delle sue gesta su YouTube? Non sono sufficienti i tornei in cui ha interrotto l’ascesa delle nuove generazioni e ha posticipato l’orologio biologico del Tennis, saldando con prestazioni abbaglianti la sua posizione in classifica di numero 1 per 237 settimane consecutive? Non vi capisco, sinceramente, e forse non ci riesce neanche lui, ma da personaggio straordinario qual è, con lo spirito della divinità che mostra agli uomini cosa è giusto e cosa è sbagliato, ha deciso di concedersi al grande pubblico per la dimostrazione finale, con il rivale di sempre dall’altra parte della rete.

La cronaca della partita non la faccio, non mi interessa nemmeno, poiché preferisco dirvi cosa ho visto nei suoi occhi ieri mattina, quando ha raggiunto Nadal nell’ultimo parziale. Stavo guardando il match su Eurosport e avevo personalmente la sensazione di assistere alla partita più importante della storia del Tennis fino ad ora, disputata tra i 2 tennisti più vincenti di sempre a livello Slam (non me ne vogliano i fan di Sampras, ma Rafa è superiore a mio modo di vedere). Il “Fedal” decisivo! Era sotto 3-1 nel quinto set Roger, Rafa era riuscito nuovamente a porre le basi per un capolavoro, anche perché il torneo dello spagnolo è stato notevolissimo e irto di ostacoli come quello dello svizzero, e vi era la consapevolezza che, vincendo, Rafa avrebbe “incendiato” e nutrito di spunti di riflessione il dibattito sul “Greatest Of All Time” del Tennis. Ebbene, sul 3-2 e servizio Nadal, ho visto la luce di chi sopravvive agli insulti, di chi ha voluto intensamente una cosa e l’ha ottenuta, di chi era abituato a perderle queste partite, ma non oggi, non contro l’amico-nemico Nadal, non stavolta. Troppo estenuante e deprimente fu la sconfitta di 8 anni fa, Federer non voleva che si ripetesse un pianto da troppi deriso e solo dallo spagnolo capito, nel 2014, quando a perdere fu lui contro l’altro svizzero, Stanislas Wawrinka, sempre in finale all’Australian Open. In quel momento Roger, issatosi ad altre ed ancora più alte vette di gioco, ha cambiato la storia, il suo destino e quello di Nadal. E ha vinto, infilando 5 giochi consecutivi nell’ultimo set e sfoderando un paio di colpi da consegnare ai posteri. La sua faccia, colma di gioia e di lacrime dopo l’occhio di falco chiamato da Nadal sul Match Point, che ha confermato la bontà del dritto finale vincente di Federer, è probabilmente il suo testamento sportivo e, come tale, va custodita gelosamente nel cuore di tutti gli appassionati. È il volto di chi, con meno capelli e più rughe, ha sconfitto nuovamente il tempo. È Roger Federer, l’immortale.

Per concludere, riporto una bella frase dell’opinionista di sky ed ex calciatore Giancarlo Marocchi, mai stato così aulico ed espressivo. “Su Federer? Che dire! Io e Baggio giocavamo entrambi a calcio, ma facevamo due sport diversi. Penso che lo stesso valga per tutti gli altri tennisti e Roger Federer.”

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