“Caro Martino,
Ti scrivo per una ragione semplice. Tu ami profondamente il Cinema: in Italia c’è un Regista che ama il Cinema quanto te. […] Questa mia lettera è solo un tentativo che va ad aggiungersi alle centinaia che abbiamo fatto in questi due anni. Non riusciamo a raggiungere una cifra tale per mettere questo signore sul set, il suo luogo naturale.”
Questo è un piccolo estratto di una commovente lettera scritta da Valerio Mastrandea a Martin Scorsese. Mastrandea chiede a Scorsese un contributo economico per portare termine la realizzazione dell’ultimo film di Claudio Caligari, “Non essere cattivo”. Dopo un lungo travaglio e dopo la morte di Caligari, il film è finalmente arrivato nelle sale italiane, un piccolo grande film che racconta la storia della vita nella periferie romane, attraverso gli occhi di due ragazzi che provano a dare forma, con ogni mezzo possibile, al loro futuro.
Non solo del film in sé si deve discutere però. “Non Essere Cattivo” è solo il terzo film di Caludio Caligari, dopo “Amore Tossico” e “L’Odore della notte”, rispettivamente del 1983 e del 1998. Viene quindi spontaneo domandarsi perché un regista come lui, considerato dai più un genio del cinema, nella sua vita sia riuscito a produrre così poco e quando ha prodotto qualcosa lo ha fatto , come la lettera di Mastrandea può testimoniare, con enorme difficoltà. La risposta è immediata ma non banale: risulta infatti evidente che un film non è altro che una merce e in quanto tale è soggetto alle logiche e alle richieste del mercato, ed è altrettanto evidente che l’indubbia qualità artistica di un prodotto cinematografico non necessariamente influisce sulle richieste del pubblico. Eppure è anche vero che il contrario, vale a dire che il pubblico ha una scelta limitata di prodotti con cui confrontarsi, visto che film come “Non essere cattivo” restano ben lontani dai circuiti cinematografici che fanno capo ai multisala e vengono proiettati solo ed esclusivamente in arroccate sale di periferia.
Il problema dunque sta nelle scelte di produttori e distributori, che per legittima paura preferiscono ai film d’autore i film di genere, le commedie e la fiumana di film statunitensi che garantiscono quasi sempre qualche consolazione al botteghino. Non si può certamente biasimare nessuno; eppure, se i produttori e i distributori cinematografici continueranno ad evitare di osare, saremo costretti a dire addio a registi del calibro di Caligari, come abbiamo già detto addio a Fellini, Scola e tanti altri.
A cura di Stefano Soldano