Madame Bovary e Anna Karenina sono ben radicate nell’immaginario letterario collettivo. Due figure controverse, talvolta amate, altre volte odiate. Senza dubbio accomunate dal medesimo infausto destino.
Ora, non è ortodosso raccontare una storia dalla fine ma se è proprio la morte che tesse tra di esse questo vincolo sia evidente, è bene che si parta proprio da quest’ultima.
D’altronde, entrambe decidono consapevolmente di porre fine alla loro vita, e se ciò rappresenta una chiara analogia, la differenza di motivazioni che le portano a compiere tale gesto estremo risulta esserne l’elemento fondamentale di distinzione.
L’eroina flaubertiana trascorre la sua esistenza alla ricerca di un’evasione della realtà attraverso l’identificazione in personaggi immaginari. Ella cerca dunque di ricreare nella propria vita le vicende dei suoi romanzi e racconti preferiti trovandosi però di fronte quell’algida barriera di un ambiente abitudinario, noioso che risulta essere il mondo reale, della quotidianità, che sì tanto cozza con i sogni di una ragazza rimasta forse troppo a lungo bambina.
Di queste velleità non le restano che gravi delusioni e debiti insolvibili che nell’attanagliarla saranno artefici del suo suicidio, coincidente con l’ingestione di una letale dose di arsenico. Emma Bovary muore di alienazione, perduta tra i meandri sconfinati di questa realtà parallela, incapace di decodificare un mondo, quello vero, che si presenta ai suoi occhi come un fardello dal quale liberarsi. Anna Karenina, d’altra parte, è una donna sincera e appassionata ma purtroppo consapevole del suo matrimonio fittizio dove l’amore deficita. Abbandonato il marito per l’amante , rinunciando all’amato figlio, finisce per essere emarginata dalla “buona società” e, in seduta ultima, trascurata perfino dall’amante si suicida gettandosi sotto un treno.
Tuttavia, l’eroina tolstojana si distingue da Madame Bovary, per la piena coscienza del dramma che sta vivendo. Igor Sibaldi descrisse Emma Bovary come una ragazza sciocca, io mi sento di definirla una ragazza autentica e ingenua, così tanto da non capire che la bellezza della fiabe non è una bellezza godibile in un mondo non fatato. Eppure nella sua ingenuità Emma Bovary lotta affinché tale bellezza le appartenga e se tale atteggiamento a lei porta disgrazia, univocamente erudisce i lettori su quel monito che vede la nostra felicità essere messa a repentaglio dal mondo esterno e impone ad essi il dramma che la sua ricerca spesso comporta. Sia Madame Bovary sia Anna Karenina muoiono vittime dei propri comportamenti, troppo distanti per essere compresi da una realtà morbosamente ordinaria.
Una emarginata da una specifica società, l’altra dal mondo tutto contribuiscono all’elevazione dell’alienazione individuale a paradisi letterari fruibili ed è attraverso i loro sacrifici che la consapevolezza dell’alienazione diventa collettiva.
Ecco, che in questo modo, non appare forzato intravedere un legame tra il protagonista dello straniero di Camus ed Emma Bovary, o un parallelismo tra l’isolamento del dottor Zivago dell’omonimo romanzo di Pasternak e la profonda solitudine della Anna tolstojana.
Il dramma vero, che accomuna tutti gli uomini in fondo, è l’estraniazione dalla società e la collisione che l’indole propria di ciascuno genera scontrandosi con i canoni di un mondo inautentico. Nella lunga scalinata della letteratura Anna Karenina e Madame Bovary rappresentano quel tornante necessario a concretizzare l’entrata nella nuova prospettiva letteraria del novecento, quella cenere dalla quale nasce l’Araba fenice dell’esistenzialismo. Quel romanzo d’amore che meno incensa l’amore e i suoi protagonisti e che forse per questo li rendi più veri e con esso l’amara delucidazione che ci notifica che in fondo ciascuno di noi è identificabile in esse. Il dramma, in loro esasperato, è latente nelle coscienze di chiunque per il quale la simbiosi con la realtà verte esclusivamente sul piano delle apparenze.
Citando Flaubert, Nessuno, mai, riesce a dare l’esatta misura di ciò che pensa, di ciò che soffre, della necessità che lo incalza, e la parola umana è spesso come un pentolino di latta su cui andiamo battendo melodie da far ballare gli orsi mentre vorremmo intenerire le stelle. In un mondo disseminato da orsi danzanti, dove le stelle brillano austere, il dramma di Emma risulta essere il dramma di tutti.
A cura di Matteo Mariani