Mogherini Alto Rappresentante della Politica Estera UE. Tra guerre e crisi economica le sfide dell’Italia alla Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea

Mogherini Alto Rappresentante della Politica Estera UE. Tra guerre e crisi economica le sfide dell’Italia alla Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea

Lady Pesc. Così viene ormai chiamata Federica Mogherini, Ministro degli Esteri del Governo Renzi e, oggi, anche Alto Rappresentante della Politica Estera dell’Unione Europea. Una nomina giunta in un momento strategico per l’Italia che detiene attualmente la Presidenza del Consiglio dell’UE a partire dal 1° Luglio 2014.
Potrà risultare paradossale, ma dopo averne lette molte – forse troppe – non riesco e non voglio avere un’opinione definitiva su tale scelta, almeno per ora. E’ vero, di esperienza la Mogherinine ha relativamente poca, nonostante si occupi da anni della politica internazionale del PD, ma concordo con J.P. Damis quando parla di una nomina ricca di potenzialità in un momento storico in cui potremmo definirci sull’orlo di una terza guerra mondiale, considerando i gravissimi conflitti che attanagliano l’Ucraina ed il Medio Oriente. Grandi potenzialità, purtroppo, notevolmente limitate dall’ultimo comma dell’ art. 31 del TFUEche subordina il ruolo dell’Alto Rappresentante al resto dei Paesi membri a prescindere dalle loro dimensioni, nell’ottica del rispetto di un principio di sovranità statale ormai alquanto anacronistico ed in antitesi con il sogno di un’ “unione politica europea”. L’articolo in questione prevede, infatti,per le azioni comuni il ricorso automatico al voto a maggioranza e consente che “per vitali motivi di politica nazionale” un Paese membro possa bloccare tali decisioni.
Nonostante ciò, per il momento,con fermezza ed equilibrio, all’insegna di una tradizione italiana che da sempre in politica estera punta sulla prevenzione e la soluzione diplomatica delle controversie – in passato, purtroppo, non accompagnata da una forte credibilità internazionale per cause che non è qui necessario ricordare –, in pochi giorni Federica Mogherini ha già chiarito la posizione dell’Unione Europea, che fino a qualche mese fa stentava a farsi riconoscere quale unione politica, su vari fronti. E’ del 15 agosto la scelta di riunire il Consiglio per adottare una posizione comune sull’invio di armi ai Curdi Iracheni al fine di fronteggiare la lotta contro gli jihadisti; inoltre, a chi la accusava di mal celate simpatie filorusse ha risposto con dichiarazioni brevi, ma alquanto eloquenti: “Non esiste più un partenariato strategico fra UE e Russia per scelta di Mosca”.
Intanto, mentre in occasione del vertice Nato di South Wales del 4 e 5 settembre si decide se aumentare le spese militari del 2% dei bilanci dei 28 paesi membri e rendere effettivo l’invio di 4000 soldati sui confini orientali come forza di reazione rapida per eventuali minacce da est, l’Italia e l’Europa risentono notevolmente delle sanzioni economiche volute da Putin. Misure che derivano dalla reazione russa a una politica europea che, probabilmente, ostacola il sogno imperialista del leader del Cremlino per la concreta realizzazione della “sua” Unione economica euroasiatica, nata ufficialmente il 29 Maggio 2014, in cui sono attualmente coinvolti oltre alla Russia, il Kazakistan, il Kirghizistan, il Tagikistan e la Bielorussia.
Tale difficile situazione rende crescita e occupazione le vere priorità del semestre italiano alla Presidenza del Consiglio UE, con l’obiettivo di aumentare il valore del settore industriale al 20% del Pil UE entro il 2020.
Tuttavia, come ha fatto notare il Ministro Guidi, la (in)dipendenza energetica è il vero cruccio che affligge ed influenza ogni possibile strategia industriale per rilanciare la nostra economia. Nonostante le belle – ed anche un po’ vane – speranze di risolvere la questione della sicurezza energetica attraverso l’uso di energie rinnovabili e l’efficienza energetica è chiaro che il gas resta l’unico elemento in grado di continuare il processo di decarbonizzazione. Con la crisi ucraina e l’instabilità in Libia, però, assicurare fonti di approvvigionamento per l’intera Unione Europea resta per il momento un miraggio e la creazione di corridoi alternativi richiederà certamente un tempo che attualmente non abbiamo.
Sull’orlo di una terza guerra mondiale è probabilmente l’Unione Europea l’unico attore in grado di assicurare un futuro, non tanto di pace considerando i presupposti, quanto di equilibrio tra le varie forze in gioco. E siamo proprio noi Italiani, questa volta, ad avere l’arduo e onorevole compito di portare a termine questa impresa.

Di Beatrice Settanni

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