L’OMS apre il processo contro le carni rosse

L’OMS apre il processo contro le carni rosse

 “Mangiare è una necessità. Mangiare bene è un’arte.”  

 Francois de La Rochefoucauld.

L’arte culinaria è certamente una delle tradizioni più comuni e conosciute in tutto il mondo, del nostro “bel Paese”. L’Italia, da sempre la patria del buon cibo, quello ben trattato e di qualità, ultimamente si è trovata immersa nel fragoroso vortice di recenti studi scientifici che hanno bollato la carne rossa e lavorata come causa di insorgenza di malattie. Umberto Veronesi, oncologo e politico italiano, l’ha detto: “La carne è cancerogena.” Chi consuma prodotti animali, infatti, corre all’incirca il 30% in più di rischi di contrarre tumore al seno, al colon, alla prostata, al pancreas, alla vescica e ai polmoni. I cibi di origine animale contengono (oltre alle proteine) grassi saturi ed il ferro del gruppo eme che, in dosi eccessive, stimolano l’aumento di colesterolo, di insulina nel sangue e l’infiammazione del tratto intestinale. Risulta quindi intuitivo che un’alimentazione a base di carne porta, nel lungo periodo, ad un maggiore rischio di contrarre malattie connesse al metabolismo, disturbi cardiovascolari conseguenti al livello di colesterolo nel sangue come infarto, diabete ed obesità. La lavorazione delle carni per la loro conservazione e le modalità di cottura, vanno a modificare le molecole presenti all’interno di essa, rendendole di conseguenza potenzialmente pericolose per la salute. E’ quindi importante sottolineare che il vero problema risiede nel come queste interagiscono con il nostro organismo. In pochi sanno che il colore rosso che caratterizza la carne è dato dalla presenza di due proteine nei tessuti: emoglobina e mioglobina. Entrambe contengono il già citato gruppo eme, con al centro un atomo di ferro. Da qui nasce la problematica da anni sostenuta da Umberto Veronesi.

A rafforzare la teoria del professore, ci ha pensato un documento da poco rilasciato dall’OMS in cui vengono prese di mira le carni rosse e le carni lavorate: con le prime si intendono manzo, vitello, maiale, agnello, montone, cavallo, e capra; con le seconde, invece, si intendono quelle trattate attraverso salatura, stagionatura, fermentazione e affumicazione (wurstel, salsiccia, prosciutto e pancetta). Il consumo di carni rosse (sopra riportate nel secondo gruppo), è stato classificato come probabilmente cancerogeno per gli umani, mentre quello di carni lavorate (riportato nel primo gruppo), come cancerogeno per gli umani. E’ però adesso opportuno, sottolineare come il tabacco, ad esempio, sia stato catalogato ugualmente nel gruppo di sostanze che sono assolutamente cancerogene per l’uomo; lo stesso in cui si trova anche la carne lavorata. Questa precisazione sta ad indicare che le due sostanze non sono dannose allo stesso modo, in quanto non si parla di livello di rischio, ma indica che la pericolosità che questo sostanze possono portare alla formazione di tumori, sussiste. Se da un lato ci sono Veronesi e l’OMS, la grande oppositrice a questa battaglia è Beatrice Lorenzin, la quale ha affermato che: ”Dall’OMS è stato fatto allarmismo ed in modo ingiustificato. Abbiamo chiesto di avere lo studio completo e ci è stato risposto che non è pronto. (…)Non creiamo allarmismi che non ci sono e affidiamoci alla Dieta Mediterranea».”

E’ doveroso precisare che le attuali vicende che imperversano sull’argomento da poco venuto all’attenzione dei media e dei vari quotidiani, seppur già da molto tempo conosciuto, sta facendo sorgere un grave danno all’economia italiana. La produzione di carni rosse infatti, è da sempre simbolo della proficua produzione italiana che esporta prodotti in tutto il mondo. Ed è proprio questa economia che deve esser protetta dal momento che si ritiene che ciò che primariamente rende cancerogeni i prodotti, sono i metodi di lavorazione e di cottura. Limitare una consumazione di prodotti lavorati come wurstel od insaccati, potrebbe eliminare quel “cruccio” che sorge nella mente di molti. È necessario avere la consapevolezza che in un mondo dove lo sviluppo e la globalizzazione hanno preso il sopravvento sulla limitata visione nazionalista di pochissimi decenni fa, non si può pensare di avere la certezza della genuinità di tutti i prodotti che popolano le nostre tavole. Basta pensare che pochi anni fa, sulle tavole dei nostri nonni, non comparivano wurstel o cibi in scatola, cibi che palesemente non rientrano nei cibi salutari! Oggi invece, l’incalzante voglia di conoscere ed apprendere le culture di altri popoli, ha portato ad importare usi e tradizioni, sia negative che positive, che vanno ad integrarsi con le nostre tradizioni. È necessario proteggere quel che da sempre, per passione e per particolare attitudine pratichiamo, senza lasciare che, semplici allarmismi possano distruggere quel che di più caro e amato possediamo: le tradizioni.

di Gaia De Giovanni e Francesca De Nuntiis

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