Oggi, 15 marzo 2019, è la prima giornata nazionale per lotta contro i Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) riconosciuta a livello istituzionale. Il primo evento di sensibilizzazione ha avuto luogo nel 2012, presso il Palazzo Ducale di Genova, grazie all’Associazione “Mi nutro di vita”; il Presidente della stessa, Stefano Tavilla, ha scelto questo giorno in ricordo di sua figlia Giulia, venuta a mancare l’anno precedente per bulimia, ad un passo dal ricovero in una struttura idonea. Gli obiettivi di questa giornata sono la sensibilizzazione dell’opinione pubblica, mostrando le gravi conseguenze di queste malattie e la loro grande incidenza nella società, la lotta contro il disinteresse da parte di chi non è direttamente coinvolto e l’incentivazione delle persone colpite da DCA a parlare, combattendo il senso di abbandono che questi disturbi comportano.
Per macinare un po’ di numeri, in Italia sono oltre 3 milioni le persone che soffrono di DCA, delle quali il 95,9% sono donne e il restante 4,1% uomini. Di loro, soltanto il 10% riesce a chiedere aiuto. Inoltre, questi disturbi costituiscono la prima causa di morte per malattia tra i 12 e i 25 anni, arrivando ai 3.240 decessi per anno.
Come abbiamo fatto ad arrivare a questi numeri?
Certamente il proliferare dei social e la diffusione di modelli di fisicità non sempre realistici hanno giocato la loro parte, ma uno dei problemi maggiori è proprio il comportamento di terzi nei confronti di persone considerate “troppo” o “troppo poco” magre.
Non si risparmiano epiteti del genere “balena” o “manico di scopa”, commenti a bruciapelo apparentemente innocui e scherzosi alle orecchie di chi parla. Influiscono anche tutti quegli atteggiamenti di indifferenza, quei “Se poi dopo aver vomitato ti senti meglio, qual è il problema?”, “Sicura di voler andare a pranzo fuori? Non è che poi ti vengono le tue crisi?”. Sono atteggiamenti del genere che inducono a guardare al cibo come ad un nemico da sconfiggere, a sentirsi sbagliati, ad isolarsi e chiudersi sempre di più nella propria bolla.
I Disturbi del Comportamento Alimentare non sono legati soltanto all’idea di un fisico magro o ideale, ma anche a eventi traumatici o dolorosi o alla volontà di riuscire a controllare almeno un aspetto della propria vita, mentre il resto vortica intorno. Per questo non è accettabile pensare di poter “liquidare” una persona dicendole di imparare ad accettarsi, mangiare di più o andare in palestra.
Bisogna imparare ad ascoltare, ad essere attenti anche alle cose
non dette, a quegli indizi lasciati timidamente affiorare in superficie.
Bisogna soprattutto, dall’altro lato, imparare a parlare, a prendere il
coraggio necessario per confidarsi con qualcuno, che sia un amico, un familiare
o uno specialista. Rompere i confini della bolla in cui ci si è chiusi è il
primo passo per guarire e riprendere in mano la propria vita.
Clarissa Pinkola Estés, nel suo libro “Donne che corrono coi
lupi” scrive:
«Distruggere l’istintiva affiliazione di una donna con il suo corpo naturale la
froda della fiducia e la induce a perseverare nel dubbio se è una brava persona
o no, e a basare la stima di sé su come appare e non su quel che è. […] In
molte donne c’è una donna affamata. L’ “affamata” che sta dentro vuole essere
trattata con rispetto, accettata, giudicata senza riferimenti allo stereotipo.
Se davvero c’è una donna che urla per venir fuori, sta urlando per farla finita
con le proiezioni irrispettose degli altri sul proprio corpo.
[…] Una donna non può rendere la cultura più consapevole dicendo: “Cambia”. Ma può mutare il proprio atteggiamento verso se stessa, allontanando così le sue proiezioni svalutanti. Lo fa riappropriandosi del suo corpo. Non rinunziando alla gioia del suo corpo naturale, non accettando la comune illusione secondo cui la felicità è concessa solamente a quelli che hanno una certa forma.»
Dobbiamo ringraziare ed ammirare persone del genere, che scrivono, sensibilizzano, mettono la faccia in questa campagna costante di accettazione e di promozione dell’amore verso se stessi e verso il proprio corpo.
Non mancano nemmeno modelle ed influencers per così dire “di opposizione”, spesso precedentemente colpite da DCA o in corso di guarigione, che vogliono farsi esempio da seguire e sostegno per chiunque ne abbia bisogno.
In conclusione, partendo da questa giornata e dal fiocchetto
lilla che ne è il simbolo, facciamo in modo di aprire gli occhi, provando ad
essere più sensibili ed empatici nei confronti di chi ci sta vicino, a
prescindere da un suo possibile disturbo alimentare.
Facciamo in modo che l’esperienza di altre persone e le loro parole ci aiutino
a trovare la strada per stare meglio, lottando contro quel demone che ci
portiamo dentro e ruba tutta la nostra luce.
A cura di Gabriella Paternò