Una delle figure maggiormente controverse della nostra contemporaneità, capace di suscitare sentimenti contrastanti e di incarnare un ideale di leader politico avulso dall’affiliazione ideologica e assolutamente fuori dagli schemi tradizionali che hanno caratterizzato per decenni lo stereotipo del Pontefice a noi oramai familiare è quella dell’attuale vescovo di Roma, Cardinale Jorge Bergoglio, Papa e punto di riferimento di 1,3 miliardi di individui nel mondo costituenti la più grande comunità di fedeli odierna, la Chiesa cattolica apostolica romana.
Sin dal principio, a prescindere da quali potessero all’epoca gli umori e le opinioni concernenti la figura e l’operato di Bergoglio, risultava evidente al punto da potersi definire lapalissiano l’abisso in termini di approccio comunicativo che sussisteva tra questo ed il suo più immediato predecessore, Benedetto XVI, fine teologo ma scarsamente empatico e difficilmente in sintonia con il grande pubblico proprio a causa della dimensione iperuranica delle sue tesi. Una dicotomia tale da sostanziarsi anche nella scelta del nome, Francesco, in onore del poverello di Assisi capace di destabilizzare i pilastri dell’istituzione ecclesiastica della sua epoca, evidenziandone le pecche e ripudiandone lo sfarzo ed il distacco dalla realtà della vita popolare in cui le prime comunità paleocristiane si erano propriamente sviluppate e da cui ordini come quello gesuitico hanno tratto ispirazione al fine di costituire quella che dopo l’enciclica “De rerum novarum”, opera di Papa Leone XIII, sarebbe stata definita dottrina sociale della Chiesa.
Il ritratto di un riformatore quello che i media ci forniscono di Francesco, proveniente da uno degli ordini più influenti dell’universo sacerdotale cattolico, ovvero i Gesuiti (fondati da San Ignazio di Loyola), talmente influenti da poter monopolizzare nel XVI/XVII secolo il panorama educativo dell’Europa Occidentale e da veder definito il proprio leader come “Papa nero”, rendendo l’idea del potere ombra parallelo a quello del Vicario di Cristo che l’Ordine ha detenuto nella storia, tanto da suscitare le antipatie di molti sovrani europei dopo che i membri della compagnia di Gesù erano addirittura arrivati a sfidarne apertamente l’autorità. Basti pensare a come Voltaire nel suo “Candido” ne fornisca un ritratto a tinte fosche, dipingendoli quasi come una loggia di cospiratori golpisti pronti a sovvertire l’ordine costituito, un ritratto non eccessivamente lontano da quella che era stata la realtà del diciassettesimo secolo, con un continente europeo stretto nella morsa della guerre di religione terminate solo in seguito all’immane massacro della Guerra dei 30 anni, al cui termine venne imposto a tutti gli Stati europei il principio di “cuius regio eius religio”.
Francesco pertanto, in qualità di erede di una tradizione fortemente legata alle dinamiche socio economiche, sensibilità acuita dalle sue origini sud americane (continente quello latino americano dove la commistione tra socialismo e cattolicesimo militante ha dato origine alla “teologia della liberazione”), si pone oggi come non soltanto poco gradito esponente di una corrente riformatrice interna al Vaticano che vorrebbe adeguare l’agenda della Chiesa di Roma alle esigenze della modernità, ma anche come punto di riferimento di tutti coloro che sono usciti sconfitti dalla globalizzazione e che si percepiscono abbandonati dalle Istituzioni politiche tradizionali. Qui sta la grande intuizione del Pontefice, ovvero che in un momento di profonda debolezza del potere politico legittimo a livello internazionale e di discredito delle istituzioni laiche la Chiesa ha finalmente la possibilità di rilanciare la propria immagine internazionale ed il suo ruolo perduto di fondamentale attore politico detentore di una presunta superiorità morale rispetto ai suoi competitors sullo scacchiere globale. Potremmo a ragion veduta definire Francesco un politico dal linguaggio marcatamente populista (seppur di un populismo radicalmente opposto a quello in voga negli ambienti della destra europea) o un esperto del marketing religioso in questo contemporaneo libero mercato della confessioni, in cui le diverse fedi adottano strategie di “attacco” al consumatore (potenziale credente) sempre più variegate, ed in cui il cristianesimo non è certo in vantaggio al momento considerando la popolarità dell’Islam tra i diseredati della terra, che ne percepiscono la forte impronta sovversiva ed integralista come un elemento rivoluzionario.
Una cosa però è certa, Francesco ha compreso in qualità di primo Papa post occidentale la rilevanza delle nuove regioni del mondo in cui il cattolicesimo sta acquisendo sempre più accoliti e a cui dedica con il suo pontificato una particolare attenzione, di cui non viene degnata la vecchia Europa che oltre a scoprirsi sempre più marginale nel nuovo ordine mondiale adesso si scopre anche post cristiana.
A cura di Edoardo Chiais